Brahms e Ravel, attenti a quei due di Sandro Cappelletto
Brahms e Ravel, attenti a quei due Milstein, Jochum, Abbado e Argerich: poker di star, sabato, nel ed allegato a «Specchio» Brahms e Ravel, attenti a quei due E all'improvviso la classica scoprì il jazz JOLEVO chiederti di correggere il mio Concerto senza il minimo scrupolo»... Quanta umiltà e astuzia nelle parole indirizzate da Brahms a Joseph Joachim, violinista principe del tempo, suo caro amico, dedicatario dell'unico Concerto per violino del compositore tedesco. Come spesso accade ai musicisti, autore e interprete avevano uno bisogno dell'altro: il primo per affidare alle mani migliori un'opera così impegnativa, Joachim per non rinunciare ad una creazione di cui avvertiva la novità e la complessità. Ha avuto un parto difficile, prima di imporre la propria originalità, l'opera che apre gli ascolti del quarto compactdisc dedicato da La Stampa e Specchio alla storia del concerto, disponibile in edicola da sabato 23. Ne è interprete Nathan Milstein, in una registrazione del 1974 che propone il grande violinista di Odessa assieme ai Wiener Philharmoniker diretti da Eugen Jochum. Massimo Mila ha definito Brahms il creatore di una «prosa musicale moderna», congrua ai «sentimenti più sottili, più complicati e più inafferrabili» dell'uomo di fine Ottocento. Il suono di Milstein, netto e appassionato, la sua ragionata bravura aderiscono a questa tensione, dove la volontà costruttiva di Brahms, il grande architetto della Variazione, incontra il piacere del canto, della libertà rapsodica, della bizzarria tzigana, in un concerto figlio legittimo del proprio secolo eppure così ansioso di novità. Sembra rispondergli quel secco colpo di frusta che avvia, Allegramente, il caleidoscopio dell'orchestra di Maurice Ravel nel Concerto per pianoforte ed orchestra in Sol maggiore. E' il 1929, il maestro francese è appena tornato da un viaggio negli Stati Uniti e raccomanda - lui europeo! agli americani di non sottovalutare il jazz, di cui apprezza la capacità di spezzare e ravviare il racconto musicale: echi jazz sono riconoscibili nel ritmo sincopato al quale Ravel volentieri ricorre. Ma nell'Adagio assai, china lo sguardo deferente alla memoria di Mozart, il suo Quintetto per clannetto. La pirotecnia brillante, l'irriverenza perfino clownesca si arrestano nel volo di una melodia che plana lungo la soglia misteriosa tra suono e silenzio: affetto e nostalgia per la cara perduta Europa del periodo classico? La registrazione scelta vede protagonisti, e perfettamente, felicemente complici, Claudio Abbado con l'orchestra sinfonica di Londra e Martha Argerich: un'incisione dei primi Anni Ottanta, rimasta di riferimento. Sandro Cappelletto
Luoghi citati: Europa, Londra, Stati Uniti
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