Chirac e Jospin: non siamo in guerra di Enrico Benedetto

Chirac e Jospin: non siamo in guerra «Eccessi pericolosi» le indagini sul caso Tibéri. Ma dall'Eliseo partono nuove accuse al ps Chirac e Jospin: non siamo in guerra Comunicato congiunto tra Eliseo e premier PARIGI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «Non siamo in guerra, Jacques Chirac ed io» dice Lionel Jospin, E l'inquilino dell'Eliseo associa il premier in un comunicato che deplora gli «eccessi che possono turbare la vita politica francese e nuocere alla democrazia». Il linguaggio, ellittico, non menziona l'affaire Tibéri né le accuse rpr contro Lionel Jospin per un «incarico ministeriale fasullo» nel periodo '93-'97. Ma il senso appare incontrovertibile. Fra i Generalissimi è scoppiata, se non la pace, una tregua d'armi. Ciascuno s'impegna a frenare le sue truppe calmando il gioco politico-giudiziario dopo i clamorosi sviluppi nelle ultime 72 ore. NeUa speranza che la magistratura si astenga per qualche tempo da nuove iniziative. Il ((break» pugilistico era inevitabile. Ma le fiamme covano sotto la cenere. E il doppiogiochismo infuria. Gli chiracologi ammettono a mezza voce che proprio l'Eliseo avrebbe ispirato lunedì la domanda informale di un peone rpr sul quinquennio che Jospin trascorse incassando i suoi bravi dieci milioncini mensili dalla pubblica amministrazione senza ricoprire alcun incarico operativo. Non è mia calunnia. L'ha ammesso lo stesso Jospin, ieri pomeriggio. In organico da tempo presso il ministero, chiese al suo responsabile (Alain Juppé, che poi spiccò il balzo verso Matignon) di affidargli una mansione precisa. Ne ottenne un secco rifiuto. La Droite - al governo - preferiva lasciare inoperoso un ex segretario ps temendo remasse contro la sua poh tica. Quei 32.850 franchi al mese, insomma, Jospin non li rubò. Potè va licenziarsi? E' indubbio, ma non avendo alcun altro reddito il beau geste richiedeva un lieve masochismo. Lo fece nella primavera scorsa, con la nomina a premier in tasca. Tutto regolare, quindi. Lionel Jospin ha patito assai, nondimeno, l'indelicatezza di chi denunciava l'episodio in piena Assemblée Nationale. Un segnale dall'Eliseo? H premier ne è persuaso. E temendo ulteriori escalation nocive per la sua immagine ha finito per capitolare ordinando il governo osservi uno scupoloso «silenzio stampa» sugli scandali che assediano l'Hotel de Ville e, in prospettiva, la Presidenza. Garantismo? Forse, ma previa imbeccata chiracchiana. Ecco allora Lionel Jospin ribadire che il ps e lo stesso Esecutivo non praticheranno alcuna interferenza sulle vicende penali in corso smentendo un contenzioso in materia fra Matignon e l'Eliseo. Ma l'armistizio salterà prima ancora che i giornali possano - stamane - titolarvi la prima pagina. Un parlamentare rpr, Christian Jacob, riattacca Jospin. Parole e cornice analoghe a quelle del giorno prima. Un irriducibile? Ci piacerebbe crederlo, se non fosse come rileva l'agenzia «France Presse» - un intimo di Jacques Chirac. Il quale sospetterebbe che Jospin gli aizzi contro il Guardasigilli Elisabeth Guigou per detronizzarlo. Giorni bui. Tra rancori, appelli, minacce... la finora pressoché serena coesistenza Chirac-Jospin navi¬ ga ormai in acque perigliose. Le manovre sotterranee impazzano, e la Francia s'interroga su una classe politica dai costumi fin troppo disinvolti. Ma c'è chi ride. Jean Tibéri, il sindaco, e la moglie Xavière. Dopo le 8 ore di fermo, lunedì, sembrava perduta. Ma Chirac la bacia a sorpresa in pubblico, inaugurando con Mubarak un expo egiziano. Quanto a Jean, trova grazia in extremis presso l'Eliseo. Il rivale interno che ne brigava la poltrona, Jacques Toubon, dovrà rinunciarvi. La direzione gollista gli ordina l'obbedienza pena scomunica. Al primo cittadino, cui s'interessa una Giustizia erniosa intrigata dai suoi legami con Chirac, non mancherà occasione per restituirgli il favore. Enrico Benedetto

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