TRADITA DALLE SUE STELLE

TRADITA DALLE SUE STELLE SEGUE DALLA PREMA TRADITA DALLE SUE STELLE o è a E« la settima coppa del Real, il cui ultimo trionfo risaliva, addirittura, a trentadue anni fa. Decide una combinazione Panucci-Roberto Carlos-Mijatovic al 22' della ripresa, sul filo del fuorigioco e baciata da un rimpallo, quando i campioni d'Italia, ritoccato l'assetto (difesa a quattro e non più a tre) e inserito Tacchinardi al posto del generoso Di Livio, avevano preso in pugno la partita come mai, fin lì, ne erano stati capaci. Nel primo tempo, erano stati gli spagnoli a sfiorare il gol lungo l'asse Mijatovic-Raul e l'arbitro tedesco, dopo un probabile rigore di Iuliano su Mijatovic, aveva risparmiato a Davids, già ammonito, un'espulsione che, per regolamento, non sarebbe stata uno scandalo. La contesa è stata un tizzone ardente che le squadre si sono passate di mano in mano. Ogni palla persa era un baratro che si apriva, una ghigliottina che scattava. Zidane ha rappresentato 10 snodo cruciale delle manovre d'attacco. Palla a terra, e con il suo radar in funzione, l'approccio all'area di Illgner scavava non trascurabili cunicoli. E' mancato, clamorosamente, Alessandro Del Piero: mai nel cuore del gioco. Proprio lui, il capo cannoniere. Un coltello a serramanico, impugnato da Hierro, Sanchis, Seedorf e Mijatovic con le malizie degli uomini di mondo: ecco, invece, cos'è stato 11 Real. Non una Juve regale, soltanto una Juve tenace, generosa, padrona in avvio e all'inizio della ripresa. Un'illusione. Inzaghi ha impegnato Illgner e sfiorato il vantaggio, in mischia. Il Real ha sradicato il gol dall'unico tiro in porta di tutto il secondo tempo. Ancora Inzaghi e Davids, soprattutto, hanno fallito il pareggio. Resta il senso, profondo, di una grande incompiuta. Quando, su quattro finali europee consecutive se ne perdono tre, non si può sempre prendersela con gli dei, già protagonisti, a dicembre, di una miracolosa spinta. Sono tornate, all'improvviso, le ombre di Manchester e Rotterdam. Il Real ha fatto la partita che ci si attendeva, la Juve no: o meglio, solo a sprazzi. Questione di stimoli, forse: e i madridisti, fuori da tutto, ne avevano più degli juventini, freschi di scudetto. In attesa del foglio di via, Jupp Heynckes ha prosciugato gli spazi, costringendo i rivali a battere sentieri impervi. Le partite secche sono «cose» speciali: azzerano i valori, ma non sempre, almeno in questo caso, il fascino e il peso della tradizione. Spiccioli di Inzaghi, eclissi totale di Del Piero e Raul. Il destino ha scelto altre strade, altri sicari. Su tutto e su tutti, Predrag Mijatovic, puntuale come un torero nell'assestare la stoccata mortale. E così, Amsterdam si aggiunge a Belgrado 1973, quando era stato l'Ajax di Cruyff a prevalere, ad Atene 1983, quando toccò all'Amburgo, a Monaco 1997, allorché altri tedeschi, del Borussia Dortmund, sbriciolarono sul più bello il sogno di quella straordinaria accoppiata che, in Italia, è riuscita, esclusivamente, all'Inter di Helenio Herrera (nel 1965) e al Milan di Fabio Capello (nel 1994). Sembra impossibile, ma gli unici successi in Champions League sono arrivati su rigore, la tragica notte dell'Heysel, contro il Liverpool, o ai rigori, a Roma, con l'Ajax. Il Real non ha rubato nulla, se non il momento. Il bilancio stagionale del calcio italiano rimane positivo, con l'Inter regina di coppa Uefa (a spese della Lazio) e Vialh, Zola, Di Matteo trionfatori in coppa della Coppe con il Chelsea. Ci ha tradito la Juve. Signora in patria, un po' meno in Europa. Roberto Bec cantini