E' già lite sul semipresidenzialismo

E' già lite sul semipresidenzialismo Il presidente del Senato: tra premier e Quirinale sarà rissa. Diviso il ppi. Marini: funzionerà E' già lite sul semipresidenzialismo Fini e D'Alenici: sono eccessivi i timori di Mancino ROMA DALLA REDAZIONE Nicola Mancino li vede, di fatto, come due galli nel pollaio, impegnati a duellare ogni giorno per strapparsi pezzi di potere. Così sarebbero, secondo il presidente del Senato, il capo dello Stato eletto direttamente dai cittadini che si affianca ad un capo del governo eletto, anche lui, con un sistema simile. Secondo Mancino, che ne parla in un'intervista, bisogna arrivare ad «un riequilibrio e temperamento dei poteri», dando ad una Camera il potere di «dare fiducia o sfiducia costruttiva al governo». La «preoccupazione» della seconda carica della Repubblica, espressa in modo così chiaro ed esplicito, è stata condivisa pienamente da Forza Italia (che chiede un sistema nettamente alla francese e vuol rendere la vita difficile a Fini), dai cossighiani (che vorrebbero far saltare le riforme) e da Bertinotti. Tutti gli altri hanno fatto muro nel respingere l'intervento del presidente del Senato, nel timore che rimettendo mano alla costruzione semipresidenziale appena definita, si rischi di far crollare l'intero palazzo delle riforme. Il primo a bloccare Mancino è un compagno di partito, il segretario dei popolari, Franco Marini. «Il nostro sistema funzionerà bene. E' la migliore riforma possibile, sempre che i poteri del Presidente della Repubblica vengano ben delimitati. Naturalmente, vista la rilevanza del personaggio che esprime queste osservazioni, non chiudo gli occhi, ma non mi impressiono». Marini, insomma, non tentenna, anche se il suo partito avrebbe preferito un sistema simile a quello tedesco. «Se si è convinti che un punto di equilibrio funziona, si va avanti lo stesso» promette, spiegando che il sistema in gestazione sarà più simile a quello austriaco che a quellr "rancese. Ma il problema non deve essere chiuso come Marini dice, almeno all'interno del suo partito. Leopoldo Elia, per esempio (è presidente dei senatori del ppi) teme anche lui conflitti di potere ai massimi vertici del futuro Stato e chiede di delimitare con chiarezza i compiti del capo dello Stato. Unanimi nel respingere i timori di Mancino sono anche Massimo D'Alema e Gianfranco Fini. «Rifletteremo senza dubbio sull'appello di Mancino, ma le preoccupazioni del presidente del Senato mi sembrano forse eccessive» dice garbatamente il presidente della commissione per le riforme. E invita ad attendere la definizione della legge elettorale prima di dare un giudizio definitivo. «I timori del presidente Nicola Mancino sono infondati» concorda il presidente di An, Fini. Il quale difende il risultato semipresidenziale che il vecchio msi inseguì, invano, per decenni. E non vuole che dubbi e timori possano portare a ripensamenti e marce indietro dei rifor¬ matori. «Il risultato di una Costituzione innovativa è a portata di mano» dice Fini. Accanto ad An, nel difendere la riforma finora definita, c'è anche il ccd di Casini, secondo il quale (Follini) se si ridiscute la scelta della forma di governo, si rischia di «disfare di notte quel che si è tessuto di giorno». Isolata all'interno del Polo, Forza Italia si schiera con Mancino. «Le sue preoccupazioni sono fondate» dice Silvio Berlusconi. «Deve prevalere un Presidente della Repubblica plebiscitariamente eletto e con poteri maggiori, quindi anche col potere di indirizzo dell'attività di governo. Se questi poteri non venissero riconosciuti, bisognerebbe ripensare tutto da capo». E dietro Berlusconi parlano tutti i suoi esperti. Secondo Pisanu, quello che nasce «è un presidenzialismo da operetta» e le preoccupazioni di Mancino sono «fondate e ragionevoli». Forza Italia insiste nel chiedere più poteri per il capo dello Stato. Che è quel che Fini non fa, nel timore di tirare troppo la corda. «Sì - spiega però Giuseppe Calderisi -, Fini ora non chiede di più ma a me ha detto per tre volte, nel corso di un anno, che se il Presidente della Repubblica non disporrà di significativi poteri, poi se li prenderà da solo. Io penso che se il capo dello Stato non potrà presiedere il Consiglio dei ministri a Palazzo Chigi, riunirà i ministri al Quirinale, come fa già Scalfaro che non è eletto dal popolo». Cossiga concorda pienamente con Mancino, come anche Bertinotti.

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