CASANOVA gemo dell'Europa

CASANOVA gemo dell'Europa L'avventuriero più famoso del 700 esce dalla leggenda: a 200 anni dalla morte, saggi e scoperte rivelano la sua complessità CASANOVA gemo dell'Europa I ^11 voleva il Novecento, e Ir^il voleva il Novecento, e I ' soprattutto la fine del I Novecento, perché Giaco- I imo Casanova perdesse (in -Mi parte) la sulfurea, abbagliante aureola del seduttore, del negromante, dello scroccone, dell'amatore a tassametro, della spia internazionale, del giocatore, e diventasse ciò che in realtà fu. Oltre a quel che abbiamo elencato, l'avventuriero più amato e più pagato del Settecento fu un uomo che conquistò l'Europa, uno scrittore finissimo, un musicista, un commediografo che possedeva nettissimo il senso del teatro (un lascito di famiglia?), un intellettuale che commuoveva Voltaire fino alle lacrime recitandogli le ottave dell'Orlando furioso e si sostituiva a Lorenzo Da Ponte per fornire a Mozart alcune scene del Don Giovanni. I versi «Chi a una è fedele, verso l'altra è crudele: io che in me sento sì esteso sentimento, vo' bene a tutte quante» pare siano inequivocabilmente suoi: somigliano troppo alla sua biografia erotica e sentimentale. II Novecento ha dunque svelato la faccia nascosta di colui che Stefan Zweig definì il «poeta del¬ la propria vita». Soltanto in questo secolo (per l'esattezza nel 1993) è stata pubblicata in edizione integrale l'Histoire de ma vie, più di tremila pagine che Ca sanova scrisse nel suo francese italianizzato soprattutto a Dux, in Boemia, nel castello di cui era diventato l'intristito bibliotecario; soltanto in questi ultimi an ni si è cominciato a scavare nel l'enigmatico doppiofondo della sua vita, traendone scritti sconosciuti o di cui ci si era dimenticati. Per esempio è del mese di marzo la prima pubbbcazione italiana, sul mensile Primafila, nella traduzione di Renato Giordano, di La calunnia smaschera ta, l'unica commedia compiuta di Casanova, composta a Dux nel 1791 e lì recitata in quello stesso anno per il divertimento del con te di Waldstein, proprietario del la dimora. L'attività creativa si allargava alla traduzione e all'adattamento di opere di Racine, Crébillon Padre, Voltaire; sfiorava il «catalogo delle moralità» e l'aforisma con la fitta corrispon- denza che il seduttore al tramonto scambiava con Cecilia, la nipote del conte di Waldstein, che non volle mai incontrare, consapevole del decadimento del proprio corpo, che era stato benissimo ed efficientissimo. Da quel brogliaccio di note, conservato nell'Archivio di Stato di Praga, è emerso lo scritto che pubblichiamo qui accanto, tradotto da Furio Luccichenti e di prossima pubblicazione sulla rivista Grand tour della Canal & Stamperia Editrice. Sulla spinta del bicentenario della morte di Casanova (avvenuta il 4 giugno 1798) si sottrae dunque alla leggenda o alla narrazione coloristica un personaggio di straordinario fascino, dotato in egual misura di qualità e vizi, entrambi precocemente espressi. L'occasione commemorativa apre anche la strada a una pubblicistica di taglio scientifico, che, ispirandosi ai fatti salienti della biografia casanoviana (ma qui c'erano già stati i gustosi «ritratti» di Piero Chiara e di Luca Goldoni), approfondisce alcuni aspetti del seduttore e del gaudente. Il capitolo delle donne è di assoluto rilievo. Casanova era un amante infallibile, fantasioso e impulsivo. S'innamorava di tutte le donne che conquistava, tutte desiderava sposare (meno le monache, che pure non gli mancarono), tutte, finito l'amore, cercò di aiutare. Il gagliardo esercizio sessuale era favorito da un aspetto fuori del comune. Infatti Casanova, che a nove anni fu trasferito da Venezia a Padova perché sempre malaticcio, era alto un metro e ottantacinque; il principe di Ligne lo descrive «con una corporatura da Ercole, la carnagione africana, gli ocelli vivaci, desiderosi di verità, che annunciano sempre la suscettibilità, l'mquietudine e il rancore e gli conferiscono un'aria feroce. Ride poco ma fa ridere». L'inesauribile attività sessuale farà sì che Casanova contraesse per ben undici volte una malattia vene rea (una «galanteria» si diceva all'epoca con amaro eufemismo) Come lui si curasse, gli effetti che ne ricevesse sono descritti dal neurofisiologo Jean-Didier Vincent in Casanova il contagio del piacere (ed. Canal & Stampe ria). Con un continuo contrappunto tra saggio e narrazione, Vincent riflette sul rapporto tra piacere e contagio e spiega come la libido di Casanova si sia esercitata su società, denaro, gioco, potere. La seduzione erotica ha spesso un alleato prezioso nel cibo. Casanova non solo era dotato di robusto appetito, ma aveva impa¬ rato che una conquista può passare anche attraverso la buona tavola. Quando si trovava a Londra, nel 1763, forse come spia della Serenissima, era così annoiato e solitario, così estraneo alla città che detestava e di cui si rifiutava di imparare la lingua, che espose un cartello sulla propria casa di Pali Mail. C'era scritto: «Affittasi appartamento al piano nobile con uso di cuoco». L'idea di quel cartello doveva essere così nuova che un cronista del Gazetteer and London Daily Adviser ci fece un pezzo. Casanova scartò molti pretendenti, ma accettò una giovane con i capelli dai riflessi rosso tiziano, una contessa portoghese che parlava italiano: Pauline. Attivò il cuoco e offrì un pranzo da manuale. Quel che seguì è inutile dire. Oltre che alimento, il cibo era per lui parata di odori e di sapori, somma di suggestioni e di simboli, come ci dicono due elegantissimi volumi, I menù della seduzione, a tavola con Casanova di Hippolyte Romain (Mondadori) e Casanova un goloso libertino di Jean-Bernard Nodin, Ca¬ therina Toesca, Leda Vigliardi Paravia e Lydia Fasoli (Canal & Stamperia). Il libertino amava per esempio il «gioco delle ostriche», che una volta praticò con due educande romane. Consumarono cento ostriche, cinquanta come antipasto, cinquanta come dessert. «Mi ingegnai a mostrar loro come dovevano fare per trattenere l'ostrica in bocca con tutto il suo liquido... dovetti dare io l'esempio e così insegnai loro a introdurre da sole l'ostrica con tutto il sughetto nella bocca della persona di turno, infilandovi contemporaneamente la lingua in tutta la sua estensione». Piaceri estenuati e maliziosi, pulsioni insopprimibili. Casanova dovette dimenticarli a Dux. Aveva passato i settantanni, era divenuto povero e sdentato, il corpo doleva quasi dappertutto. Nel castello quasi sempre deserto, aveva un letto comodo, un fuoco acceso e una tisana sempre pronta. Per passare il tempo, litigava con il maggiordomo. All'avventuriero che aveva per motto «voglio essere tutto perché non sono niente», restava soltanto una prospettiva: diventare saggio. Osvaldo Guerrieri Un ritratto di Giacomo Casanova veneziano che onquistò l'Europa ria). Con un continuo contrappunto tra saggio e narrazione, Vincent riflette sul rapalla città che detestava e di cui si rifiutava di imparare la lingua, che espose un Un ritratto di Giacomo Casanova il veneziano che conquistò l'Europa

Luoghi citati: Boemia, Europa, Londra, Padova, Praga, Venezia