La Signora si è sentita sola

La Signora si è sentita sola La Signora si è sentita sola Di là tutta la Spagna, di qua solo i bianconeri I/ALTRO MATCH SUGLI SPALTI AMSTERDAM I N questa sera che scende, fa H uno strano effetto sentirsi soli nella bolgia di Amsterdam. Ma quella che ha trovato la Juve era come una condanna scritta. La si vedeva bene, la sua solitudine, sugli spalti gremiti, nelle curve contrapposte, sotto questo cielo di cenere e di tristi presagi. Da una parte, avevano scritto «orgullo» sempre più grande e poi avevano steso una bandiera spagnola immensa che copriva tutta la curva. E gridavano, mentre di là l'urlo si spegneva in gola. Comunque fosse andata, il Real avrebbe vinto anche per la Spagna. Urlavano «Juve Juve, vaffan...» come fanno negli stadi italiani. Dall'altra parte, è apparso solo un piccolo tricolore, che qualcuno ha provveduto a ritirare subito, quasi che non fosse vero. Non c'erano più bandiere a sventolare. Le sconfitte a volte sono annunciate. A volte sono volute. Soffrire da soli può far diventare più forti, ma fa più male. La Juve di Amsterdam ha lottato soltanto sotto i suoi colori, bianco e neri, e da sola ha sentito crescere sulla sua pelle la condanna di una Coppa che finora ha vinto solo dal dischetto. Così, anche i tifosi hanno sofferto da soli. Forse, era giusto. Hanno cominciato a riempire le strade e le piazze dalla sera prima, riversandosi con le loro magliette, le loro sciarpe, i loro cori, simboli tutti di un popolo che è comunque uguale nella sua passione anche quando è diviso dal tifo e dai chilometri. Amsterdam è sembrata per due giorni un'altra città, con le biciclette impazzite e gli ingorghi agli incroci e nelle tangenziali. I due popoli, quello juventino e quello madridista, si toccano, si sfiorano, si mischiano, eppure riescono per tutto il tempo a ignorarsi, come accade in fondo dall'inizio della partita. Non c'è quella sorta di comunanza che s'era vista l'anno scorso a Monaco di Baviera, quando i tifosi del Borussia erano arrivati persino ad andare sotto l'albergo che ospitava la Juventus per gridare cori di simpatia contro avversari comuni. Però non c'è guerra, non ci sono scontri. Si ritrovano insieme, madridisti e bianconeri, per le vie del quartiere a luci rosse a guardare le donne in vetrina e ad applaudire i coraggiosi che sfidano la folla per entrare lo stesso nei salottini di sesso affacciati sulle stradine. E si ritrovano nella notte che si sfalda dentro i 350 Coffeeshop dove puoi comprare un grammo di Marocco «Super Polm», come c'è scritto nel menù alla cassa, per 25 fiorini, o quasi due grammi e mezzo di Nepal per 50. Si fanno le «canne» guardando il canale, gli uni in faccia agli altri, senza rivolgersi mai la parola. Sfilano per le viuzze cercando la birra di marijuana o la pejota, un fungo messicano allucinogeno. Si ritrovano e si ignorano. Poi, nel grande giorno che si fa, ormai inondano Amsterdam. Gli spagnoli sembrano molto più numerosi. Piazza Dams, la piazza storica dei frichettoni, è quasi completamente occupata dai tifosi del Real. Gli juventini stanno a drappelli attorno all'obelisco. Alle 16,34 spuntano in piazza Galliani e Briatore. Cori scontati. Quelli del Madrid, magliette viola come la Fiorentina, fanno già gruppo, lì accanto. Bandiere, cori, trombe. Le viuzze e i canali del quartiere a luci rosse, invece, sono percorsi da orde indistinte, nell'attesa di andare allo stadio. E quando l'ora si avvicina, anche Amsterdam un po' impazzisce. Ci sono diecimila biglietti falsi in circo- lazione. Gran bordello. I bagarini sembrano solo italiani. Di fatto la polizia procede a 17 arresti. Un volo da Madrid con centinaia di tifosi tarda cinque ore per un'avaria e pure lì mica si scherza. Ma alla fine, quando mancano due ore, l'Arena, come hanno voluto chiamarla con un po' di sfizio gli olandesi, comincia a riempirsi. Ci sono tutti. E allora si vede bene quello che separa due genti e due passioni. Di là, nei settori destinati agli spagnoli, è come se stessero tutti insieme, compatti. Anche se non è vero, ci sembra la Spagna dietro al Real. Di qua, è come se ci fosse una sofferenza strana, quasi una solitudine obbligata, che i veleni del campionato e le polemiche con i giornalisti hanno non soltanto contrassegnato. Il tifo è come la squadra. In lotta contro il mondo, soli contro tutti. Non lo dicono soltanto gli striscioni tra l'ironico e l'arrabbiato appesi sulle gradinate. «Rhovinati». «Contro i Gufi Forza Juve». E quella grande bandiera bianco e nera con il numero 25 per gli scudetti vinti, stesa sulla curva prima della partita. Di là, c'erano i colori della Spagna. Di qua, non si poteva. La Vecchia Signora doveva farcela da sola. Perché maldicenze e veleni l'avevano portata qui, in questa scatola di urla di gioia e di dolore, dove moriva una stagione. Adesso, ripartirà da qui. Sola come stasera. Pierangelo Sapegno I fans madridisti hanno sventolato bandiere giallorosse mentre si è visto un solo tricolore: quasi un segnale d'un ko annunciato Un po' di tensione dopo il pomeriggio nelle vie a luci rosse Diciassette persone arrestate perché vendevano 10 mila biglietti falsificati Seedorf rincorso da Davids: i due hanno dato vita a uno dei duelli più belli del match

Persone citate: Briatore, Davids, La Vecchia Signora, Pierangelo Sapegno, Seedorf