Non so se faremo le riforme

Non so se faremo le riforme Non so se faremo le riforme Fini: Silvio si è circondato di democristiani RETROSCENA IL LEADER IN SICILIA PENNA ENSO che alla fine la cosa più probabile in queste elezioni è che tutto rimanga com'è. Le sorprese, se dovessero esserci, potrebbero premiare il Polo. Parlo di Matera, di Lecce. Comunque, un risultato senza rivoluzioni potrebbe essere quello più favorevole per andare avanti con le riforme...». In un bar di E una, sorseggiando un caffè in una delle tante pause di quel tour de force che lo sta portando in pochi giorni da una parte all'altra della Sicilia, Gianfranco Fini tenta di prevedere il risultato delle elezioni di domenica prossima. Anche se il presidente di An parla poco di Bicamerale nei comizi, l'argomento è in cima ai suoi pensieri. Alla gente, infatti, Fini preferisce dire quel che pensa del capo di un governo che in una decina di giorni ha assistito inerme alle fughe di Gelli, del boss Cuntrera e di due rapitori sardi: «Prodi è sempre ilare e giocondo, ride qualunque cosa succeda». E se ha proprio bisogno di strappare applausi, Fini può tirare in ballo «il funereo ministro delle Finanze Visco». O, magari, spara sul «demagogo Di Pietro. Quello se si candida alla presidenza della Repubblica non va da nessuna parte perché gli italiani sono un popolo con la testa sulle spalle. Di Pietro non li rassicura». Fini è un animale da comizio per cui è difficile che non sappia soddisfare l'umore di una piazza. «Qui in Sicilia - racconta - mi sono preoccupato solo una volta, a Carini. Lì, per tradizione, i comizi si fanno da un balcone e quando il segretario del partito mi ha presentato dicendo: "Sapete chi ha parlato da questo balcone prima di Gianfranco?", ho pensato tra me e me: "Ci siamo, se mi va bene dice Almirante, se mi va male ricorda Lui...". Poi è saltato fuori il nome di Garibaldi. Per il sollievo ho esclamato: "Minchia!". Solo che avevo il microfono e la parola ha rimbombato per tutta la piazza». Un comizio ad Erma, un altro Caltanissetta e, a notte inoltrata, una cena elettorale in un paesano sperduto al centro della Sicilia, Serra difalco. A tavola, complice un menù che contiene più calorie di una bomba atomica (abbacchio arrosto, salsicce, cannoli siciliani, il tutto annaffiato da un rosso dell'isola), il presidente di An confessa le sue preoccupazioni sulle riforme e su altro. «Non so se ce la faremo a modificare la Costituzione. Logica vorrebbe di sì, tutti hanno interesse a farlo, ma ci sono tante varianti. L'ultima volta che ho sentito Silvio, sabato, era di umore nero. Certo che D'Alema per il gusto di una battuta, per tirarti mia rasoiata sul viso, è capace di qualsiasi cosa. Qui ogni tanto si parla di qualche asse, io non ci faccio neppure più caso. La verità, però, è una: per fare le riforme c'è bisogno di D'Alema, di Berlusconi, di Marini e del sottoscritto. Nessuno escluso». Immaginare di poter emarginare qualcuno è, quindi, solo fatica sprecata. Questo significa che tutti debbono accettare il compromesso. «Ho visto - osserva Fini - che Forza Italia ha rilanciato sul pote¬ re di scioglimento delle Camere affidato al Capo dello Stato eletto dal popolo. Non credo, però, che là si possa spuntare qualcosa. Tanto più ora che Marini ha fatto la sua parte rimbeccando Mancino per le sue critiche alla riforma uscita dalla bicamerale. Io continuo a pensare che il fatto importante è l'elezione diretta del presidente. I poteri contano meno. Con l'elezione diretta del capo dello Stato si assicura il bipolarismo e si rende impossibile ogni ritorno indietro. Poi la prassi farà il resto. Invece, c'è gente come Calderisi che guarda ogni cosa con il microscopio e perde