Con Blair tra le folle del sì e del no di Fabio Galvano

Con Blair tra le folle del sì e del no Se i consensi saranno di molto inferiori al 70% sarà una sconfìtta per il primo ministro Con Blair tra le folle del sì e del no Oggi il referendum sulla pace in Ulster ed Eire REPORTAGE LE DUE IRIANDE ALLA PROVA DEL VOTO BELFAST DAL NOSTRO INVIATO «Voglio un secondo Good Friday», invoca David Trimble. Oggi si vota nelle due Irlande, nella Repubblica e qui al Nord, per il referendum sull'accordo di pace; e il leader degli unionisti, uomo di punta nel partito del sì puntellato in queste ultime ore dall'intervento personale di Tony Blair, fa un gioco di parole. Good Friday è Venerdì Santo, quel 10 aprile quando la Storia dell'Irlanda ha preso una nuova piega con l'accordo di Stormont fra i nemici di sempre; ma Good Friday è anche un «buon venerdì», quello nelle sue speranze - in cui gli irlandesi volteranno oggi le spalle a 29 anni di violenza. La vittoria del sì è scontata, a Belfast come a Dublino; ma è sulle sue dimensioni, capaci di condizionare qui al Nord il futuro del processo di pace, che quelli del sì si sono battuti fino all'ultima ora. Perché se fossero di molto inferiori al 70% significherebbe, dato lo squilibrio numerico fra cattolici e protestanti, che gli unionisti sono spaccati: troppo spaccati per potersi riconoscere nella nuova pace. Ecco allora Tony Blair scendere in campo. Mercoledì sera a Coleraine, in un blitz da Londra che gli è servito per ribadire le sue «garanzie» agli elettori protestanti. Per convincere il 25 per cento degli indecisi che non saranno né abbandonati né traditi, come inveisce quotidianamente il Savonarola delle folle lealiste, il reverendo Ian Paisley, raccogliendo timori e perplessità protestanti. Nell'Ulster con una nuova Assemblea, con un esecutivo composto da tutte le sue forze politiche, con nuovi organi smi panirlandesi che per la prima volta sanciranno un legame fra le due parti dell'isola, Blair ha dovu to giurare che non saranno liberati i terroristi di organizzazioni che non rinuncino alla violenza, che all'Assemblea e al suo esecutivo non potrà partecipare chi non abbia sposato pace e disarmo, che in definitiva gli accordi di Stormont scolpiscono nella pietra il principio del consenso e cioè che l'Ulster non uscirà dal Regno Unito senza il volere della maggioranza. Ma poi Blair ha deciso, di fronte ai timori di un sì men che convincente, di rimanere anche ieri in Irlanda del Nord. Mentre un aereo incrociava il cielo di Belfast con lo striscione degli «anti» («E' giusto dire no»), il primo ministro ha incontrato Trimble e il leader dei cattolici moderati John Hume, grande artefice del difficile avvicinamento. «Non sciupate - ha detto davanti alle telecamere - la migliore possibilità da generazioni di costruire un futuro di pace». E poi proprio come se fosse in campagna elettorale - eccolo nelle vie di Hollywood, alle porte di Belfast, dove uno dei maggiori esponenti del no Robert McCartney, leader degli U.K. Unionists - ha invano cercato di «abbottonarlo». Quindi all'Ulster Hospital: «Non posso aspettarmi né garantire che tutto sia risolto dal referendum, ma questo è il primo passo». Mentre usciva un pensionato alle mie spalle l'ha investito: «Sei un ribelle, hai venduto l'Irlanda del Nord», gli ha gridato John Reid, 67 anni, lealista convinto, «torna in Inghilterra». Blair ha finto di non accorgersene. E poi eccolo al centro industriale di Antrim. Il messaggio, come nelle ripetute interviste tv, è sempre lo stesso: votate «per il futuro dei vostri figli». E' ripartito nel pomeriggio, quando anche quelli del sì avevano messo in cielo il loro aereo e il loro striscione e mentre - mossa inattesa - il maggior giornale del Nordirlanda, il pomeridiano «Belfast Telegraph», rompeva gli indugi: «Diciamo sì». E sì diceva anche, inatteso, l'ex capo della polizia, Sir John Herman: voce, in passato, del conservatorismo protestante. L'ultimo sondaggio - ma viene da Dublino, è dell'«Irish Times»: conferma che in Ulster il sì è ormai attorno al 96% fra i cattolici (con clamorose eccezioni, come il no di Bernadette McAliskey, nata Devlin e già «pasionaria» repubblicana), ma che anche fra i protestanti riprende quota. Gerry Adams, leader del Sinn Féin che in nome dell'accordo di Stormont è diventato improbabile alleato degli unionisti, ammette ormai che grave errore è stato accogliere a braccia aperte, al recente congresso del Sinn Féin, i quattro terroristi della «Balrombe Street Gang» scarcerati per l'occasione dal governo britannico. «Emozioni allo stato puro, ma nessun trionfalismo», si giustifica adesso. Ma gli unionisti hanno avuto un brivido. Hanno rivisto i manifesti del partito del no, pubblicati a pagamento anche sul «Belfast Telegraph»: quello, per esempio, di una donna con le mani nei capelli un anno dopo avere votato sì, di fronte ad «assassini per strada, padrini nel governo e gangster nella polizia». Anche quelli del no hanno commesso il loro errore, festeggiando l'assassino lealista Michael Stone, quello che dieci anni fa sparò in un cimitero durante il funerale di un cattolico vittima dei «troubles». Battaglia serrata: da una parte il Dup di Paisley, la loggia orangista, gli unionisti ribelli a Trimble, più alcune piccole formazioni oltranziste lealiste; dall'altra Trimble e Adams - alleati tattici che continuano a non parlarsi - e fra di loro il moderato John Hume, cui si agganciano Blair e il premier irlandese Ahern nei loro sforzi di equidistanza da cattolici e protestanti. E' rimasto appeso soltanto un giorno il colossale striscione «Yes» sulla facciata dell'Europa Hotel, che ha l'immeritata fama di essere l'hotel più bombardato d'Europa solo perché è nel centro di Belfast. E improvvisamente ieri sera, dopo una rissa televisiva fra Paisley e Trimble, Belfast si è spenta dimenticando la furia politica degli ultimi giorni. I giochi sono fatti, ora tocca al segreto delle urne: 1228 casse in cui il Nordirlanda deporrà oggi, fra le 7 e le 22, il proprio futuro. A Sud si tratta di approvare una svolta non meno storica, cioè l'eliminazione di ogni rivendicazione sul Nord dagli articoli 2 e 3 della Costituzione: il voto è già cominciato lunedì, fra i 427 abitanti delle isole al largo di Cork. Lo spoglio comincerà soltanto domattina; e nel pomeriggio l'Irlanda saprà. Ma da ieri polizia e reparti sono di nuovo visibili. La pace è bella, anche se trenta muraglie - qui le chiamano «linee della pace» - ancora dividono a Belfast cattolici e protestanti; ma la minaccia degli estremismi armati potrebbe guastarla sul nascere, se il risultato non sarà più che generoso con chi la vuole. Fabio Galvano Un Savonarola guida U partito ostile all'accordo tMfr2 KM/- ZjJ ìifV* Ali , Il primo ministro Tony Blair tiene un discorso per il Sì all'università dell'Ulster a Coleraine. Sullo sfondo il testo del suo appello «al popolo dell'Irlanda del Nord»