«In prigione, subito» di Flavia Amabile

«In prigione, subito» «In prigione, subito» Paladini il vizio è nella Costituzione GROMA ELLI, Cuntrera, e una lunga Usta di nomi diventati uccel di bosco: secondo l'ex presidente della Corte Costituzionale Livio Paladin non ci sono facili rimedi alle fughe di chi dovrebbe andare in cella. L'Italia è condannata a convivere ancora a lungo con quest'emorragia. Perché? «Se vogliamo trovare un vizio di, carattere ordinamentale , nella questione, questo è nella Costituzione stessa che pone tre gfadi di giudizio prima che la senter|èa diventi definitiva e, dunque, sia eseguita. In altri ordinamenti, invece, dopo il primo grado la sentenza viene applicata: in questo modo si evitano rischi di fughe». Secondo lei è la strada da seguire anche in Italia? «Sì, ovviamente tenendo presente che ogni sistema ha i propri inconvenienti. Accelerando la pena, si corre il rischio di farla scontare anche a chi poi viene proclamato innocente. Ma allora bisognerebbe porsi lo stesso problema in merito alla carcerazione preventiva e escluderla sempre. Dunque si tratta di un inconveniente che è, in parte, già presente nell'ordinamento italiano». Non si può intervenire in maniera diversa? Ad esempio, come nel caso del brigatista Germano Maccari, invocando il pericolo di fuga e disponendo la carcerazione preventiva? «Certo, questo è previsto dal codice di procedura penale, ma dopo un certo periodo di tempo, ci si trova davanti a un ostacolo costituzionale insormontabile: i termini posti alla carcerazione preventiva che non possono essere derogati. Superati questi limiti, la persona va rimessa in libertà. E' il caso del boss Cuntrera. Ma è una situazione di fronte alla quale è difficile trovare rimedi per evitare la scarcerazione e, dunque, il rischio di fuga». Nel caso di Gelli quali possono essere le soluzioni? «L'anticipo dell'esecuzione della pena, sempre che non si scappi in previsione di una sentenza d'appello o di Cassazione. In realtà la fuga è sempre possibile, a meno che non si adotti una vigilanza specifica che non è sostituibile». Nemmeno il governo può intervenire approvando una legge ordinaria? «Il governo può intervenire a livello di legge ordinaria, ma si tratta di un discorso sottile. L'intervento del governo è legato a un'interpretazione piuttosto elastica dell'articolo 27 della Costituzione che prevede la non colpevolezza fino alla condanna definitiva. Il rischio però è che il provvedimento fW^oim^to incostituzionale, e. io stesso devo dire che un dìsiibsto del governo in possibile' contrasto con l'articolo' 27'non"mÌ'dónvmcerebhe. Io resto fermo al testo costituzionale e, dunque, alla presunzione di non colpevolezza fino alla condanna'definitiva». Se questo è il problema, non si tratta di una novità: come mai se ne parla soltanto ora? Prima i possibili condannati scappavano di meno? Oppure, si tenevano nascoste le loro fughe? «Il problema è vecchissimo. Gli stessi casi di fuga, le stesse proposte di modifica della Costituzione si ponevano già subito dopo l'approvazione della Costituzione. I governi, in realtà, sono sempre molto cauti in fatto di revisioni costituzionali. Hanno sempre preferito demandare tutto al Parlamento. Fino alla fine degli Anni Settanta la revisione costituzionale era un tabù e lo è tuttora, tanto è vero che nelle riforme in discussione non^i parla della prima parte del testo costituzionale ma soltanto della seconda. Il problema delle fughe, dunque, non verrà risolto se non in tempi molto lunghi». Flavia Amabile Livio Paladin

Persone citate: Cuntrera, Gelli, Germano Maccari, Livio Paladin

Luoghi citati: Italia