la visione d'insieme. Calderisi farebbe l'amore con un emendamento nudo. La verità è che Silvio si è cir¬ condato di post-dc come La Loggia, Pisanu, e Baget Bozzo, che è gente prudente. Ma in bicamerale ha mandato solo radicali come Calderisi e Pera. Se perseguono una logica minoritaria? Appunto. Ferrara? Preferisco l'ultimo Ferrara, non quello di prima, che puntava sempre al muro contro muro. Mi piace il Ferrara che dà a Martelli del prodo-veltroniano: già, che altro si può dire di una prostituta che vuole passare per vergine?». Sulla strada delle riforme c'è, soprattutto, il problema dell'intesa sulla giustizia. Fini non se lo nasconde. «Questo - ripete Fini sulle piazze siciliane - è un punto importante. La verità è che alcuni magistrati non possono dare l'impressione, e a volte anche le prove, che invece di perseguire l'accertamento della verità, perseguono un obiettivo politico. Ci sarà un motivo per cui non si parla di toghe tricolori, ma solo di toghe rosse. La politicizzazione di alcuni magistrati è tutta in una direzione...». Ma se in fondo Fini capisce le ragioni di Berlusconi, anche su questo argomento, da realista, consiglia la logica del compromesso: «Non so se si riuscirà a eleggere il nuovo Csm con una nuova legge elettorale, ma il mio vicesegretario, Mantovano, che si occupa di questi problemi, mi ha detto che con la vecchia legge il prossimo Csm sarà composto soprattutto da Pm. Per fare qualche proporzione, su 15 membri 10 potrebbero essere pm...». Sono cifre che Fini lascia alla riflessione di Berlusconi. E il Cavaliere, secondo lui, dovrebbe meditare anche su un altro dato: di fatto la vecchia Costituzione, quella del '48, tirata da una parte e dall'altra già non esiste più, e questa assenza di regole ha finito per penalizzare solo il Polo, guardato con sospetto fin dalla sua nascita dall'establisliment del Paese: «La verità è questa». Ecco perché lì, in quel paese sperduto della Sicilia, il presidente di An consiglia prudenza. «La strada è difficile. L'esame del Senato, ad esempio, sarà difficilissimo. Mancino non ci aiuterà. E questo per ragioni diverse. Se le riforme andranno avanti, infatti, è molto probabile che alla scadenza del settennato Scalfaro avrà una proroga. E' ovvio che gli altri candidati comincino a fare rumore». Eh già, sulle riforme Fini spera che in Berlusconi prevalga il buonsenso. Quel buonsenso che potrebbe far raggiungere al Cavaliere un traguardo importante in Europa: «Se Forza Italia riesce ad entrare nel Ppe, per Prodi e il Ppi sono guai grossi. Sono loro che andranno in contraddizione con l'Europa, non Berlusconi. A noi va benissino. Anzi, stiamo facendo la nostra parte. Abbiamo cominciato ad avere contatti con i gollisti, il problema è che ora loro hanno il chiodo fisso di Le Pen, pensano solo a quello. Quel bel trio Le Pen, Bossi, Zirinowski. Tutta gente da tenere distante...». Augusto Minzolini li alla buona he tira non è I dipiestristi ana fa sosteme erano solo qualche gior capo sotiene ioni sono dia. Prendendo a affermazioderandola un aganda, non quilli ugual disposizione di due mesi CENA Gianfranco Fini leader di An prima e desiderosi di non ricevere una seconda sfuriata, questa volta gli organizzatori hanno abbondato. Ci sono ben quattro banchetti. Peccato che i potenziali firmatari siano pochissimi. Si è ecceduto an- leader deve tennel cinema lì di za sono stati sschermi tv che ai tifosi del sentare il suo discotroppo affollatadi un'eventualiginata, che non zi, appena arrivl'inizio, c'è pocil cinema, che psi riempie, nonoceanica, comvero che in galR A NFinpotrebbe essere vole per andare me...». In un bar ndo un caffè in use di quel tour portando in poA Gianfranco Fini leader di An