CERCANDO QUEI FILI DISPERSI
CERCANDO QUEI FILI DISPERSI L'EPISTOLARIO CERCANDO QUEI FILI DISPERSI IL 20 novembre 1987, presentando a Torino il primo volume dell'epistolario azegliano, io precorsi la curiosità del pubblico convenuto a Palazzo Carignano, riformulando la domanda ch'egli si poneva: come mai l'epistolario di Massimo d'Azeglio, la cui edizione si aspettava dal generale in capo dei risorgimentisti italiani, gli veniva ammannito da un ignoto gregario dell'italianismo francese. Gregario del resto sono rimasto, nel senso che non sono mai diventato uno storico del Risorgimento e sono tutt'ora un italianisant. Alberto Maria Ghisalberti, che lavorò per anni intorno al d'Azeglio, fu il miglior conoscitore del nostro. Ma fu come se l'epistolario fosse stato per lui insieme troppo e troppo poco. Troppo poco, perché la cura di un epistolario è una fatica da benedettino che sminuzza la materia e impedisce allo storico di spaziare in sintesi brillanti e intellettualmente eccitanti. Troppo, perché le molteplici responsabilità non gli lasciarono il tempo di occuparsene. E non lo fece. Io invece mi lasciai allettare da questa prospettiva di tempi lunghi, che permettono allo studioso di ripercorrere amorosamente, talvolta a misura di giornata, l'itinerario testuale e biografico del suo autore. Un acquerello giovanile di Massimo lo rappresenta in abito da pittore mentre antenati suoi lo guardano cipigliosi. Quando decisi di iniziare il lavoro, mi raffiguravo così, timoroso dello sguardo indagatore dei miei futuri colleghi italiani, e mi accontentavo di appropriarmi, con timore reverenziale, dei luoghi e dei personaggi che venivano prendendo corpo durante i miei brevi soggiorni torinesi. I portici di via Po, il palazzo di via d'Angennes, l'Accademia Albertina furono le mete delle mie passeggiate. Le lettere, nella produzione azegliana, mi apparvero come un filo, non ancora ben tessuto, per scoprire personaggio, uomini e luoghi tutt'insieme. Con la loro quantità e diversità, costituivano un piano di studio coerente e duraturo. Data la loro dispersione, dovetti poi spiemontizzarmi anch'io per andarne in cerca in altre province. Cercare e trovare in archivi pubblici e in biblioteche è certo una gioia, ma in archivi privati è occasione di contatti umani vari e preziosi. Esplorare questa fetta di storia e di geografia italiana, studiata a tavolino nell'Università francese, creare collaborazioni fraterne e fiduciose, cercare e convincere un editore, stabilire con un imprevedibile pubblico legami di simpatia, di affetto, mi parve un'ambizione lodevole. Ecco perché mi sobbarcai. Mi resta un ultimo voto: veder morire Massimo d'Azeglio una seconda volta prima di me... Georges Virlogeux
Persone citate: Alberto Maria Ghisalberti, Georges Virlogeux, Massimo D'azeglio
Luoghi citati: Torino
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