La fabbrica dei latitanti di Giovanni Bianconi

La fabbrica dei latitanti La fabbrica dei latitanti Una beffa nata fra cavilli ed errori DALLA PRIMA PAGINA TROMA UTTO sarà andato come previsto dalla legge, tutti avranno le spalle coperte da firme e timbri, ma intanto il capo della P2, il boss mafioso e i banditi sardi, anziché in galera stanno chissà dove. Eppure gli addetti ai lavori conoscevano ben prima della fuga di Gelli la realtà di una Corte di Cassazione «fabbrica di latitanti», che attraverso una miscela di leggi, cavilli e prassi lascia tutto il tempo di scappare a chi non vuole andare in carcere. A volte sotto gli occhi impotenti degli investigatori. 1 Dopò l'ultima beffa' il sottosegretario alla Giustizia Ayala commenta: «C'è una falla», che va colmata sul piano legislativo. La discussipne sulle Worme "di' questo sisteinà, da ieri, è ufficialmente aperta. Bisogna trovare soluzioni non facili, risposte da dare senza ipocrisie: quale giudice avrebbe autorizzato delle intercettazioni telefoniche o ambientali in casa Gelli, per scoprire preventivamente i piani di fuga dell'ex-Venerabile? E chi deciderà mai che gli imputati (anche solo quelli accusati di reati particolarmente gravi) devono essere pedinati quando escono dal carcere? La vicenda di Pasquale Cuntrera è un classico esempio di come funzionano (o non iv-"'mano) leggi e burocrazia. Per la v, eliaca, tutto comincia ai primi di maggio, quando la sesta sezione della Corte di Cassazione è chiamata a discutere un ricorso degli avvocati difensori del boss. Sostengono, i legali, che il «congelamento dei termini» di custodia cautelare adottato nei confronti del loro assistito è illegittimo, e dunque quei termini sono già scaduti. Con la conseguenza che, in attesa della sentenza di condanna definitiva, il loro assistito dev'essere scarcerato. I giudici si riuniscono e decidono che hanno ragione i difensori: Cuntrera va rimesso in libertà. E' il 5 maggio. La discussione di merito sulla condanna è fissata pochi giorni p.à tardi, il 21, ma non importa: Cuntrera dev'essere scarcerato, anche se due settimane dopo dovesse rientrare in cella. Passa un giorno, e il 6 maggio il pg della Cassazione ordina l'immediata scarcerazione dell'imputato, comunicando la decisione al carcere di Parma, dove il boss è detenuto, e «per conoscenza» alla procura generale di Palermo. Prima di sera il boss di Siculiana passa all'ufficio matricola, ritira i suoi effetti personali e varca il portone del penitenziario. E' un uomo libero in attesa di giudizio definitivo. E' anche un presunto trafficante di droga ancora in attività, ma questo non cam¬ bia i termini della questione. Forse la notizia della scarcerazione viene immessa nel computer del ministero, forse i calcoli della Cassazio"sono sbagliati e quindi Cuntrera po trebbe essere riarrestato anche prima della sentenza; fatto sta che - a quanto si diceva ieri sera negli uffici di polizia competenti - le forze dell'ordine non vengono informate dell'avvenuta scarcerazione. Forse (la notizia viene da Napoli, dove ieri si trovava il ministro dell'Interno) il 7 maggio dal carcere di Parma parte un avviso alla locale questura, inviato per posta. In ogni caso, la Procura generale di Palermo presenta una richiesta di nuovo arresto, motivandola con il pericolo di fuga dell'imputato. A ordinarlo dev'essere la terza sezione della Corte d'appello, che lo fa l'I 1 maggio. Quel giorno, all'ora di pranzo, alla questura di Roma giunge una telefonata da Palermo: «Vi stiamo mandando un ordine di carcerazione per Cuntrera Pasquale», dice un cancelliere della Corte d'appello. «Cuntrera? Ma a noi risulta in carcere», risponde il funzionario di polizia. «No, è stato scarcerato cinque giorni fa, e non appena avrete l'ordinanza dovete andare ad eseguirla nella sua residenza di Ostia». Che. Stavolta il provvedimento non viene affidato alle posta ordinaria, ma arriva via fax, in pochi minuti. I poliziotti partono alla volta del litorale romano, ma nella casa del boss il citofono suona a vuoto. Non c'è Cuntrera, non c'è nemmeno sua moglie. Il tempo di chiedere qualcosa ai vicini di casa, di sapere che ormai è quasi una settimana che quell'abitazione è vuota, e gli agenti riempiono il primo «verbale di vane ricerche». Intorno alla casa viene organizzato un appostamento, ma non si vede nessuno. La mattina del 12 c'è l'irruzione nell'appartamento, desolatamente vuoto: Cuntrera viene dichiarato ufficialmente latitante. Per colpa di chi? «Ho già chiesto notizie più dettagliate», dice il ministro della Giustizia in Parlamento. Nell'attesa, «sono in corso ricerche in Italia e all'estero» per riportare in prigione il latitante che - in ipotesi - dopodomani potrebbe essere nuovamente scarcerato dalla Cassazione, se venisse annullata la sentenza di condanna. Bisognerà rifare i conti dei giorni per valutare se il 6 maggio il boss andava davvero liberato, bisognerà controllare i compuetr per verificare chi ha saputo e quando dell'avvenuta scarcerazione. Nel frattempo, ieri mattina, dalla questura di Roma hanno telefonato per controllare se altri due Cuntrera - Paolo e Gaspare, fratelli di Pasquale, liberati a febbraio per un cavillo e riarrestati 24 ore dopo fossero ancora in galera. Notizia rassicurante: c'erano. Giovanni Bianconi Mai resa nota la notizia della scarcerazione Sott'accusa anche il calcolo dei giorni Il boss della droga Pasquale Cuntrera,. Éj3 anni: pur su una sedia a rotelle, si è reso irreperibile dopo una provvisoria scarcerazione

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