Ulster, sulle due sponde dell'odio di Fabio Galvano

Ulster, sulle due sponde dell'odio REPORTAGE A Portadown, roccaforte unionista, e a Moy, baluardo cattolico, in guerra da trent'anni Ulster, sulle due sponde dell'odio Domani si vota sulla pace IL FUTURO PELI/IRLANDA PORTADOWN DAL NOSTRO INVIATO Basta guardare i muri delle case e le vetrine dei negozi per capire che in questa roccaforte dell'unionismo protestante rischia davvero di trionfare, nel referendum con cui le due Irlande decideranno domani se accettare l'accordo di pace di Venerdì Santo, il «no» di chi ha paura del futuro più che del sanguinoso passato. Striscioni, manifesti, scritte: in questa cittadina del Nord Irlanda, così anonima da poter quasi passare per provincia inglese, tutto inneggia a uno sgarro per Tony Blair e per i «traditori» unionisti - il loro leader David Trimble, per esempio - accusati di essere venuti a patti con quel «demonio» repubblicano di Gerry Adams e con i suoi «complici» dell'Ira. Il partito del sì deve vedersela con una tradizione ben radicata: questa è la città, non dimentichiamolo, di Billy Wright, il temutissimo capo paramilitare della Ulster Volunteer Force ucciso nei giorni di Natale nel carcere di Maze, primo in una raffica di morte, fra ritorsioni e vendette; la città da cui negli anni di sangue partivano le spedizioni punitive - 11 miglia di bucolica pace fra pascoli verdi e boschi incantati - verso la cattolica Moy; la città dove ogni anno l'odio settario trasforma nell'infame «battaglia di Drumcree» le parate dei protestanti che celebrano tre secoli di dominio con una marcia vista dai cattolici come inaccettabile provocazione. «Voteremo no», dice il più giovane di due poliziotti che perlustrano - giubbotto antiproiettile di rigore - l'ipermercato americanamente ribattezzato «High Street Mail». Sono della Royal Ul- ster Constabulary, la forza che i cattolici odiano e vorrebbero vedere sbandata, destinata secondo il piano di pace a vaste riforme. Dicono no, i due agenti, perché secondo loro (da violenza non è finita». Anzi, sostengono, «è quotidiana, perché la gente non si fida»: comincia con i ragazzini che tirano i sassi agli school bus dell'altra parrocchia. Portadown non è pronta a dimenticare; e 0 poliziotto più anziano - baffi biondi, volto rubizzo, mole da lottatore - si copre il numero di matricola. «Niente nomi», insiste il più giovane. A Portadown non molto è cambiato; e anche il direttore dell'ipermercato si sente vulnerabile: «La prego, non parli con il pubblico: noi serviamo cattolici e protestanti, non voghamo grane». Il solco è profondo. L'ultimo sondaggio, pubblicato ieri dall'«Irish Independent», dice che soltanto il 50% dei nordirlandesi voterà sì, contro il 23% di no e il 24% di incerti. Fra i protestanti, i più spaccati, solo il 34% è per il sì, il 32% è per il no, mentre il 31% tiene ancora le carte coperte. E' una frattura che Trimble forse non si aspettava e in cui i campioni del no - in prima fila il reverendo Ian Paisley - sguazzano con evidente compiacimento. Ecco perché Trimble, la cui leadership sarà messa in dubbio da un sì sotto quota 70%, ha giocato martedì sera la sua ultima carta: un concerto rock con gli U2, per dimostrare che i giovani - cattolici e protestanti - non hanno problemi; e che nel nuovo Ulster quei giovani - i «figli» cui si riferiscono anche Clinton e Blair nei loro appelli per il sì - possono ormai muoversi in sicurezza. E' stato un colossale successo. In 2500, tutti gratis, sono impazziti per Bono - venuto da Sud del confine e per l'occasione senza quel suo grande successo che fu «Bloody Sunday», la domenica di sangue - e per un complesso di metallari locali, gli Ash. Nelle strutture modernissime della Waterfront Hall, uno dei monumenti al risveglio economico di Belfast, Bono ha esordito con un significativo «Don't Let Me Down»: maglietta e berretto neri d'ordinanza, anelli d'oro alle orecchie, ha insitito con «Give Peace a Chance» (John Lennon) e con «Stand By Me». Trascinatore di folle, sotto una granae scritta che proclamava «Yes» e invitava («Fatevi la vostra Storia») a una svolta anche fra i giovani, ha portato sul palcoscenico Trimble e il leader dei moderati cattolici John Hume, per la prima volta in una plateale stretta di mano che davvero segna una svolta nella storia della tormentata provincia. «Due uomini - ha detto Bono - che hanno fatto un grande salto di fede fra passato e futuro». La tribù dei ragazzi ha risposto con entusiasmo. E' la tribù degli uomini, semmai, a fare resistenza. «Come possiamo dimenticare? Venivano qui, con la collusione della polizia, e uccidevano». A Moy c'è chi non dimentica le spedizioni dei protestanti di Portadown. Nella piazza centrale di questo sonnacchioso paesotto cattolico di duemila anime, creato nel 1764 da Lord Charlemont a immagine (ma molti dicono che non è vero) di Bosco Marengo, l'antiquario che commercia con l'Italia ma che vive grazie al pub adiacente, il Tomney's Bar, ricorda cho Moy è forse il paese del Nord Irlanda con la più alta densità di morti: 40 su 2 mila. Mi indica, lì accanto, la macelleria McKearney. E' un nome tragico. Sean McKearney fu il primo a morire, a 18 anni, identificato solo per le impronte digitali dopo l'esplosione di una bomba con cui voleva far saltare un distributore di benzina. Poi toccò a suo fratello Padraig, falciato con sette compagni dell'Ira durante l'attacco a una stazione di polizia di Lcughgall. Poi un terzo fratello, Kevin: con lo zio John abbattuto subito dopo Capodanno - prima vittima del 1992 - proprio in questa piccola e linda macelleria di campagna dove non si può entrare senza un brivido e ùove chiedo di Tommy McKearney, quarto e ultimo dei fratelli, l'unico so¬ pravvissuto. Oggi Tommy ha 45 anni, è stato 16 anni in galera per l'uccisione nel 1977 di un poliziotto a riposo, si adopera per la riabilitazione degli ex carcerati. Voterà no, dice, perché «una cattiva pace potrebbe significare un'altra esplosione di violenza fra cinque anni». Le ferite, dice, sono ancora aperte. Lo sa anche padre Sean Larkin. E' il parroco di St. John Baptist, la moderna chiesa cattolica - cemento a vista, erbetta curata - al cuore della violenza di Drumcree. «I cattolici voteranno sì - mi dice - ma nulla cancella la tensione di fondo, la ferita purulenta, il veleno che scorre nel sistema. Sì, la maggioranza vuole la pace; ma questa, per una lite tra vicini, dura da troppo». Lungo la Garvaghy Road, imbandierata con il tricolore irlandese appeso ai lampioni, si respira aria da avamposto in territorio nemico. La pace è lontana, il referendum solo un rito d'obbligo. Fabio Galvano A Belfast il concerto degli U2 trascina verso il sì i ragazzi ma non gli adulti A rischio soprattutto il voto protestante 34% per il sì, 32% per il no, 31% gli incerti Il cantante Bono degli U2 tra il leader dei moderati cattolici John Hume (a sinistra) e il leader degli unionisti David Trimble Sotto la lettera di Clinton con l'appello per il si al referendum