Il primo giorno della nuova Irlanda di Fabio Galvano

Il primo giorno della nuova Irlanda L'isola divisa ha votato per il referendum sull'Ulster. Favorevole il 99 per cento dei cattolici Il primo giorno della nuova Irlanda Per gli exit-poli trionfa il sì con più del 70 per cento LONDONDEBRY DAL NOSTRO INVIATO Per i primi exit-poli ha vinto il sì. L'accordo di pace è stato approvato in Irlanda del Nord da più del 70 percento della popolazione. I «poli»», eseguiti dalla televisione di Dublino Rte, indicano provvisoriamente un sì fra il 70 ed il 75 per cento: fra i cattolici addirittura il 99 per cento, fra i protestanti circa il 50. Nella Repubblica Irlandese il successo dei sì sarebbe di 95 a 5. Se tali risultati saranno confermati oggi, al conteggio dei voti, il successo dell'iniziativa di pace raggiungerebbe livelli tali da garantirne la futura attuazione. Che fosse destinato a entrare nei libri di storia, questo 22 maggio in cui per la prima volta dopo 80 anni le due Irlande si sono pronunciate insieme per un comune futuro di pace, nessuno lo sapeva meglio degli abitanti di questa cittadina insanguinata sull'estuario del Foyle, avamposto dell'impero britannico all'estremità settentrionale dell'isola. Perché è qui che i «troubles» - i disordini - cominciarono nell'estate di trent'anni fa; ed è qui - 30 gennaio 1972, altra data scolpita nella storia - che tutto l'orrore della tragedia irlandese colpì il mondo come una frustata per i 14 morti del «Bloody Sunday», la domenica di sangue in cui i para inglesi uccisero 14 dimostranti inermi. Anche a Londonderry - Derry per i cattolici che sono il 70 per cento della popolazione e respingono il nome imposto dai colonizzatori - si è votato ieri per il referendum della speranza, di cui solo oggi si conosceranno ufficialmente i risultati, sull'accordo del Venerdì Santo. Ma qui il risultato era scontato: un trionfo del sì. I nazionalisti repubblicani sono convinti; e anche fra le schiere degli unionisti protestanti si è fatta strada alla fine - come nel resto dell'Ulster - la convinzione che sia quella l'unica strada percorribile e che occorresse votare sì (nelle parole di Tony Blair) «per il futuro, per i nostri figli, per la pace e la prosperità». Quando i seggi si sono aperti alle 7 lunghe code, ovunque, si erano già formate. Per tutta la giornata l'affluenza è stata da record. Derry non faceva eccezione. Con una differenza, in una giornata di timori rivelatisi infondati per un possibile rigurgito di violenza: che mentre a Belfast le cattoliche Falls Road e Springfield Road e la protestante Shankill Road erano presidiate dalle Land-Rover corazzate della polizia, in questa culla della guerriglia irlandese non c'era un poliziotto in vista, se non i due d'ordinanza in ogni seggio. Come in quello di Bishop Street: sotto la porta, nelle splendide mura, da cui il 18 aprile 1689 il deposto re cattolico Giacomo II cercò di entrare nella città, ma fu respinto e costretto ad un fallito assedio di 105 giorni. Sotto quella storica Bishop's Gate c'è la realtà irlandese d'oggi: sulla destra un quartiere cattolico, che si spinge fino a valle e prosegue nel Bogside; a sinistra muraglie e filo spinato, per avvolgere la piccola enclave protestante. Più lontano il Waterside, principale quartiere protestante, sulla collina dall'altra parte del fiume. E' nel Bogside che si affilò gli artigli Bernadette Devlin, la «pasionaria» della «Free Derry», la Derry libera ancora oggi proclamata da un grande cippo bianco. Fu lei a raccogliere le grida di dolore di una città sotto il giogo dei protestanti, che architettando le circoscrizioni elettorali riuscivano ad avere ogni maggioranza politica. «I primi scontri avvennero qui, il 5 ottobre 1968», ricorda Tony Murray, 56 anni, uno dei primi a votare sì: «Una marcia cattolica proibita, ma la protestante autorizzata; cariche di polizia, 77 feriti». Era il via di una tensione che sarebbe esplosa il 12 agosto 1969: la marcia dei «giovani apprendisti» protestanti, con attacco cattolico, polizia in mezzo, molotov e lacrimogeni. Durò due giorni la battaglia, finché il 14 agosto il governo di Belfast lanciò un appello a Londra: lo stesso giorno i primi 400 uomini del reggimento Principe di Galles (oggi i militari britannici nella provincia sono 15.500) entravano nel Bogside. L'Ulster, ormai, era in fiamme. Dal suo negozio di souvenir (An Siopa Gaelach, il negozio gaelico) Anna McLaughlin punta il dito verso la Roswell Street: «C'ero anch'io, quel giorno. Vede là, dove c'è quel grande murale di Bernadette Devlin? Ecco, io ero là, a terra, la faccia nella polvere, mentre i para sparavano nella giornata della loro vergogna». Nessuno, a Derry, dimentica il «Bloody Sunday»: una marcia cattolica, la strada bloccata, la ritirata. E i cecchini pronti a colpire, persino dalle mura della cittadella, contro la folla inermo. «E' un ricordo che non se ne andrà mai. E ci pensavo, quando stamane ho votato sì a una nuova Irlanda di pace». Ma non tutti hanno votato sì. Giù per la John Street, in fondo all'enclave protestante, davanti al seggio numero 41 (erano 1228 nell'intero Nordirlanda): Victor - non vuol dire il cognome - non sa che fare. «Devo votare, ma forse dirò no». E' protestante, nel 1982 l'Ira gli ha ucciso un fratello. «Il sì - dice - potrebbe significare la liberazione dei carcerati». Anche il voto di Victor è confluito durante la notte, con scorta armata, a Belfast. Stamane alle 9 nella King's Hall comincerà la conta ufficiale. Fabio Galvano Spaccato in due l'elettorato protestante: solo il 50 per cento accetta l'accordo I PROTAGONISTI UNIONISTI. Essenzialmente protestanti, chiedono il mantenimento dell'unione con la Gran Bretagna, di cui condividono cultura e tradizione. Sono rappresentati dal Partito unionista dell'Ulster e dal Partito democratico dell'Ulster. LEALISTI. Sono gli unionisti estremisti che si riconoscono nei quattro gruppi terroristici anti-cattolici: l'Ulster volunteer force, l'Ulster defence association, gli Ulster freedom fighters e la Loyalist volunteer torce. NAZIONALISTI. Rappresentati dal Partito socialdemocratico di John Hume, sono i cattolici moderati, che perseguono l'unificazione con la Repubblica d'Irlanda per via pacifica. REPUBBLICANI. I «duri» dell'unificazione con Dublino, hanno però accettato gli accordi di pace. SINN FEW. Letteralmente «Noi soli». E' il braccio politico dei repubblicani, impegnato a raggiungere la riunificazione con l'Irlanda «con mezzi pacifici e democratici». IRA. L'Esercito repubblicano irlandese è l'ala militare dei repubblicani, in lotta contro «l'occupazione britannica». Ha cessato le ostilità, ma rifiuta il disarmo. jv.it- Un'invocazione di pace su un muro di una via di Belfast

Persone citate: Anna Mclaughlin, Bernadette Devlin, Bishop, Falls, John Hume, John Street, Land, Tony Blair, Tony Murray