Quindici agli Usa «Soccorreteci voi»

Quindici agli Usa «Soccorreteci voi» Gli abitanti: «Da Roma soltanto illusioni» Quindici agli Usa «Soccorreteci voi» QUINDICI (Avellino) DAL NOSTRO INVIATO Ecco il paese dove la gente dorme con un occhio solo, la valigia accanto al letto e un orecchio sempre teso per sentire il brontolio della montagna seguito dall'urlo lacerante della sirena. Ecco Quindici, la «zona rossa». Secondo i geologi, ora come ora un'altra colata di fango potrebbe portarsela via tutta intera in una manciata di secondi. I suoi abitanti, a cominciare dal sindaco Antonio Siniscalchi, hanno l'animo diviso fra rabbia e incredulità. '.(Se davvero la situazione è così grave, perché ci permettono di continuare a vivere qui?», si chiedono. «L'evacuazione scatterà solo se le piogge supereranno la soglia dei sessanta nullimetri», ripetono da giorni gli uomini della Protezione civile, ma è difficile far capire a un padre e a una madre che i loro figli d'ora in poi dovranno «imparare a convivere con il pericolo». Non vuole sentirne parlare nemmeno il sindaco, che ha deciso di cancellare dal suo vocabolario le parole «governo» e «Stato». «Spiacente, ma io non credo più alle chiacchiere», dice, e per sottolineare che fa sul serio ieri mattina ha bussato alla porta del console statunitense a Napoli. «Siccome non mi fido degli italiani ho chiesto che la montagna sia analizzata dagli esperti americani: sono convinto che loro sapranno trovare le soluzioni definitive. Il console ha detto che mi darà una risposta dopo che avrà parlato con Washington». La montagna, per la gente di Quindici, e come una madre snaturata che ha abbandonato i figli: fino a due settimane fa sfamava i'intero paese con i suoi nocelleti, poi si è trasformata in un'assassina. «Per noi è vitale l'opera di consolidamento del fronte che può ancora franare - ripete il sindaco -, ma su questo punto nessuno ci offre garanzie. Non possono venire qui e dirci: il paese è zona rossa, punto e basta. Dove sono le soluzioni, dove ci porteranno in caso di sgombero, che cosa hanno intenzione di fare in futuro per Quindici? Perché a Roma non è stato ancora firmato il decreto sullo stato di calamità per le zone alluvionate? Scrivete pure che, fino a quando non avremo risposte certe a queste domande, sarà meglio che nessun uomo di governo metta piede da queste parti. E per risposte intendo fatti concreti. Mi è stato chiesto perché non ho incontrato il ministro della Sanità che è venuto a visitare i paesi disastrati: per quanto mi riguarda, Rosy Bindi ha fatto bene a rimanere a Sarno e a non venire qui. Mi hanno detto che farà avere «I nostri mogiustizia nonI vivi prete rti chiedono onorificenze ndono fatti» una medaglia alle vedove dei medici morti nell'ospedale di Episcopio. Ma i morti chiedono giustizia, non onorificenze». La paura del presente e l'incertezza del domani incombono sul paese, non sono meno minacciose della montagna. «Non possiamo nemmeno vivere alla giornata perché le ore, qui, sono scandite dal rombo delle pale meccaniche, dal fetore delle fogne scoppiate e dal fango che ha invaso le nostre case», dice Antonio Franconieri, uno dei superstiti della sciagura del 5 maggio. «Se davvero ci troviamo in una zona ad alto rischio, perchè non ci dicono di sloggiare? chiede Anacleto Ferrentino, rappresentante di commercio e collaboratore del sindaco -. Saremmo anche disposti ad andarcene temporaneamente se il governo ci offrisse la possibilità di trovarci un'altra sistemazione e assicurasse la ricostruzione di Quindici. Ma le soluzioni comportano spese, e io comincio a sospettare che, agli occhi di Roma, Quindici non vale un investimento così massiccio». E' sera, quando la folla si raduna davanti a un deposito abbandonato a pochi passi dal cimitero. Comincia un'assemblea, con il sindaco che lancia le sue invettive contro il governo e il responsabile della Protezione civile, Marco AgnoIoni, che tenta di ragionare con la gente di Quindici. «Dateci fiducia, non sarete fregati - grida -. Lo Stato vuole dimostrarvi che non avete meno diritti degli abitanti del Piemonte alluvionato o dell'Umbria terremotata». La montagna? «Realizzeremo tutte le opere di sistemazione, ma occorre del tempo. La Regione avrà i fondi necessari». Ma la folla ha paura e pretende certezze. «Quanto tempo? - ripete come in un ritornello -. Dove ci porterete se comincerà a piovere? Che fine faremo quando in autunno verrà il maltempo? E come faremo a riprendere le nostre attività?». Qualcuno, in strada, srotola uno striscione con su scritto: «Dove dormo stanotte?». «Fiumi di fango, cascate di parole», grida un ragazzo. Viene da Casa Manzi, una frazione cancellata quasi per intero dalla melma colata giù dai fianchi della montagna. La disperazione, fra quelle case diroccate, ha il viso stravolto di Umberto Ruggiero, un omone che se ne sta da giorni seduto tutto solo su un cumulo di macerie. Due giorni fa i vigili del fuoco hanno recuperato dal fango la salma mutilata della madre, ma lui dice che non se ne andrà fino a quando il corpo non verrà ricomposto. Fulvio Milane «I nostri morti chiedono giustizia non onorificenze I vivi pretendono fatti»

Persone citate: Anacleto Ferrentino, Antonio Franconieri, Antonio Siniscalchi, Fulvio Milane, Rosy Bindi, Umberto Ruggiero

Luoghi citati: Avellino, Casa Manzi, Napoli, Piemonte, Roma, Sarno, Umbria, Washington