UN SISTEMA DA CAMBIARE di Alessandro Galante Garrone

UN SISTEMA DA CAMBIARE DALLA PRIMA PAGINA UN SISTEMA DA CAMBIARE un fato ineluttabile e immodificabile, vi si accomoda e vi si acqueta. E' prevedibile, purtroppo, che anche domani la musica non cambierà. Ancora una volta, nel rapido succedersi degli ultimi incresciosi episodi, ci si atterrà alla massima del quieta non movere. A ben considerare i ripetuti schiaffi in faccia allo Stato di diritto, di questi ultimi tempi, ci si avvede che anzi i fatti che deploriamo con amara indignazione ci confermano questa tendenza tipicamente italiana del nostro processo penale, dall'inizio all'epilogo: una complessità di momenti e di fasi successive che alla fine si conclude con una fredda precipitosa e malcoordinata, che spesso - come nei casi di cui ci stiamo occupando - si conclude con un fallimento dello scopo stesso, al quale il processo tende: l'effettiva punizione del colpevole. Lo stesso principio, giustamente enunciato dalla nostra Costituzione, della presunzione d'innocenza dell'imputato, finisce per essere, più o meno, spesso insidiato e minacciato dalla complessità e dagli interminabili grovigli dell'iter processuale, con gravi e deleterie ripercussioni sull'esito finale. Di fronte a questi incontestabili inconve nienti, ci pare imporsi la necessità di una riforma, che non si ri duca a qualche provvisorio e in teressato rappezzo. Nel caso Cuntrera, ha ragio ne Folena di dire che, in concreto, la presunzione di non colpe volezza era fortemente attenua ta dalla doppia sentenza di condanna. Casi frequenti come questo ci convincono sempre di più della necessità di rivedere un principio come quello oggi vi gente. Non sarà semplice modi ficarlo, ma ci pare anche questa una via ormai suggerita dall'esperienza di tanti decenni. In ogni caso lo stesso Folena sostiene che, anche alla luce delle nor me in vigore, la fuga di Cuntrera era facilmente evitabile. In cir¬ costanze come questa, tanto più era necessario adottare tempestivamente le misure più acconce a tale scopo. Almeno questo è il forte dubbio che ci assale in proposito. Più che in qualsiasi altra circostanza, era in gioco non la libertà dell'individuo ma la serietà del procedere, la necessità - morale prima ancora che giuridica - di non ridurre la giustizia a una incivile e quasi macabra burletta, a chiudere gli occhi e voltarsi dall'altra parte. Certo, come qualcuno ha detto ieri autorevolmente, le difficoltà da affrontare nel caso di cui stiamo parlando non erano poche né lievi. Ma ciò avrebbe dovuto imporre - a nostro modesto parere - una ben maggiore oculatezza. E giustamente ha detto /'/ manifesto, era assurdo parlare di «casualità». Molte altre domande si pongono. Le figure degli imputati - un Licio Gelli, o un boss mondiale del narcotraffico - non avrebbero dovuto imporre ben altra cautela preventiva? Tanto più forte è la nostra indignazione, se pensiamo che era stato proprio Giovanni Falcone a chiedere l'estradizione di Cuntrera, tre giorni prima della strage di Capaci; e che la durissima lotta contro la mafia ancora oggi si conduce, da varie parti, con straordinaria energia. Il mio pensiero oggi va, come sempre, a un amico ancora impegnato nella repressione del pur sempre tenace potere mafioso: Gian Carlo Caselli. Sì, ammettiamolo con franchezza, e ripetiamo quel che nelle ultime ore è stato detto: «Lo Stato fa acqua, scomparso Cuntrera». Ma questa è una ragione di più, per non desistere. Alessandro Galante Garrone

Persone citate: Casi, Cuntrera, Folena, Gian Carlo Caselli, Giovanni Falcone, Licio Gelli

Luoghi citati: Capaci