Giallo mediorientale a Londra di Fabio Galvano

Giallo mediorientale a Londra Dennis Ross e Arafot volano dalla Albright, in Inghilterra per il vertice con l'Ue Giallo mediorientale a Londra Voci di intesa Netanyahu-Arafat, poi Israele nega LONDRA DAL NÒSTRO CORRISPONDENTE Per qualche ora il mondo ha creduto che Israele e i palestinesi fossero sul punto di trovare un compromesso capace di rilanciare il processo di pace in Medio Oriente. Ma quando è stata calata la saracinesca su un improvviso e imprevisto incontro londinese fra il segretario di Stato americano Madeleine Albright e il leader palestinese Yasser Arafat, una pesante fumata nera si è levata dal Churchill Hotel, già scenario due settimane fa dell'inconcludente «vertice a tavoli separati». Quasi in contemporanea una fumata non meno nera si levava da Gerusalemme, dove il premier Benyamin Netanyahu smentiva con fermezza le voci di nuove concessioni israeliane: quelle che avevano fatto spelare nel miracolo. Arafat è stato muto come una pietra, dopo il colpo a vuoto. «Non abbiamo sfondato», ha ammesso a malincuore il portavoce della Albright, James Rubin, al termine dell'incontro durato un'ora e tre quarti: «Anzi dobbiamo impegnarci a fondo per superare le nostre divergenze». Più diplomatica la grande signora della politica estera americana: «Vedremo. Abbiamo avuto buoni colloqui costruttivi». Ma nessuno si nascondeva ieri sera, dopo l'ennesimo contrattempo, che le speranze di un'intesa sono ormai estremamente esili. Si ha quasi l'impressione che per riportare le due parti al tavolo negoziale occorra giocare di fantasia; ed è forse in tale senso che, a sorpresa, si sono mossi ieri sera il presidente francese Jacques Chirac e l'egiziano Hosni Muharak. Da Parigi, dove si sono incontrati, hanno calato la carta di una loro mediazione, proponendo un'altra Conferenza di pace sul Medio Oriente. Una Conferenza, hanno precisato in una dichiarazione, che «mantenga e confermi tutti i principi e gh accordi già esistenti». Non propongono nulla di nuovo, insomma, se non un'altra dose di buona volontà. E questo impone un interrogativo: non c'era davvero niente di nuovo un'apertura, una proposta, un'idea - nelle vicende che fra tre continenti hanno colorato di speranza la giornata di ieri? Arafat si sarebbe mosso, se non ci fossero state novità? E ora Chirac e Mubarak si esporrebbero se il dialogo fosse già morto? Il presidente Clinton, in una conferenza stampa con Blair prima della sua partenza per Ginevra, aveva precisato che «si sta lavorando intensamente e in buona fede». Aveva sì ammonito sull'opportunità di «non sollevare false speranze», ma aveva anche ammesso: «Io spero». Da Washington si era saputo che i colloqui fra Netanyahu e il mediatore americano Dennis Ross - già in volo per Londra per riferire alla Albright impegnata con Clinton nei semestrale vertice Usa-Europa - si erano conclusi. Era corsa voce che il premier israeliano avesse ceduto su alcuni punti. E poco dopo la radio israeliana aveva «rivelato» la disponibihtà del premier a restituire ai palestinesi il 13,1 % della Cisgiordania - il livello indicato dalla mediazione Usa, già accettato da Arafat mentre Netanyahu si era sempre arroccato sull' 11 % - se i palestinesi avessero rinunciato a un successivo ritiro prima di un definitivo ac- cordo di pace. La telefonata nella notte ad Arafat, la notizia che il leader palestinese era ieri mattina in volo da Oslo, tutto stava a indicare che il Medio Oriente si trovava di fronte a una svolta. Poi le docce fredde. In una conferenza stampa, appena rientrato a Gerusalemme, Netanyahu ha negato di avere mai accettato il 13,1% proposto dagli americani. «Sono state pubblicate talune notizie - ha detto - che erano errate. Per esempio che io avessi accettato la riduzione del 13,1%. Non è vero». Eppure qualcosa di nuovo, ad Arafat, la Albright deve avere detto. Se non altro per giustificare il suo viaggio fuori programma e il loro lungo colloquio. Quel «qualcosa», evidentemente, non è bastato. Ma forse merita una riflessione. «L'attuale governo israeliano - aveva detto Arafat a Oslo - non è serio su mia soluzione giusta e permanente». Ma ieri, uscendo dal Churchill Hotel, non lo ha ripetuto. Fabio Galvano L'abbraccio tra Peres e Arafat all'Internazionale Socialista in Norvegia poco prima che il leader Olp partisse per Londra