ULISSE di Mario Baudino

ULISSE ULISSE Il DIBATTITO Sono state quasi mille le schede del referendum «Di che mito sei?» organizzato in collaborazione con il premio Grinzane Cavour. Venerdì alle 18, nella Sala blu, ne discuteranno Carlo Carena, Giuseppe Conte e Guido Davico Bonino coordinati da Carlo Frutterò e Franco Lucentini. Per ciascuno dei miti che hanno ottenuto più di tre voti, pubblichiamo un frammento delle schede inviateci. In alto a destra la migliore tra le schede dedicate a Ulisse, premiata con dieci titoli della collana «I classici delle religioni» offerti dalla Utet. Menzione speciale per la poesia su Atena della nostra lettrice più anziana, Maria De Lauretis, 101 anni, un'ex insegnante di Perugia: Amo la mia civetta / posata sulla spalla / che apre appena il becco / a sfiorarmi la guancia / con i suoi baci. / Amo il suo canto / che agli uomini dice di morte / mentre io dico l'Eterno / l'Immortale. Perciò/ entrambe siamo cosi unite / Siamo i due aspetti fatali della vita/ per chi superando i confini / è a me che tende. IL VOTO di Vincenzo Cerami HO appena scritto, e messo in scena per il palcoscenico insieme con il maestro Nicola Piovani, uno spettacolo intitolato Romanzo musicale nel quale fa da protagonista una bella schiera di eroi presi in prestito dalla mitologia greca. Un po' giocando e un po' no, mischiando epica e cartoline del pubblico, ho messo l'un contro l'altro armati il protagonista Libero (una versione romana di Dioniso) e gli Argonauti che navigano alla ricerca del mitico Vello d'Oro, cioè di una pelliccia di ariete. Ed è di questa vacua rincorsa a un feticcio che Libero ride. Su quella nave ci sono uccisori di mostri, costruttori di città, indovini, poeti. Li guarda con pietà un Dioniso consunto dal suo amore per l'amore e per i frutti che la natura elargisce giorno dopo giorno. Il sensuale Libero rincorre utopisticamente il presente mentre gli altri prodi inseguono sogni edificanti e astratti come quelli che \'Ecclesiaste condanna. Icaro scappa dal labirinto grazie alle ali posticce costruite dal padre, ma una volta sollevatosi da terra non può fare a meno di andare incontro al pericoloso mistero del sole. Il ragazzino, per poter vivere, evade dalla prigione, ma lo fa contronatura, assumendo le leggi gravitazionali di un uccello, e finisce per schiantarsi sul mare. La voglia di libertà (tus) lo fa volare. Poi però il gusto di volare (fas) lo uccide. Libero ride di Icaro, ma toccherà anche a lui una sorte terribile: verrà fatto a pezzi dai Titani, fantasmi immani che teneva incatenati dentro di sé. In fondo la cancellazione dell'utopia è anch'essa un'utopia, e fatalmente implica una pericolosa rimozione della realtà. FORSE non poteva essere che Ulisse l'eroe mitico scelto dai lettori di Tuttolibri. E a ben guardare gli altri due personaggi che gli stanno vicini sembrano prolungare, o forse precisare, alcuni degli elementi chiave del suo mito. Icaro condivide con lui la «modernità», il gusto della sfida, in fondo per citare un ovvio passo dantesco, il «folle volo». E Orfeo, il cantore ispirato che affronta le tenebre in nome della poesia e dell'amore, non è forse una sorta di gemello, di\ arso e complementare? L'intelligenza, il volo, la poesia, la ribellione e l'amore: temi eterni, continuano a raccontarci il presente attraverso quelle potenti immagini iscritte più a fondo nella nostra cultura ma chissà, anche nelle periferie appena in ombra del nostro io. La triade degli eroi del mito ci racconta qualcosa. Una storia. Quale? Ne parliamo con Carlo Carena, fra i partecipanti all'incontro organizzato da Tuttolibri che si terrà domani. «Intanto - dice Carena - non dimentichiamo che Ulisse ha il grande vantaggio di essere universalmente noto, grazie agli scrittori da Dante a Joyce. E poi rappresenta il lato relativamente "bello" del mito. E' un caso rarissimo. Molto più spesso il mito è "orrido", quindi non attraente». Perché mette in scena violenze e mostruosità, gli aspetti più bui dell'agire. potente dell'altra. Hanno cominciato a interpretare, ma senza mai trascurare per un attimo la bellezza del mito. Pensi a Foscolo». E alle «Grazie» dee civilizzatrici. «Senza mai tradire gli antichi. Anche per loro il .mito è un modo di porre un problema. E' chiaro ad esempio che Antigone mette in campo il problema dell'obbedienza alla legge o alla morale». Rileggendo i miti noi ne poniamo altri, di problemi. Nuovi e diversi. «Al mito bisogna contribuireOgni età dà il suo apporto». Restiamo quindi «nel» mito. Ci siamo dentro anche senza rendercene conto. «Diciamo che continuiamo a «E perché affonda in un passato collettivo a noi sconosciuto, e in un passato individuale che la nostra coscienza non ha registrato. Questo è un lato del mito che terrorizza. Come