«Non ho dubbi, è il killer di Gucci»

«Non ho dubbi, è il killer di Gucci» «E' l'uomo che stanno processando, anche il mio identikit conferma la mia tesi» «Non ho dubbi, è il killer di Gucci» // portiere: non dimenticherò la sua faccia INTERVISTA LA CONFERMA DEL SUPERTESTE AMILANO DESSO che l'ho visto bene in faccia, non ho dubbi», assicura Giuseppe Onorato, il portiere dello stabile di via Palestro 20, dove venne ammazzato Maurizio Gucci. «No, non ho alcun dubbio», ripete mentre guarda davanti a sé, dentro la gabbia della corte d'assise, dove circondato dai carabinieri sta a braccia conserte Benedetto Ceraulo, l'uomo accusato di avere ammazzato Gucci e di avere sparato anche al portiere. Allora è proprio sicuro, signor Onorato? «L'ho guardato bene. E' anche troppo somigliante all'identikit che avevo fatto quel mattino, dopo che mi avevano sparato due colpi di pistola». La sua è un'accusa molto importante... <(Alt! lo non accuso nessuno, non tocca a me accusare». Beh, però lo ha riconosciuto. L'avranno messa a confronto... «(Assolutamente no. Io ero stato chiamato solo molto prima del suo arresto, prima ancora che si sapesse chi era coinvolto nell'omicidio. Mi avevano chiamato i carabinieri, dovevo guardare delle persone die- tro a un vetro senza che loro potessero vedermi. Ma nessuno di loro assomigliava nemmeno lontanamente all'uomo che avevo visto quel giorno a meno di un metro, mentre mi puntava contro la pistola. "Tra loro non c'è", avevo detto ai carabinieri». E se le chiedessero adesso, di fare un riconoscimento ufficiale? Magari qui in aula, al processo? «Io non me la sento di accusare qualcuno. E poi non ho avuto la fulminazione di dire che è sicuramente lui. Ho dovuto guardarlo be¬ ne anche se a distanza, io qui, lui là dall'aula... Ho dovuto osservare i suoi gesti, la faccia, tutto ho guardato». Mentre quel giorno? «Quel giorno l'ho visto due volte. La prima, al mattino presto. Gironzolava davanti al portone, forse avrà guardato dentro per organizzare il piano. Poi l'ho rivisto quando si è messo a sparare al signor Gucci». E poi a lei. «Mi ricordo che era dietro al signor Gucci che era appena entrato. Lo vedo come se fosse adesso: non di- ce una parola, tende il braccio, in mano ha una pistola, spara tre volte. Non ho tempo nemmeno di fiatare che è già a un metro davanti a me. Sempre in silenzio fa la stessa scena, io alzo il braccio per ripararmi, un miracolo, un miracolo... Deve essere che c'è un angelo che pensa a me». Lei viene colpito al braccio sinistro e alla spalla. Giusto? «Verissimo. Mi ha preso qui e qui, nel braccio il proiettile è uscito subito, più in alto è rimasto incastrato nell'osso». Scusi la banalità, ma in quel momento cosa ha pensato? «Quando ho capito che non sarei morto, mi è venuta una specie di euforia. Poi mi sono dovuto sedere, non riuscivo più a muovere il braccio. Sono arrivati i carabinieri, le ambulanze e un sacco di persone. Io sono finito in ospedale, subito dopo sono stato interrogato per la prima volta. Ed è lì, che mi hanno chiesto di fare l'identikit». E il signor Gucci? «Lui è rimasto lì, steso a terra. E' una scena che mi viene sempre in mente. Povero signor Gucci...». La signora Gucci, si è mai fatta vedere, in via Palestro? «La signora Patrizia Reggiani Martinelli mai. In nove anni che sto lì al 20 di via Palestro, non l'ho mai vista. Vedevo 1J1VGCG mpre il signor Gucci, spesso era insieme alla signora Paola Franchi (l'ultima compagna di Gucci, ndr). Li guardavo e li invidiavo, belli, con i soldi... E guarda lui che fine ha fatto». Per quei due colpi di pistola, per il risarcimento, lei si è costituito parte civile. «Sì. Non è tanto per il braccio, anche se adesso, a distanza di tre anni, non è più come prima. E' per la testa, per quella scena che non riuscirò più a dimenticare. Sarà durata meno di un minuto, ma non capita tutti i giorni di farsi sparare addosso e poterlo raccontare». E' già stato risarcito, almeno in parte? «Solo dall'Inail, per l'invalidità al braccio. Mi danno413 mila 336 lire al mese». Però lei continua a fare il portiere. Vero? «Io sono sempre lì, in via Palestro al 20. Da nove anni, tutti i giorni tolti quelli che ho passato in ospedale». Non ha pensato, di farsi trasferire? «Sì, ci avevo pensato, ma dove vuole che mi mandino?». Avrà avuto paura, a tornare nella sua portineria... «Tanta, tantissima paura. Anche adesso, basta che entri uno sconosciuto, sa lì ci sono tanti uffici. I primi tempi mi nascondevo, avevo paura di tutti. Mi bastava vedere una faccia nuova, per farmi tornare alla mente quella mattina di maggio di tre anni fa, quando hanno ammazzato il signor Gucci e poi mi hanno sparato». Fabio Potetti Patrizia Reggiani, in cella per la morte di Maurizio Gucci A sinistra la Maga Auriemma. Sopra il pm Nocerino