Prodi: adesso ci ascoltano di F. Gal.

Prodi: adesso ci ascoltano Prodi: adesso ci ascoltano «E' tutto merito della nostra stabilità» BIRMINGHAM DAL NOSTRO INVIATO Gioie e dolori emergono per Romano Prodi dal vertice di Birmingham. Gioie per un ritrovato ruolo mondiale dell'Italia («Il riconoscimento di una responsabilità regionale», precisa) ma dolori - anzi, «angoscia» - per la minaccia di una proliferazione nucleare. «Quello che è avvenuto in India - dice il presidente del Consiglio prima di rientrare a Roma - è un grande passo indietro a cui dobbiamo reagire con un grande passo in avanti. La verità è che timore, angoscia e speranza sono legati. Quello attuale è un bel momento in tutto il mondo: a parte problemi momentanei; e improvvisamente riecco l'angoscia di una ripresa nucleare. Se torniamo al disordine precedente, tutto questo nuovo filo se ne va. Dobbiamo essere molto fermi e riprendere la politica contro il riarmo nucleare». Poi quasi un'invocazione, la voce tremante: «Per carità non torniamo indietro. Dobbiamo riportare l'India, e anche l'Indonesia, in una grande sede mondiale». Il guaio, secondo Prodi, è che il governo indiano «ha vinto le elezioni su questo», cioè sulle rivendicazioni nazionalistiche: «Siamo a un passaggio grosso. Non dobbiamo sottovalutare il problema nucleare che improvvisamente ricompare». E' questo a renderlo «preoccupatissimo», perché in realtà i test nu¬ cleari indiani sono un aspetto negativo, come il nazionalismo esasperato, della «nuova fase» che sta attraversando il Paese. L'India, nella sua analisi, «dopo 5 o 6 anni di sviluppo buono non ha fatto che prendere consapevolezza anticipata del suo ruolo futuro». E questo, secondo Prodi, conferma la «saggezza italiana»: sul ruolo, per esempio, delle Nazioni Unite: «C'è la necessità di un foro per tutto il mondo e questo è il limite del G8». Paradossalmente, è proprio la situazione creata dalla crisi indiana a suscitargli una riflessione, a partire dalla nostra presunta «saggezza», che gli fa dipingere un quadro a tonalità vibranti sul ruolo dell'Italia e sulla considerazione che ne hanno i partner. A Birmingham Prodi dice di avere avuto espliciti riconoscimenti sul suo molo nella crisi irachena. «In quella vicenda ha spiegato - ho rischiato molto. Numerosi giornali scrivevano di un Prodi che non sapeva decidere. Livece ho continuato a insistere affinché si passasse dall'Onu, da un grosso foro internazionale». E rivendica al nostro Paese un molo decisivo: «L'Italia è nella frattura fra mondo cristiano e Islam, siamo noi a doverla ricucire». Ma non si ferma l'improvvisa ventata di orgoglio personale e nazionale. «L'orecchio offerto all'Italia è diventato più attento», dice: «Per la vicenda dell'Euro, per la nostra stabilità. Con l'arma della continuità l'Italia sa spiegare molto meglio la sua politica. E per questo ci viene riconosciuto un molo di responsabilità regionale, come è stato per il Kossovo dove siamo stati noi a dare la spinta per provocare un colloquio sistematico fra Milosevic e Rugova. Sul Kossovo abbiamo fatto un lungo lavoro di tessitura; e per questo è stata affidata a me la relazione al G8 in cui ho potuto parlare di soddisfazione temporanea». Insomma, aggiunge un Prodi insaziabile, i partner non sono più sorpresi a vederlo riapparire a ogni appuntamento. «La sorpresa - dice - sarebbe se l'Italia tornasse all'instabilità, indipendentemente dalla mia persona». [f. gal.]

Persone citate: Milosevic, Romano Prodi, Rugova