Caselli; chi parla di mafia dà fastidio

Caselli; chi parla di mafia dà fastidio E Mancino insiste sulle riforme: «Chi dirimerà i conflitti?». Marini: abbiamo buone soluzioni Caselli; chi parla di mafia dà fastidio Del Turco replica: accuse generiche ROMA DALLA REDAZIONE In coincidenza con due tristi anniversari, il decimo della morte di Enzo Tortora che cadeva ieri, quello della strage di Capaci che fu il 23 maggio di sei anni fa, è il tema della giustizia al centro dell'attenzione. Al presentatore televisivo vittima dell'ingranaggio giudiziario, «un caso rimasto senza responsabili, occorre introdurre l'obbligatorietà dell'azione disciplinare per i magistrati» ha detto il presidente della commissione giustizia della Camera Giuliano Pisapia, è stato dedicato un convegno, e a lui è stato intitolato uno slargo di Milano, e un premio. Mentre, alla presentazione del libro «1/Attentatimi» dedicato alla strage di Capaci da Giovanni Bianconi e Gaetano Savatteri, il procuratore capo di Palermo Giancarlo Caselli ha nuovamente lanciato l'allarme: «Ormai chi parla di mafia infastidisce, è considerato alla stregua di un grillo parlante: ci sentiamo dire che parliamo solo per difendere centri di potere, invece facciamo solo ciò che siamo chiamati a fare». Il presidente della commissione antimafia, il parlamentare Ottaviano Del Turco, che era seduto accanto a Caselli mentre pronunciava queste parole, ha reagito, «non si possono fare accuse generiche, bisogna dire chiaramente a chi ci si riferisce», ed ha poi riconosciuto «legittimi» i richiami di Caselli alla necessità di maggiori risorse per la lotta alla criminalità organizzata. Un problema, ha specificato Del Turco, «che è di tutto il mondo», e si è retoricamente chiesto se i servizi segreti delle grandi potenze, visto che è finita la fase della guerra fredda, non potrebbero profittevolmente impegnarsi nella lotta al crimine. Del Turco ha immaginato «una formidabile riconversione degli apparati delle superpotenze, come la Cia o il Kgb» perché proprio dalle indagini sulla strage di Capaci «emerge che si possono raggiungere certi risultati utiUzzando non solo i pentiti: le direttive del ministro Napolitano sui corpi speciali vanno proprio in questa direzione». All'allarme sul calo di tensione nei confronti della lotta alla mafia denunciato da Caselli ha risposto anche Pietro Folena, responsabile per la giustizia di Botteghe Oscure: «Nel '92 a Palermo ci fu una rivolta civile e popolare: evidentemente la linea stragista della mafia aveva alzato troppo il tiro, e dopo Capaci l'antimafia, che era minoritaria, è diventata competitiva. Adesso s; tratta di non abbassare la guardia». Ma sotto il dibattito d'occasione celebrativa, si nasconde un vero e proprio nervo scoperto: la cattiva e lenta giustizia italiana, e il lungo e politicamente tortuoso cammino per riformarla. Folena dice, quanto a riforma del sistema di garanzie, che «quella del giudice unico potrebbe essere la grande occasione per varare una giustizia rapida, con sentenze certe, specie nelle zone di denegata giustizia». E il ministro Flick, che parlava dal convegno della Cisl a Milano su «Giustizia e riforme», ha ieri fatto notare che il problema della giustizia si divide «in tre grandi momenti: le riforme istituzionali, le riforme processuali e ordinanientali, e la riforma delle strutture». Ed ha avvisato che «il rischio è che le prime finiscano per assorbire tutte le altre discussioni». Intanto, resta aperto il confronto politico sulle riforme costituzionali. Dopodomani l'aula di Montecitorio riprenderà a discutere, e Gianfranco Fini, come pure il numero due di Botteghe Oscure Marco Minniti, è tornato a smentire l'asse che con Massimo D'Alema si sarebbe stabilito lungo il percorso riformatore, «è un tema di chi è a corto di argomenti o non ha fantasia sufficiente», ha detto. Mentre Clemente Mastella dell'udr sostiene che «l'unico espropriato della titolarità è ormai Berlusconi: lui è il leader dell'opposizione, e Fini se ne va per i fatti suoi. O Berlusconi trova un'intesa con Fini, oppure 0 suo ruolo di leader dell'opposizione diventa una recita». In giro per l'Italia per la campagna elettorale, un po' tutti i leader hanno parlato delle riforme istituzionali, delle quali il giorno precedente il presidente del Senato Mancino aveva espresso le proprie perplessità in una intervista al Corriere della Sera. «Giuste preoccupazioni, quelle di Mancino» ha detto ieri Marini. Ma ha poi aggiunto che le soluzioni cui si sta approdando gli sembrano «buone», e che non saranno bloccate dalla questione giustizia. Ieri sull'argomento è tornato lo stesso Mancino: «Le riforme si lamio con la consapevolezza che bisogna evitare i conflitti», ha detto. «Il problema, che ho posto in assoluta buona fede e con fini costruttivi - ha aggiunto - resta, al di là delle chiusure di chi ritiene di essere diventato costituzionalista, statista e chi più ne ha più ne metta. Chi prevarrà in una ipotesi di contrasto? Chi dirimerà quei conflitti?». Folena: c'è una via alla giustizia rapida ed è il giudice unico Il presidente di Alleanza nazionale Gianfranco Fini

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