E Agatino regalò un biglietto

E Agatino regalò un biglietto E Agatino regalò un biglietto Ha trovato uno come lui, povero ma pazzo per laJuve IL BAGARINO TIFOSISSIMO TAMSTERDAM UTTO cominciò quando Agatino venne da Gela, Sicilia. Era il 1978, nella Juve giocava Bonimba, giocava Benetti. Agatino faceva braccialetti attorcigliati di tanti colori e li vendeva agli italiani che si facevano le canne in piazza Dams al Paradiso. Anche lui si fumava. Lo chiamavano Anastasi. Era l'unico frichettone di Amsterdam che parlasse solo di calcio. Quando telefonava a casa, la prima cosa che chiedeva era che cosa aveva fatto la Juve. «Ha vinto 3 a 2 a Milano, stava perdendo». Se lo ricorda bene, perché gli venne quasi un colpo al cuore, come se avesse visto la partita dal vivo. Sua mamma lo sapeva e si preparava: gli leggeva il tabellino dei marcatori. Gli anni che sono passati gli hanno portato qualche capello bianco e una pancia rotonda che accorcia la maglietta sopra la cintura. Gli hanno portato via anche una moglie olandese, Rebecca, che ha preferito tornarsene a casa con i due figli. Ma gli hanno lasciato tutto quello che si può sapere sulla Juve, tutti i gol segnati, tutte le campagne acquisti, tutti i nomi delle riserve, da Osti a Pioli a Tavola, fino a Fusi, persino la carriera di Cuccureddu come allenatore della Primavera, e persino la formazione della Juve che vinse il torneo di Viareggio, con Del Piero, Binotto, Del Canto e chissà quanti altri nomi che non conosciamo. Però, Agatino vende sempre qualcosa per continuare a vivere. E oggi vende i biglietti della Juve. «Ho piazzato tre curve a 700 mila lire», dice. Ma uno l'ha regalato: perché ha trovato uno come lui, uno che non aveva nient'altro da chiedere a un amico se non che pensa della Juve, uno come lui, che sapeva anche che Marocchino aveva segnato un gol all'89' con il Perugia, che si ricordava di Vignola, di Brady, di Bruno, di quella volta che fischiarono Galia, di Anastasi che segnò tre gol in 5 minuti, con la Lazio, lo sapevi? «A me mi chiamavano Anastasi», ha risposto Agatino. Alla fine, gli ha chiesto solo come si chiamava lui. Gli ha detto che il suo nome era Filippo, che veniva da Ascoli. Filippo non era l'unico tifoso arrivato fin quassù senza un biglietto. Noi ne abbiamo trovati quattro da Arezzo, e tre di loro erano appena riusciti a comprarlo davanti allo stadio. Poi altri quattro da Forlì: uno solo, Alberto, aveva tutta la combinazione Francorosso. Gli altri tre erano senza e avevano già rifiutato di comprarlo a 400 mila: «L'anno scorso ce l'abbiamo fatta a 250 mila, a Monaco». Agatino non si preoccupa. «Verranno, verranno. Certo, se vado in rosso, mi dispiace ma li vendo anche agli spagnoli». Adesso Amsterdam è una città così, con nugoli di gente che gira per le vie come se fosse a una partita di calcio. Anche gli spacciatori neri del quartiere a luci rosse hanno la maglia della Juve addosso. Nella Dudezijds Voorburg Wal, fanno segno di soffiarsi il naso: «Vuoi coca?». Anche Randam Karim, 24 anni, di Algeri, ha una maglia bianconera. Alla partita non ci andrà. Ma ha puntato 100 fiorini sulla Juventus: «La danno due a uno», dice. E pure Agatino alla partita non ci andrà. Il senso della vita non è molto diverso da quello di una partita. Farà come sempre. Chiederà com'è andata e si fisserà nella memoria le emozioni e i gol. In fondo, il bello di una partita sta tutto nell'attesa. A Filippo gli ha messo il biglietto in mano e gli ha chiesto: «Chi fu il migliore con il Porto?». Gli ha risposto senza pensarci: «Boniek». E' tuo, gli ha detto. Glielo chiederà a lui com'è andata. Gli risponderà meglio di come faceva sua mamma. Pierangelo Sapegno I tifosi del Real (che fanno festa all'aeroporto prima della partenza per Amsterdam) sono convinti che la loro squadra tornerà a Madrid con la Coppa che insegue da 32 anni: gli spagnoli hanno sfiorato il successo nel 1981, ma furono battuti dal Liverpool; solo Panucci e Seedorf hanno già vinto la Champions League [ansa]