«Di Bella? Meglio Foikman»

«Di Bella? Meglio Foikman» UN NOBEL E LE NUOVE FRONTIERE Il professor Renato Dulbecco premio Nobel per la medicina «La terapia antitumorale americana è molto promettente» «Di Bella? Meglio Foikman» Dulbecco: lui forse vincerà il cancro MILANO UNQUE, professor Dulbecco, ora che sono stati trovati i finanziamenti per continuare la sua ricerca - il Progetto Genoma, cioè la mappatura del Dna umano - lei resterà in Italia. «A quanto pare sì. Senza quei finanziamenti la ricerca si sarebbe interrotta e non sarei potuto rimanere». E' contento? «Sono contento per la ricerca e per l'Italia che è il mio Paese. Sa, anche gli scienziati hanno un cuore». E' allegro Renato Dulbecco, Nobel nel 1975 per gli studi sui tumori di origine virale. Dice: «E' un bene che l'Italia si attrezzi per incentivare la ricerca. Non solo la mia, ma soprattutto quella di base. C'è una specie di nuovo corso e voglia di fare... La strada giusta è molto semplice: poca burocrazia, finanziamenti adeguati, forte integrazione tra università e industria. Come accade negli Usa». A proposito di America... «Vuole chiedermi cosa penso della ricerca anticancro di Foikman? E' giusto, tutti vogliono sapere... Penso che sia finalmente la strada giusta. L'idea che un tumore possa essere attaccato per via biologica, precludendo le sue vie di rifornimento, ha una base logica molto solida». Quindi lei è ottimista? «Non è così semplice. Le dispiace se ci sediamo?». Non è facilissimo approdare alle sedie in compagnia del professore Fermamente intenzionato a attraversare il salone del Circolo della stampa, Dulbecco subisce un lesto accerchiamento di mcbini («Se non le spiace, mi presento...»), inviti («Ci sarebbe una conferenza, professore...») e stravaganti domande («Le chiederei, professore, un giudizio sull'inconoscibilità dell'universo e in fondo dell'uomo, in rapporto anche al nostro Pirandello...»). Lui accende piccoli sorrisi, assorbe l'intruso con massima pazienza, incamera biglietti da visita, ripete: «Scriva due righe alla mia segretaria, grazie». E procede. Dicevamo dell'ottimismo. «L'ottimismo, con la ricerca, non c'entra molto. Bisogna sempre rimanere con i piedi per terra. Folk- man è certamente im bravo scienziato, anche perché tiene ben separato quello che ha trovato da quello che spera di aver trovato». Nel senso? «Sa che dovrà verificare se ciò che accade nei topi, accadrà anche negli organismi umani». Lei crede di sì o di no? «Potrebbe accadere, sb>. Diciamo, per lo meno, che la sua ricerca ha assai più fondamento della cura Di Bella. «Questo lo possiamo dire tranquillamente...». Perché qui in Italia si è propagata una specie di euforia... «E' comprensibile. Le forti aspetta¬ tive tendono sempre a moltiplicare gli entusiasmi. Diciamo così: la ricerca di Foikman è molto promettente». Scusi il salto, professore: e la produzione di organi, la brevettabilità delle future biotecnologie, insomma tutto quanto approvato dall'Europarlamento, è molto promettente o molto allarmante? «No, no... Non la metterei così. Primo: comunque vada in Europa, le biotecnologia avranno uno sviluppo immenso...». Per biotecnologie si intende la possibilità di intervenire e trasformare il patrimonio ge¬ netico di una pianta o di un animale per un fine buono, utile e commerciale. Giusto? «Giusto. Le ricerce in questo campo costano molti soldi e molti tempo. Per essere finanziate dall'industria devono avere due requisiti fondamentali: generare prodotti che abbiano un fortissimo significato pratico. E essere brevettabili dall'industria che finanzia». Nessuna altra strada? «No. Senza la garanzia dell'esclusiva, nessuna industria sarebbe disposta a finanziare». Questo accrescerà lo strapotere dei pochi e molto ricchi. «Non lo strapotere, semmai i loro fatturati». Non è lo stesso? «No. Lo strapotere è possibile combatterlo con le leggi contro i monopoh. In Usa funziona così e funziona molto bene». Non altrettanto in Italia. «Ci dovremo adeguare perché la strada dei nostri concorrenti è questa. Oppure saremo tagliati fuori». Nessun problema etico a intervenire nelle stesse serrature della vita? «I rischi ci sono. Per esempio modificare una pianta per farla più resistente a un determinato parassita, oppure per farla crescere in modo esponenziale, potrebbe generare delle mutazioni sconosciute o delle malattie del tutto nuove... Ma credo che questo sia un rischio molto controllato». E bilanciato dai vantaggi? ((Assolutamente sì». Lei è stato nell'Organizzazione internazionale per la prevenzione della guerra nucleare. In un certo senso la tecnologia nucleare ha generato più rischi che vantaggi, non crede? «Non sarebbe dovuto accadere, in effetti». Cosa? «Tutto lo sviluppo militare e poi l'equilibrio del terrore». Quello che è successo per il nucleare non potrebbe ripetersi per le biotecnologie? «Questa volta abbiamo abbastanza tempo per accorgercene». Lo sa o lo spera? «Tutte e due». Pino Corrias LA RICERCA «Anche l'Italia ha imboccato la strada giusta: poca burocrazia finanziamenti adeguati e integrazione tra atenei e industria» LE BIOTECNOLOGIE «In Europa avranno uno sviluppo notevole e credo che i rischi nell'intervenire nelle serrature della vita siano controllati» IL NUCLEARE «Lo sviluppo militare e poi l'equilibrio del terrore mondiale in effetti non avrebbero mai dovuto accadere» ttente»

Persone citate: Di Bella, Dulbecco, Pino Corrias, Pirandello, Renato Dulbecco