Luisa, l'appassionata ribelle della Repubblica napoletana di Maria Antonietta Macciocchi

Luisa, l'appassionata ribelle della Repubblica napoletana Fra patrioti, dame e banditi, la vera storia della Sanfelice, vittima della furia borbonica Luisa, l'appassionata ribelle della Repubblica napoletana F U chiamata «Madre della patria» ma anche «Donna perduta»; fu ribattezzata «Martire involontaria» della fallita rivoluzione napoletana del 1799 ma vi fu chi bollò il suo personaggio come quello di un'eroina sciaguratamente celebre «per le sue galanterie amorose». Sicuramente Luisa Sanfelice, decapitata il 9 settembre 1800 sulla piazza del Mercato di Napoli per volontà del crudele Ferdinando IV e della sua tremenda moglie, l'austriaca Maria Carolina d'Asburgo-Lorena, fu una donna molto attraente, dai lunghi capelli neri e malinconici occhi scuri. Forse proprio a causa del suo seducente aspetto, sulla giovane figlia del nobile spagnolo Don Fedro de Molino e di Camilla Salinero si abbatté una valanga di pettegolezzi, a cui non si sottrasse nemmeno Vincenzo Cuoco, storico della fallita insurrezione antiborbonica. Neanche Benedetto Croce, di solito molto cauto nelle sue valutazioni, rinunciò ad attribuirle infiniti amanti. Eppure la giovane si distinse per il suo intervento a favore della Repubblica accanto a un'altra vittima della furia dei Borbone, Eleonora Fonseca Pimentel. Con il suo drammatico destino Luisa ispirò scrittori come Alexandre Dumas, che le dedicò un romanzone di oltre mille pagine pubblicato a puntate sull'Indipendente, e Stendhal, che si appassionò alla sua vicenda in Rome, Naples, Florence. Nonostante i riconoscimenti degli artisti, gli storici non hanno mai dato il rilievo che merita alla figura della Sanfelice. E adesso, mentre si avvicina il bicentenario della fondazione della Repubblica Partenopea, a far luce su molti aspetti della vita della Sanfelice e sul suo ruolo in quei cruciali giorni in cui Napoli fu occupata dalle truppe francesi, arriva il bel libro di Maria Antoniet- ta Macciocchi, L'amante della rivoluzione. La vera storia di Luisa Sanfelice e delia Repubblica Napoletana del 1799 (Mondadori). La giornalista e saggista, docente alla Sorbona, ex parlamentare italiana ed europea, ha raccolto sulla Sanfelice una ricca messe di splendidi documenti. Ma già negli anni passati la Macciocchi si era dedicata a un'altra grande protagonista del moto insurrezionale napoletano: in Cara Eleonora raccontava le vicissitudini della Fonseca Pimentel, teorica della politica, poetessa, fondatrice del primo giornale partenopeo, ìì Monitore Napoletano. «La rivoluzione napoletana - osserva la Macciocchi - fu "il primo seme dell'unità italiana", come giustamente ha detto Croce. Ma spesso questa rivolta contro i Borboni è stata sottovalutata». La Macciocchi ha trovato un autorevole sostegno alle sue tesi nell'opinione di Frangois Furet. In un'intervista rilasciata dallo storico alla stessa autrice poco prima della sua scomparsa, e inclusa nel volume sulla Sanfelice, Furet afferma che il 1799 napoletano rappresentò una tappa importante ma fallita di un processo di fondazione della de¬ mocrazia liberale in Italia. Per lo studioso l'analfabetismo del popolo è stato un grosso ostacolo al diffondersi delle idee repubblicane in Campania, mentre in Francia il messaggio di rivolta lanciato dagli intellettuali coinvolgeva più strati sociali. All'epoca della rivoluzione francese circa la metà della popolazione sapeva già leggere e scrivere mentre nel Sud d'Italia l'analfabetismo era quasi al cento per cento. A dare il buon esempio di disprezzo della cultura e dell'istruzione, nel regno di Napoli, ere lo stesso Ferdinando IV che, detestando le attività intellettuali, aveva fatto sparire dalla reggia tutte le penne e i calamai. Forse a contribuire alla sottovalutazione del ruolo della Sanfelice nei moti repubblicani fu proprio il fatto che, al contrario dell'amica Eleonora Fonseca Pimentel, non fu mai una donna «di lettere», non una raffinata politica, ma una donna d'azione, molto moderna, che voleva edificare un sistema politico meno iniquo. Trascorse gli anni della giovinezza in modo molto drammatico: dopo aver sposato a 17 anni il cugino Andrea Sanfelice vide il suo menage messo, seconde l'usanza del tempo, sotto il controllo dell'autorità regale. Il marito, giocatore accanito, aveva le mani bucate e sperperò rapidamente tutti gli averi. I due coniugi, per punizione e perché considerati incapaci del loro mantenimento, furono separati dai figli che vennero chiusi in orfanotrofio. La coppia finì in esilio, prima nelle proprietà della famiglia di Andrea, a Laureana nel Cilento, poi ad Agropoh. Luisa, separata dal coniuge, fu chiusa nel convento di Santa Sofia a Montecorvino Rovella. Con il rientro a Napoli, per la Sanfelice si aprono le porte della vita mondana e cominciano a venirle attribuiti una serie di spasimanti che le saranno fatali. In primo luogo ad essere colpiti dalla sua bellezza, oltre a Cuoco, furono il giovane nipote, il duca di Laureana, poi l'ambiguo Ferdinando Ferri. Determinante per la sorte di Luisa sarà Gerardo Baccher, filomonarchico, che le darà la notizia (e il salvacondotto per fuggire) del tentativo in atto di una congiura contro la Repubblica. Luisa denuncerà la cospirazione e il suo avvertimento sarà reso pubblico proprio dalla Fonseca Pimentel sul Monitore napoletano. Baccher sarà giustiziato. Ma le onorificenze e la pubblicità del ruolo avuto dalla Sanfelice, ma anche da Cuoco (che però salverà la pelle), nello sventare il complotto ai danni della Repubblica, le costeranno la vita al ritorno dei Borbone. Nessuno dei suoi tanti amanti, comunque, alzerà un dito per aiutarla. Nel suo libro la Macciocchi traccia un grande affresco dell'epoca, a cui si aggiunge il racconto delle gesta dei personaggi che contribuirono all'affossamento del tentativo napoletano, come la diabolica coppia dei reali (lui, Ferdinando IV, re imbelle e violento, e lei, la regina che impone la feroce repressione, Maria Carolina, sorella della ghigliottinata Maria Antonietta, reggente crudele dedita agli amori saffici con la splendida lady Emma Hamilton, sua «dama di letto», a sua volte amante dell' ammiraglio Nelson); come il bandito Rivelli, capo delle spie di regime, come il feroce cardinale Fabrizio Ruffo di Bagnare e l'esercito della Santa Sede che compie stupri e vendette contro i filogiacobini ma anche contro conventi e suore, rei di aver dato sostentamento ai rivoltosi. Mirella Serri A 200 anni dai moti del 1799, primo seme dell'unità italiana, l'affresco storico della Macciocchi sunna bellissima «donna d'azione» Sotto, Luisa Sanfelice ritratta da Gioacchino Toma I moti di Napoli del 1799 in un dipinto di Saverio della Gatta. Sotto, Maria Antonietta Macciocchi