«Il colpo, poi trattavo»

«Il colpo, poi trattavo» «Il colpo, poi trattavo» La tecnica di Maniero «Intesa sempre veloce» VENEZIA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Il furto di quadri e di reliquie? Meglio di un sequestro di persona. Più sicuro, e non meno efficace. Lo aveva detto chiaro e tondo Febee Maniero, il boss pentito della mala del Brenta ora tornato in prigione, al giudice Antonio Fqjadelli che lo interrogava subito dopo il pentimento: «Per noi erano colpi come altri. La galleria d'arte o la chiesa alla stessa stregua di una banca. Ma lo scopo era estorsivo, facendo affidamento sullo sconcerto che si ingenerava nell'opinione pubblica e sul conseguente desiderio delle forze dell'ordine di risolvere presto il caso, attribuendosene il merito. Era con loro che si intavolava dunque la trattativa per il recupero, in cambio di sconti di pena o di vantaggi carcerari per gli uomini della banda». La confessione è del 13 gennaio '95. Insomma, una strategia. Una tecnica messa a punto da più di vent'anni e che ancor oggi, dopo la rivendicazione sulla rapina a Roma, sembra essere patrimonio dei fedelissimi di Maniero. Questa volta la contropartita parrebbe essere la stessa condizione di detenuto dell'ex boss. Nel gennaio II boss Felice del '92, quando fu saccheg- Maniero giata la Galleria Estense di Modena - un Velazquez, un El Greco, un Correggio e due Guardi - era in gioco la posizione processuale di un imputato minore. Vent'anni fa il colpaccio era stato in una delle chiese più famose e controllate: la Basilica di San Marco. Era sparita la Madonna Nicopeia, ossia la Vergine nera istoriata di ori e pietre preziose che fa parte del tesoro della Basilica ed è oggetto di venerazione da parte dei fedeli. Non risulta che il boss del Brenta avesse eseguito personalmente il colpo; ma aveva acquistato il «sacro bottino», utilizzandolo poi per barattare condizioni con gli inquirenti che gli davano la caccia. Il primo sequestro di una reliquia, intesa come ossa di santo, è dell'inizio degli Anni Ottanta: viene «rapita»' Santa Lucia, la vergine e martire di Siracusa le cui spoglie sono conservate nella chiesa di San Geremia, sempre a Venezia. La reliquia viene trafugata nottetempo, dopo aver infranto la teca in vetro antiproiettile a colpi di mazza. Solita trattativa segreta, solita successiva brillante operazione, quando le spoglie vengono recuperate nelle campagne veneziane. I furti proseguono a ritmo quasi annuale: a fine stagione si fa il punto sui processi a carico della banda e sempre stando a Maniero - si combinano affari fra guardie e ladri. Il più clamoroso sarà quello sul mento di Sant'Antonio. Poco dopo le 6 del 10 ottobre 1991 tre banditi armati e mascherati fanno irruzione nel tempio nella Basilica del santo a Padova, sotto gli occhi terrorizzati di un gruppo di pellegrini, e si portano via la teca. Il 20 cacembre successivo i carabinieri del Nucleo tutela patrimonio artistico la ritrovano, dietro soffiata, in un campo fra Roma e Fiumicino. La riconsegna alla Basilica avviene in pompa magna, con tanto di vescovo e comandante generale in alta uniforme. Ma quattro anni più tardi ecco una nuova verità: un patto scellerato fra carabinieri, banditi e perfino i servizi segreti. Contropartita: un centinaio di milioni e i soliti favori processuali. Finisce in manette l'allora colonnello Roberto Conforti, capo del Nucleo di tutela del patrimonio artistico, poi scagionato: non era al corrente di quell'operazione. Ma i dubbi sul «modus operandi» degli investigatori permangono. Mario Lollo II boss Felice Maniero

Persone citate: Antonio Fqjadelli, Felice Maniero, Greco, Maniero, Mario Lollo Ii, Roberto Conforti, Velazquez

Luoghi citati: Correggio, Modena, Padova, Roma, Siracusa, Venezia