Treviso, tutti all'assalto del Carroccio

Treviso, tutti all'assalto del Carroccio Alle urne l'ex provincia bianca, dove la Lega vuole sconfìggere le «lobbies dei salotti» Treviso, tutti all'assalto del Carroccio Nel Nordest debutta ilpartito di Cacciari, e sfida l'Ulivo TREVISO DAL NOSTRO INVIATO Signore e signori, qui si vince o si perde. Qui in piazza dei Signori, dai merli del Palazzo dei Trecento, Gastone Moschin minacciava di buttarsi di sotto per amore della cassiera Virna Lisi. Qui adesso c'è il sistema dei partiti che minaccia di essere buttato di sotto nella calda sfida del Nordest. Si vota per la Provincia di Treviso, la Marca più leghista che ci sia: Lega contro tutti, contro un pallido Ulivo, contro il Polo, finalmente contro il partito catalano di Massimo Cacciari. Tutti a inseguire la Lega, che qui ha il sindaco sceriffo, stravince nelle campagne e rischia di scassare il sistema. Treviso non si scalda. Nemmeno per guardarsi in faccia nell'amarcord del vecchio film di Pietro Germi, «Signore e signori», da dieci giorni in programma all'Edison. Duemila spettatori non sono pochi, ma nemmeno tanti. Volevano farci un dibattito, avevano invitato anche Luciano Benetton. Poi non se n'è fatto niente. Discutere di cosa? Che la provincia è sempre la provincia? Che i ragionieri continuano a tradire le mogli con le commesse? C'è differenza? «Che il film è in bianconero e adesso sarebbe a colori: Treviso resterà sempre Treviso, prima il dovere e poi il piacere, siamo fatti così», sentenzia Luca Zaia, candidato della Lega alla presidenza della Provincia. Guardiamolo da vicino questo Zaia per capire la faccia della Lega. Ha la gommina sui capelli, la barba lunga di un giorno, si dice «figlio del '68» nel senso che in quell'anno mitico ci è nato. Ha una storia tipica di Nordest. «Io dice - lavoro da quando avevo sei anni, d'estate, nell'officina di meccanico di mio padre. Se si ferma la macchina, io non ho problemi, non sono uno di quelli che alzano il cofano, guardano il motore e dicono: che bello. No. Io so metterci le mani, io». E' laureato, in «Scienza della produzione animale», una specialità che c'è solo in quattro università. S'è pagato gli studi da solo. Adesso è socio in una società di «service» per locali pubblici, nel senso che procura dipendenti alle discoteche: baristi, camerieri, cassieri. Una specie di ufficio di collocamento, che non si può chiamare così, ma in pratica lo è. Dall'alto del suo mondo, Zaia ci spiega che «l'80 per cento del popolo del lavoro di notte è formato da studenti universitari». E che c'entra questo col Nordest? «C'entra, perché qui la vita è frenetica, ci sono nicchie di lavoro di notte, c'è una grande e silenziosa forza lavoro e si tratta, forse, di un fatto genetico». Con tre «notti» la settimana si può arrivare anche a guadagnare un milione al mese, che non è male. Lavoro, lavoro, lavoro. E' la vita, è una malattia, è la costituente spirituale e materiale di questo posto. Ancora l'altro giorno la Tribuna titolava in prima pagina: Nordest a caccia di operai. Non ce ne sono abbastanza, il 4 per cento della manodopera sarà di immigrati. Già oggi, calcolano i sindacati, 770 miliardi di valore aggiunto della produzione trevigiana sono dati dal lavoro degli extracomunitari, 20 mila in tutto, almeno 13 mila regolarmente impiegati. Chi fa il muratore, oggi, se non pensionati e slavi? L'altra faccia della medaglia trevigiana è poi che, dopo averli usati per produrre, si preferirebbe che scomparissero, senza dar problemi estetici e sociali (case, servizi, etc.) alla città. E' quel disagio in cui sguazza il supersindaco leghista Gentilini che per non vederli seduti la sera sulle panchine ad allungare gli occhi sulle belle signore, ha tolto le panchine. Bravo. Problema risolto? No. nascosto. Come sia arrivato alla politicaLuca Zaia, ce lo racconta così: «La Lega è un'esternazione della trevigianità e io l'ho incontrata senza rendermene conto». E' capitato che il suo papà era cliente dGiampaolo Gobbo, venditore dchiavi inglesi e attrezzature peofficina, giramondo di bottega in bottega, soprannominato «120 chili di morbidezza» per le opulente rotondità, «evangelizzatore» itinerante della Liga: «Tra un giratubi e un tornio, ci infilava un volantino». E così il piccolo Zaia cresciuto leghista. E adesso? A 27 anni l'hanno fatto assessore all'agricoltura perché se ne intende. E ora, svince, farà il presidente per unirin un'ininterrotta catena di pròN vince fedeli a Bossi (Bergamo, Verona, Vicenza e Padova «che verrà») rabbie e rancori della «Pedemontana», ormai diventata la spina dorsale della corazza leghista e la spina nel fianco dell'Italia dell'Ulivo. Programmi? Sconfiggere le eterne lobbies dei salotti trevigiani, «i discorsoni degli strateghi che annunciavano la fine della Lega e che ridono rivedendo "Signore e signori", i sapientoni come Cacciari che vogliono educare i veneti, gli eterni democristiani