può un giovane identificarsi in Edipo anziché in Ulisse? Ulisse fa parte degli eroi come Fetonte, Icaro, Giasone, anime d'Occidente in quanto incarnano l'avventura, il rischio, la ricerca: l'opposto della fatalità e del fatalismo che caratterizzano altre civiltà». Potremmo dire che l'Occidente diffida del destino, un elemento indissolubile dal mito. Di epoca in epoca se ne lascia tentare, ma alla fine lo rimuove... «E lo sfida. Proprio come nella descrizione dantesca di Ulisse». In qualche modo, allora, il nostro vero Ulisse non è quello dell'Odissea, ma quello della Commedia, che sprona i suoi compagni all'ultima impresa. «E ancora quello di Omero nella ricchezza della sua avventura, nella bellezza del personaggio. Ma in sé, Ulisse non è così chiaro e semplice. Per esempio nel teatro tragico è subdolo. Noi ne preferiamo il volto luminoso, fatto di luce, e quindi lo leggiamo attraverso Dante». Abbiamo bisogno di specchi, di sponde. «Oggi per dare valore e significato al mito dobbiamo interpretarlo. Non ci basta la favola. Se vive ancora, vive interpretata. Ciascuno di noi può godere della vicenda raccontata, della sua bellezza, però non riesce più a fermarsi lì. Forse i romantici sono stati gli ultimi a leggere nell'antica maniera». Pur se hanno anche loro «ricreato», e con incredibile forza: come Shelley, Byron, Goethe... «E tuttavia si abbandonavano anche a queste straordinarie fantasie, invenzioni, una più potente dell'altra. Hanno cominciato a interpretare, ma senza mai trascurare per un attimo la bellezza del mito. Pensi a Foscolo». E alle «Grazie» dee civilizzatrici. «Senza mai tradire gli antichi. Anche per loro il .mito è un modo di porre un problema. E' chiaro ad esempio che Antigone mette in campo il problema dell'obbedienza alla legge o alla morale». Rileggendo i miti noi ne poniamo altri, di problemi. Nuovi e diversi. «Al mito bisogna contribuire. Ogni età dà il suo apporto». Restiamo quindi «nel» mito. Ci siamo dentro anche senza rendercene conto. «Diciamo che continuiamo a elaborare mitologie, certamente in modo nuovo e diverso. Certi eroi del nostro tempo, belli felici, fortunati (oppure molto infelici) sono lì a dimostrarlo. La dimensione dell'infelicità è fondamentale nel mondo antico del mito L'avvertire che anche l'eroe bello fa una brutta fine è sintomatico di quel senso del limite che è centrale nel mito antico. Achille aveva tutto, e muore per una sciocchezza. Non nell'Iliade, dove però piange tre volte: per Briseide, per Patroclo e per suo padre vedendo Priamo. Lo stesso discorso vale per Giasone, figura stupenda, che conquista il vello d'oro ma finisce preda di una strega, Medea. Anche lui sarebbe da collegllare a Ulisse a Icaro, perché è un viaggiatore verso l'ignoto». Indubbiamente meno famoso, più segreto. «Forse non ha avuto il suo cantore. Valerio Fiacco e Apollonio Rodio non hanno avuto fortuna, per motivi diversi». Ma proprio questo nesso fra canto e mito, fra sopravvivenza e oblio che non è mai tuttavia completamente tale, insomma questo gioco di luci ed ombre pone un problema conclusivo. Noi, oggi, abbiamo «bisogno» di miti? «Nel senso moderno della parola, certamente sì. Lo si vede solo guardandosi intorno. Anche se si cerca un mito, per lo più, che sia poco impegnativo, che sia al fondo edonistico. E poi mito r. il è più soltanto personaggi, favola storie, ma mito di cose, di situazioni: ricchezza, lussi, simboli». Quindi lei non lo può considerare un «correttivo» al nichilismo della nostra cultura. «No, perché ne fa parte, e perché ha perso in qualche modo ogni misura metafisica. Forse rappresenta un deside¬ rio dell'esistenza, quello soprattutto di potersi identificare con una storia felice». Il vero mito moderno è l'happy end? «Sì. Ma c'è un'altra differenza, rispetto agli antichi: la perdita di spessore, e anche di significato. Se si legge la storia di Edipo in un repertorio non la si può comprendere». Anche se la si legge solo attraverso Freud. «Il discorso infatti è rovesciabile. Non basta l'Interpretazione dei sogni, ci vogliono anche Sofocle e Pindaro. Nei confronti del mito non possiamo comportarci come il Cardinal Ippolito d'Este davanti ai canti del Furioso. Cosa ne faccio io messer Ludovico delle vostre fole? avrebbe detto. Se avesse pensato che non erano solo fole, forse avrebbe trovato qualcosa che noi ancora cerchiamo». Attraverso gli occhiali della modernità. «Certo non come Don Chisciotte, fantasia ingenua che si esalta alla favola. Ma Don Chisciotte per noi è a sua volta un mito: che leggiamo in modo totalmente diverso da come lui leggeva il suo Amadigi». Mario Baudino Qui sopra, Carlo Carena A destra Frutterò e Lucentini: venerdì h. 18 al Ungotto per il dibattito sui miti

Luoghi citati: Este, Grinzane Cavour, Perugia