Idioti & cialtroni di Lietta Tornabuoni
Idioti & cialtroni LI RECENSIONI Idioti & cialtroni Tra i finti handicappati del sarcastico danese CANNES DAL NOSTRO INVIATO Arrivano «Gli idioti», gli handicappati mentali: dopo i sessuomani, i morti, le bambine colombiane miserabili, i disoccupati alcolizzati, la cerebrolesa, i superdrogati pazzi, gli autoreclusi, i prigionieri del Lager, le ragazze vagabonde suicide, i ladri, i vegliardi assassini, le prostitute, le famiglie incestuose e atroci che hanno alimentato in concorso il tocco dark del festival '98. Ma in «Idioterne» il geniale danese quarantaduenne Lars von Trier compie l'estrema provocazione: mette in scena un gruppo di giovani che per studiare i limiti e ì meriti dell'idiozia si fingono handicappati mentali, che recitano i gesti sconnessi, l'inabilità, la mente alterata, il procedere sussultorio, lo sbavare, la mancanza di controllo dei veri portatori di handicap, mimando per esperimento o per gioco (come certi Bambini che si fingono zoppi o ciechi per vedere l'effetto che fa) una delle forme di sofferenza socialmente più diffuse e assistite. E, provocazione nella provocazione, si aspetta che critici, spettatori, associazioni di malati, istituzioni e moralisti prendano alla lettera la sua opera, accusandolo d'infamia e deplorando l'elogio dell'idiozia: mentre è lui ad averli attirati nella trappola, è lui il primo a non prendere sul serio le elucubrazioni di «Idioterne» e a mostrare la cialtroneria futile dei protago nisti mettendoli a confronto con il dolore vero di due personaggi. Lambiccato? Certo: ma von Trier non è mai stato semplice, ha sempre avuto il gusto dell'ambiguità, della doppiezza, dei diversi livelli del sarcasmo, delle mescolanze impossibili, del grottesco. Nella vicenda, una donna spezzata dal dolore per la morte del suo bambino capita in una villa dove vivono in comune i falsi idioti, sperimentatori, studiosi e attori dell'idiozia; assiste alle loro recitazioni caotiche e impressio nanti, ascolta le loro riflessioni ovvie, anti quate e supponenti; vede una del gruppo, autentica grave malata di nervi, venir portata via dal padre; vede disfarsi il progetto, disperdersi ì finti handicappati. Torna nella sua casa, ma non resiste alla tetra aridità dei marito e dei parenti, ai silenzi domesti ci densi di giudizi, rancori e ipocrisia. Se ne va: anche se non crede che «gli idioti sono Sii uomini del futuro», la recitazione dell'iiozia le ha insegnato a vedere le cose in maniera diversa, più sensibile e intelligente. Una scena degli «Idioti» Lietta Tornabuoni Una scena degli «Idioti»
Persone citate: Lars Von Trier
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