Il vescovo: faremo muro contro la camorra di Fulvio Milone

Il vescovo: faremo muro contro la camorra L'omelia nel Duomo: non ci faremo soggiogare, dopo il fango arrivi ora una valanga di civiltà Il vescovo: faremo muro contro la camorra Santo celebra la messa della speranza e della rinascita SARNO (Salerno) DAL NOSTRO INVIATO C'è un'atmosfera irreale nel Duomo di San Michele a Episcopio, con il pavimento di marmo tirato a lucido e gli affreschi del Solimena rimasti miracolosamente intatti. E' come se la morte, la disperazione, la sporcizia e il fetore che ancora si leva dal fango non potessero insinuarsi nella chiesa che il vescovo Gioacchino Illiano chiama «la casa della speranza», scacciati dal desiderio del ritorno alla vita e alla normalità. Fuori si continua a scavare e a soffrire, mentre nella basilica si celebra la prima messa domenicale dopo il disastro del 5 maggio. 11 vescovo dovebbe impartire la cresima ai ragazzi dei paesi vicini, ma la paura ha tenuto lontano chi non abita qui. «Speravo molto che qualcuno venisse, ma mi rendo conto che le difficoltà sono molte commenta il prelato -. Ad ogni modo saremo qui ad accogliere tutti». Il Duomo è comunque pieno di fedeli: sono i dannati di Episcopio, il borgo antico di Sarno che ha pagato il prezzo più alto in vite umane e che ora tenta a fatica di rialzare il capo. Per questa gente la basilica è il simbolo della rinascita, della vita che si afferma sulla morte, della speranza che vince la disperazione. Le snesse mura hanno resistito all'onda di fango che tutto ha travolto due settimane fa. Quella notte uomini, donne e bambini in fuga dalla frana si sono rifugiati qui, per aspettare che l'acqua e la terra smettessero di venire giù dal cielo e dal monte e per aggrapparsi alle parole di conforto del parroco, Antonio Calabrese, che da quel momento non ha mai abbandonato la chiesa. E ora la gente di Episcopio è tornata per sentire l'omelia del vescovo, che parla di ricostruzione morale e civile di Sarno. «Faremo muro contro la camorra - tuona libano dall'altare -. La maggior parte di voi lavora, ha i calli sulle mani, suda per portare a casa un piatto di minestra e non si farà mai soggiogare dalla malavita». Dopo la valanga di fango che arrivi una valanga di civiltà, esorta il vescovo. «Il bene vincerà a dispetto di pochi che non meritano nemmeno di essere nominati, brillerà nonostante le ombre che si aggirano fra le rovine e il fango». libano dice che la vita riparte da qui, dal Duomo, «dalla casa di Dio e di voi tutti, dalla casa della fede e della speranza». E la fede della gente di Episcopio, continua il vescovo con la voce rotta dall'emozione, «è quella antica dei vostri padri: non viene giù come la melma che vi ha portato via la casa e gli affetti ma resta in alto come la roccia che non frana mai». Episcopio siete voi, grida quasi libano rivolto ai fedeli: «Anche se dovesse cadere tutto, anche se questo borgo venisse completamente cancellato rimarreste voi, quindi Episcopio non morrà mai. Non sempre siete stati capiti in questi giorni, dicono che siete testardi quando insistete nel non volere abbandonare questo posto, lo dico che fate bene a restare, e che la vostra fede farà risorgere questo paese dalle macerie». In prima fda, davanti all'altare, siedono il sindaco e il prefetto. A loro si rivolge il parroco Antonio Calabrese, che con gli abitanti di Episcopio, mentre U fango scendeva ancora dalla montagna, ha costituito un comitato per la difesa dell'antico borgo: «A voi dico: non ci abbandonate - supplica don Antonio -. A Episcopio manca ancora l'acqua potabile e le fogne sono fuori uso. Che il Signore ilumini con il suo spirito gli uomini politici perché operino per il bene comune, non per il proprio interesse» I cori e le preghiere coprono solo in parte il frastuono delle ruspe che da due settimane continuano a scavare: per liberare le strade, certo, ma anche e soprattutto per recuperare i morti ancora sepolti sotto una coltre di fango resa dura dal trascorrere dei giorni e dal sole. E negli occhi dei fedeli, che si mettono in fila per la comunione, scorrono ancora immagini terribi¬ li, quelle della frana che in una manciata di secondi ha quasi cancellato un paese: qui non c'è nessuno che non debba piangere un parente e un amico portati via dal fango colato dalla montagna. Ed è palpabile anche l'angoscia per la sorte dei 73 abitanti di Sarno di cui nessuno ha più notizie dal 5 maggio. Prima della messa un ex sacerdote, Salvatore Peluso, che da quella notte maledetta non ha mai lasciato Episcopio e aiuta i volontari a scavare nel fango, ha preso il microfono e ha lanciato un appello: «Ho qui l'elenco dei dispersi, ve lo leggo. Se avete notizie, venite subito a darcele in sacrestia». Poi ha cominciato a scandire nomi e cognomi di uomini, donne e bambini inghiottiti dal nulla e di strade che non esistono più: «Liguori Luigi, anni 43, residente in via Milone; Mirabella Rosa, anni 20, viale Regina Margherita...». Fulvio Milone La drammatica lettura dell'elenco delle persone ancora disperse Un appello anche ai politici «Non abbandonateci in questo dramma» Le squadre di soccorso al lavoro a Sarno

Persone citate: Antonio Calabrese, Gioacchino Illiano, Liguori Luigi, Mirabella, Salvatore Peluso, Solimena

Luoghi citati: Episcopio, Salerno, Sarno