I due Ferrandi, un giallo leonardesco
I due Ferrandi, un giallo leonardesco a Firenze la mostra dedicata al pittore spagnolo che collaborò col genio del Rinascimento I due Ferrandi, un giallo leonardesco // mistero celato a Valencia f*\ FIRENZE I ' ON l'eccezione del grande I Dùrer, che però non scese 1 i oltre Venezia e Bologna, i -AdJ fiamminghi e i tedeschi sarebbero giunti in Italia ad abbeverarsi alle fonti rinascimentali, e poi della Maniera, solo dopo che i grandi giochi e modelli di Leonardo, Michelangelo e Raffaello erano venuti alla luce fra primo e secondo decennio dell'aureo e inquieto '500. Per gli spagnoli, l'affare era diverso, perché fin dal crinale gotico internazionale fra '300 e '400 gli scambi mediterranei erano ricchi ed aperti. Nulla di strano dunque che per due volte i documenti fiorentini del 1505 inerenti alla Battaglia d'Anghian di Leonardo per la Sala del Consiglio della Signoria in Palazzo Vecchio citino come «dipintore» «con Lionardo da Vinci», quindi collaboratore e non semplice aiuto, un «Ferrando Spagnuolo». Quando alla fine dell'800 emersero da un oblio secolare Fernando Llanos e Fernando Yànez de La Almedina, i due autori del «Retablo» maggiore della cattedrale di Valencia commissionato nel 1507, primo approdo in Spagna di una aggiornatissima cultura italiana del primo '500, ivi compresi chiari echi leonardeschi, gli studiosi si posero subito il problema dell'identificazione di uno dei due «Ferrandi» con il collaboratore di Leonardo. Da allora l'alternativa fra i due artisti e i reciproci problemi attributivi, legati alla maggior ortodossia di Llanos rispetto all'iconografia leonardesca e alla cultura assai più complessa di Yànez, ricca di innovazioni fra Nord e Centro Italia e di plasticità michelangiolesche e raffaellesche sono stati oggetto di sottili studi, culminati pochi mesi fa nella mostra «Los Hernandos, pintores hispanos del entorno de Leonardo» al Museo de Bellas Artes di Valencia. Dominavano nella mostra le otto grandi tavole a doppia faccia, con Storie di Cristo e della Vergine, restaurate, che costituiscono le due ante del «Retablo» di Valencia. I visitatori dell'odierna tappa della mostra, inaugurata in Casa Buonarroti, le potranno purtroppo vedere solo nelle ottime riproduzioni del catalogo italiano a cura di Fernando Benito Doménpch, responsabile della mostra valenzana, e di Fiorella Sricchia Santoro, ma potranno in compenso ammirare accanto alle opere di Llanos e di Yànez provenienti da Valencia, altri documenti italiani assai affascinanti di questi scambi Spagna-Italia nel primo '500. Converrà proprio partire per così dire alla rovescia, dall'ultima sala della mostra, con due personalità atipiche che portano alle conseguenze più eccentriche le forme di linguaggio «moderno» già presenti nei due pittori della Mancha attivi - uno solo o entrambi? - a Firenze ed entrambi certamente a Valencia. La figura di Pedro Fernandez da Murcia, errante da Napoli al Lazio alla Lombardia prima di tornare in patria, che ha dato nome, cultura, scambio di patrie allo «Pseudo Bramantino», è ormai consolidata come una delle presenze più singolari fra primo e secondo decennio del '500. Qui sono esposti due scomparti della predella conservata a Capodimonte del polittico smembrato già in Santa Maria delle Grazie a Caponapoli con il Battesimo di Cristo e II miracolo dei tre risorti, esempi egregi del suo classicismo bramantinesco duro. La Madonna col Bambino, capolavoro agli Uffizi di Alonso Berruguete, collaboratore di Michelangelo figlio del grande Pedro, maestro fra i primari alla corte urbinate nel secondo '400, agita in sé tutti i succhi, le ombre, le penombre del primissimo manierismo fiorentino, da Andrea Del Sarto al Rosso. I due protagonisti della Mancha, pur profeti in una patria ancora gotica fiannninga della nuova lingua rinascimentale italiana, sono solo alle radici, ai primordi, di questa ^quietudine, soprattutto Llanos, leonardesco ortodosso nello sgherro del Cristo portacroce di collezione privata madrilena. Di ben altra dignità e complessità la serie di tavolette di Yànez con Santi e Storie di Cristo, in parte del Museo di Valencia e in parte private, nel cui «classicismo aurorale» - per usare la geniale espressione di Longhi riferita ai rapporti tra Ferrara e le origini di Giorgione - si intrecciano cultura toscana e cultura settentrionale orientale, da Ferrara a Cre¬ mona a Venezia, fino al vertice degli intagli cristallini di piani di colore e di luce dell'Apparizione di Cristo alla Madonna, che pone nuovi problemi di rapporti con Pedro Fernandez. Marco Rosei Ferrando Spagnuolo e altri maestri iberici nell'Italia di Leonardo e Michelangelo Firenze, Casa Buonarroti via Ghibellina 70 Fino al 30 luglio. Da mercoledì a lunedì 9,30-14. Lire / 2.000. Un «Ferrando Spagnuolo» citato per due volte nei documenti fiorentini relativi alla «Battaglia di Anghiari» Al di là dell'enigma, l'esposizione testimonia il fervore di scambi artistici nel '500 fra Italia e penisola iberica A sinistra, la «Madonna col Bambino» di Alonso Berruguete; sopra, una copia della «Battaglia di Anghiari» di Leonardo
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