Cento chili di simpatia di Simonetta Robiony

Cento chili di simpatia Cento chili di simpatia Dal teatro al cinema con De Sica ROMA. Una come Nadia Rinaldi quelli del cinema la definiscono una «ciaciona». Bella faccia aperta su un corpo grande e grosso portato a spasso con disinvoltura. E poi un tono sempre cordiale, baci e abbracci offerti con generosità ad amici e conoscenti, molta voglia di stare in mezzo a questo mondo dello spettacolo nel quale era entrata giovanissima, non soltanto per le sue caratteristiche fisiche ma per una reale vocazione. La popolarità le arrivò al principio degli Anni 90 con «Faccione», un film di Christian De Sica che sembrava scritto per i suoi 100 chili di ottimismo e vederla sul set, men¬ tre beveva le parole del regista per poter essere il più aderente possibile al suo personaggio, faceva tenerezza. Il film non piacque, ma lei vinse il Globo d'Oro come rivelazione dell'anno. Poi ci furono ruoli più piccoli: «Vacanze di Natale» di 01doini, «Centro storico», «Miracolo italiano», «Quando eravamo repressi», perché l'occasione di essere protagonista a una come lei il nostro cinema la offre una volta nella vita, e neanche sempre. I primi passi, però, Nadia Rinaldi li ha mossi in teatro dopo essersi diplomata alla scuola di Proietti e in teatro continua ancora a lavorare, alternandolo in questi ultimi tempi con la televisione. A farla entrare nelle case degli italiani sono stati un ruolo comico nei panni di una suora nel buffo convento-tv di «Dio vede e provvede»; la parte di un'antica romana arricchita nel serial «S.P.Q.R.» ispirato all'omonimo film dei Vanzina; uno spot di qualche anno fa firmato da Nanni Loy, in cui a lei toccava fare una commessa della Coop, nipote del famoso nonno Paride, uno che di verdure e di minestroni ne sapeva più di un cuoco diplomato. Lei era contenta, anche dello spot, nonostante la relegasse al ruolo di brava massaia, perché diceva: «Mia madre m'ha insegnato che, pure se adesso sono diventata famosa, il letto la mattina me lo devo rifare tutti i giorni da sola». Nata al Tiburtino, uno dei vecchi quartieri popolari romani, parlava un italiano perfetto e senza accento che in bocca sua faceva un po' impressione: «E' che mio padre mi ha mandato alle scuole private per non farmi imparare il romanaccio». Adesso, invece, era andata a vivere al Torrino, modernissimo centro residenziale dopo l'Eur, ed era frequente incontrarla in giro per feste e ricevimenti come se rimanere da sola le facesse un po' paura: «Stare in mezzo alla gente mi piace, e poi è anche l'occasione per fare incontri utili alla carriera». Il suo idolo era Monica Vitti: «Una che anche nelle scene più difficili sa sempre dove mettere le mani», il suo sogno Federico Fellini: «Tutti mi dicevano di andare a incontrarlo perché ero felliniana, ma io avrei voluto lavorare con lui quando fossi stata più matura. Adesso è tardi». Sospettarla di essere dedita alla cocaina sembra assurdo: troppa vivacità, troppa partecipazione, troppo «core de Roma» dentro di lei per supporta interessata alla droga. Simonetta Robiony

Persone citate: Christian De Sica, De Sica, Federico Fellini, Monica Vitti, Nadia Rinaldi, Nanni Loy, Proietti, Vanzina

Luoghi citati: Roma