«Schroeder non è un leader dell'Europa» di Emanuele Novazio
«Schroeder non è un leader dell'Europa» Al Congresso Cdu il Cancelliere più combattivo che mai incassa un applauso di 11 minuti «Schroeder non è un leader dell'Europa» Attacco frontale di Kohl al rivale BREMA DAL NOSTRO INVIATO Alla fine la voce gli si incrina, gli occhi sono lustri, il volto sudato di fatica ed emozione: «La mia richiesta è semplice: datemi una mano e vinceremo, combattiamo per ogni voto e vinceremo le più difficili elezioni della nostra storia», chiede Helmut Kohl. E mentre saluta i mille delegati in piedi, in sette stendono uno striscione bianco e rosso accanto a lui («Ce la farai un'altra volta, Helmut»), la platea applaude il suo discorso di due ore e intona un canto che cresce e si trasforma in coro cadenzato come allo stadio, «Siamo pronti Helmut». Kohl torna a sedersi e si rialza, costretto dall'applauso e dall'acclamazione che diventa un grido: «Adesso basta», propone, ma l'applauso non si ferma. Continua così per undici minuti, l'obiettivo principale del Congresso pre-elettorale Cdu è raggiunto: davanti alla concreta prospettiva di sconfitta, Helmut Kohl ha riconquistato il suo partito. Di fronte alla possibilità di perdere la guida del Paese, il «secondo tempo della battaglia elettorale» è cominciato con una mediatica esibizione di unità, di compattezza, di assoluta consonanza. Se tutto questo basterà a garantire la vittoria di settembre è dubbio: se a Brema - con un discorso pugnace ma mirato spesso sui meriti acquisiti nel passato - Kohl ha vinto «la battaglia del partito», la «battaglia dell'elettorato» resta aperta e incerta. Per vincere a Brema, Kohl ha usato la strategia impiegata quattro anni fa al congresso elettorale di Amburgo: ha individuato un primario obiettivo «interno», la lotta alla disoccupazione e la promessa di «lavoro per tutti» e di «nuovi posti già entro l'anno»; ha toccato il tasto ordine pubblico e insicurézza, promettendo che «non ci sarà tolleranza per il crimine di qualunque nazionalità esso sia». Ma soprattutto, ha usato lo strumento della sfida fronta- le al candidato Schroeder, secondo la tattica della demonizzazione ragionata: «Se il 27 settembre l'Spd otterrà la maggioranza, si diffonderà insicurezza e andrà perduta la fiducia che ci siamo conquistati in tutto il mondo», ha riassunto il Cancelliere. Insistendo poi, a tema, sulle «manovre» dell'Spd e sul¬ l'abitudine di Schroeder a «get tare sabbia negli occhi della gente»: l'apertura ai comunisti della Pds in Sassonia-Anhalt l'incertezza verso l'Europa, la diffidenza per la Ddr al tempo della riunificazione. «Non si può lottare contro radicali di destra quando si fanno affari con i radicali di sini stra, con Schroeder la Germania diventerà la Repubblica della sinistra», ha esemplificato Kohl riferendosi all'appoggio concesso dai comunisti al governo socialdemocratico di Magdeburgo. «Come può diventare Cancelliere un uomo che, nel 1990, disse "Non possiamo cedere i Laender dell'Est alla Polonia"?», ha esemplificato riferendosi ai timori espressi dall'Spd a proposito di riunificazione. «Il 1° gennaio del '99 toccherà a noi la presidenza della Comunità: come potrà affrontarla un uomo che ha fatto tanti giochi tattici contro l'Europa?», ha esemplificato riferendosi al «dubbio europeo» di Schroeder. La rielezione di Kohl sarà, al contrario, «una garanzia per l'Europa»: «Capisco chi ha paura per la perdita del marco, col marco milioni di tedeschi febei vanno in vacanza in Italia anche se poi, passato il Brennero, ritornano qui a mugugnare. Ma l'Euro sarà un successo», ha garantito Kohl, che all'Italia si è riferito un'altra volta («Gli italiani non vorrebbero diventare tedeschi e i tedeschi non vorrebbero diventare italiani, ma siamo insieme: la nostra sarà un'Europa delle nazionalità»). Nonostante le digressioni europee, a Brema ieri non c'era «l'uomo di Stato Kohl» ma il «candidato Kohl». Il Cancelliere ha raccolto la sfida dell'avversario, ha dato al partito quel che il partito si aspettava e di certo si augurava: la sensazione di avere di nuovo alla guida un combattente. «Lasciamo gli show agli altri - ha detto riferendosi al recente Congresso socialdemocratico di Lipsia -. Noi sappiamo per che cosa combattiamo, la nostra forza è questa». Ma la vera battaglia comincia adesso. Il tono pugnace di Kohl conferma che la paura di una sconfitta è concreta, gli applausi e il giubilo nascondono un timore: che quello di Brema sia l'ultimo Congresso, per la Cdu alla guida del Paese. Emanuele Novazio A Kohl durante il suo discorso di due ore davanti ai mille delegati del partito
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