che mangiano i biscottini al burro e hanno scoperto la formula di autogenerazione del sistema nelle banche». Lì la Lega è rimasta al palo, nonostante il suo 40 per cento e passa di voti. Riferimento non casuale a Cassamarca, la.potentissima «Cassa» di risparmio trevigiana, governata da Dino De Poh, ex democristiano di simpatie uliviste, vero contropotere del Comune. Con 26 miliardi, due mesi fa, ha comprato l'ex ospedale San Leonardo e ha deciso di farci la facoltà di giurisprudenza contro la Lega che non la vuole. De Poh fa l'università; Gentilini (il sindaco leghista) aggiusta i tombini e taglia le siepi. La battaglia sarà dura perché, dice Zaia, in politica ci sono «più culi che sedie». Quando hanno girato «Signore e signori» Gianni Maddalon aveva 8-9 anni. Si ricorda del set in piazza dei Signori «dove a noi bambini davano da mangiare i panini». Non è andato alla prima dell'Edison e nemmeno a rivederlo perché lui, «cinefilo», il film ce l'ha a casa e chiosa che dietro le irritazioni trevigiane per Germi «c'è un senso di colpa non rimosso». Lo incontriamo nel quartier generale del Movimento del Nordest, in viale Cairoli, ,accanto al mitico bar Bassanello, sede del gruppo alpini «Reginato» dove il Gentilini, tra un'«ombra» e un'altra di Fragolino, vive la sua vera vita da sindaco, dove ha arruolato ben tre assessori. E' solo, Maddalon: risponde ai telefoni, ciclo- stila i volantini, fotocopia, invia e riceve fax, taglia manifesti. Ha una faccia da sonno, dorme tre ore per notte da troppo tempo. Sarebbe l'immagina, della politica come «etica della responsabilità» e forse anche per questo - feroci - i suoi avversando^chiamano il «Cacciari dei poveri». Tra lui e Zaia due vite e due mondi. Da una parte la Lega e la sua rendita di posizione e i suoi militanti che attaccano manifesti in tutta la provincia e smadonnano sulle onde di Radio Padania assordando la Pedemontana di un tamtam di richiami. Dall'altra il suo Movimento che qui, per la prima volta, si «butta in acqua e prova a nuotare». Contro la Lega, ma anche contro l'Ulivo e i ferrei comandi dei partiti che hanno richiamato all'ordine i sindaci (di centrosinistra, centrodestra e persino leghisti) che al Movimento si sono avvicinati. E' laureato in lingue, coltiva il portoghese, viene dall'ambientalismo, sembra un intellettuale, ha la faccia buona, sembra di burro e invece è tagliato nel ferro. E' lo sfidante più simbolico, non solo di Zaia, ma del sistema, Ulivo compreso. rDice: «Siamo pionieri, umili artigiani della ricostruzione di ciò che manca al Nordest: una degna Rappresentanza politica». Obbiettivo? «Quell'elettorato leghista non convinto, che vota per sgarbo al sistema, non perché crede nella folle alternativa della Lega». E se perde? «Non importa. Stando soli, almeno, avremo segnato una differenza». Detto così, si capisce perché questo Movimento inventato dall'industriale padovano Mario Carrara e da Cacciari sia anche alternativo all'Ulivo. Rivela Maddalon che l'Ulivo gli ha offerto di entrare in un cartello che sosteneva la candidatura dell'ex presidente della Camera di Commercio Antonio Romano al quale, peraltro, la stessa offerta era stata avanzata dal Polo, sintomo non piccolo di un'angosciante equivalenza di riferimenti tra le due politiche. Maddalon ha risposto: «No, grazie». Meglio soli. Anche se inseguiti da questo rovello: «Perché guadagnano voti quelli che hanno poco o nulla da dire e invece chi dice cose fondamentali sul futuro di questa terra deve fare i salti mortali?». Già, perché i signori e le signore di Treviso votano Lega? Cesare Martinetti I «catalani» «L'importante è segnare la differenza dal senatur» ROVIGO (elezioni comunali) VERONA (elezioni comunali) TREVISO (elezioni provinciali) FABIO BARATELLA (sindaco uscente) sostenuto da Democratici di sinistra Rinnovamento Italiano Movimento Nordest Verdi Città Futura, Ppi Socialisti Democratici, Rifondazione Comunista MAURIZIO RUGGERO Lega Nord PAOLO AVEZU' Cdu, Ccd, Patto Segni ANNA MARIA BERNARDI Forza Italia, Partito Socialista, Partito Liberale Alleanza Nazionale MICHELA SIRONI MARIOTTI (sindaco uscente) sostenuto da Forza Italia Cdu Ccd An GIUSEPPE BRUGNOLI Democratici di Sinstra Verdi-comitati di quartiere "La città che vogliamo" Ppi Rifondazione comunista Socialisti democratici italiani per Verona FRANCESCO GIRONDINI Lega Nord -Liga Veneta GIULIANO BETTI NI Lista civica "Forza Verona" LUIGI BELLAZZI Fiamma Tricolore MASSIMO GUERRA "E' per Verona-movimento Nordest" Lista Dini Rinnovamento Italiano SERGIO MANTOVANI Lista civica dei cittadini-"Comitati di quartiere" GIOVANNI BEVILACQUA "Italia Unita" (udr-cdr) TITO BRU NELLI "Progetto Verona" ACHILLE OTTAVI ANI "Unione Nordest" LUCA ZAIA Lega Nord GIANNI MADDALON Movimento Nordest IVANO SARTOR b Rifondazione Verdi FRANCESCO BENAZZI Forza Italia Ccd An i \ Virna Lisi e il regista Pietro Germi durante la lavorazione di «Signore e signori»