Turturro s'illumina col teatro di Lietta Tornabuoni
Turturro s'illumina col teatro In concorso, con l'americano, anche il film di Guerman sulla Russia brutale e folle di Stalin Turturro s'illumina col teatro Dispetti e passioni in un gruppo di attori CANNES DAL NOSTRO INVIATO Due film, americano e russo, sregolati, sfilacciati, slungati, incontrollati: ma «Illuminata» di John Turturro è velleitario e lieto, «Khroustaliov, ma volture!» di Alexei Guerman è straordinario e folle. Si vedono atrocità raramente apparse sullo schermo, nel film russo: il protagonista seviziato durante un viaggio di detenuti, costretto a atti sessuali orali, violentato con un bastone che gli sfonda il sedere, poi obbligato a vegliare l'agonia di Stalin massaggiandogli il ventre nudo per fargli espellere aria. La storia che descrive la Russia come un luogo di eterna miseria, di terrori inidentificati, di permamente paura, che racconta i russi resi brutali e debosciati dall'inumano regime staliniano, si serve in parte dell'autobiografia di famiglia dell'autore. Premesse: Khroustaliov era l'autista di Lavrenti Beria, onnipossente capo della polizia politica sovietica; l'apertura degli archivi sovietici ha permesso di scoprire che Stalin non sarebbe morto il 5 marzo 1953 alle 21,50, ma qualche giorno prima, e che i dirigenti sovietici avrebbero avuto bisogno di «qualche tempo» per preparare l'annuncio della sua scomparsa. Nel film un generale, medico militare potente e prepotente, viene sequestrato a Mosca, trasportato fra orribili violenze sino al capezzale di Stalin per tentare un'estrema terapia; non può fare nulla per il morente; viene invece incolpato di partecipazione al «complotto dei camici bianchi» per uccidere Stalin, inventato dalla polizia politica in funzione an che antisemita; viene imprigionato in un campo di concentramento per lunghi anni; quando ne esce, di Stalin nessuno più parla ma nulla è cambiato, la Russia è perennemente se stes sa. Regista e produttore sessantenne assai ammirato, Guerman non dirigeva un film dal 1982 de «Il mio amico Ivan Lapkin», e ha impiegato dieci anni realizzare questa nuova opera: a tratti il suo racconto risulta enigmatico e vagabondo come un delirio, ma le sue immagini cristallizzate o grottesche danno come niente altro la sensazione dello spavento di chi senza motivo può venir colpito in ogni momento, del caos cronico della Russia e del mondo. «Illuminata», secondo film diretto da John Turturro» interpretato da lui, da Katherine Borowitz, Susan Sarandon, Rufus Sewell, Ben Gazzara, Beverly d'Angelo, tratto da una commedia di Brandon Cole, storia di teatranti e di sovrapposizione vita-teatro, ha diverse cose carine. E' brillante la scelta di adottare la maniera dell'opera buffa italiana per raccontare rivalità, incidenti e dispetti in una compagnia newyorkese d'attori, e la maniera del grande teatro francese per raccontare le passioni amorose in nobili monologhi o dialoghi classicheggianti. E' divertente l'onnipotente critico Umberto Bevacqua, Christopher Walken truccato in modo da somigliare a Oscar Wilde. E' curioso che la compagnia metta in scena «Cavalleria rusticana» (ma di Verga, non di Mascagni), che circoli fra i teatranti un'aria così intensamente italoamericana. Per il resto il film, che immagina un identico triangolo amoroso nel testo teatrale e nella vita dei teatranti, ha gli insoffribili tic degli americani quando decidono di fare qualosa di «artistico» (marionette simboliche, musica elevata, patetismo dell'attore che muore o dell'attore invecchiato e smarrito che non ricorda le battute); ha il compiacimento autoindulgente di tanti spettacoli sullo spettacolo (bambini che corrono birichini tra le quinte, segreti subito rivelati dal pettegolezzo, competizione sotterranea tra diva e attrice giovane), ha molta affettazione culturale. Lietta Tornabuoni A sinistra una scena tratta da «Illuminata» A destra Robert Duvall e Miranda Richardson
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