Fiabe senza lieto fine
Fiabe senza lieto fine Fiabe senza lieto fine FIABE GIAPPONESI A cura di Maria Teresa Orsi Einaudi I Millenni pp. 404 L. 95.000 FIABE GIAPPONESI A cura di Maria Teresa Orsi Einaudi I Millenni pp. 404 L. 95.000 E cronache del Giappone del 1889 raccontano che, lungo la linea ferroviaria Tokyo-Yokohama, il macchinista di un treno vide un altro treno venire in direzione contraria, sullo stesso binario ma senza avvicinarsi troppo. Il macchinista spinse il proprio treno a tutta velocità fino a investire l'altro e, una volta arrestatosi, sulle rotaie scoprì il corpo di una volpe. Potrebbe essere un'altra fiaba, moderna, da aggiungere alle oltre centocinquanta che l'insigne nippologa Maria Teresa Orsi ha raccolto nel volume Fiabe giapponesi, uscito nella collana I Millenni della Einaudi, avvalendosi delle traduzioni di Virginia Sica, Maria Gioia Vienna e Matilde Mastrangelo e con l'apporto delle illustrazioni (12) realizzate con il computer da Raffaella Taverna, in una felice unione di tradizione folk e di modernità grafica. Anche l'introduzione incomincia come una fiaba: «C'era una volta Momotaro». Vi si legge che, in Giappone, se le fiabe furono raccolte in forma scritta e diventarono parte fondamentale della tradizione letteraria diversi secoli prima di Perrault e dei fratelli Grimm, gli studi teorici ebbero inizio più tardi che in Occidente. Soltanto nell'attuale secolo gli studiosi-ricercatori Kanagita Kunio, il «padre del folclore giapponese», Seki Keigo e Ikeda Hiroko, suoi collaboratori, intrapresero gli studi sistematici sulla tradizione orale e sulla fiaba popolare che portarono, nel 1988, alla compilazione, da parte di Inada Koji, della monumentale opera in ventotto volumi Pro opera in ventotto volumi. Prospetto e analisi della fiaba giapponese, comprendente 6000 fiabe, i cui 1211 tipi sono suddivisi in quattro gruppi principali. Maria Teresa Orsi ha riunito le fiabe per collocazione geografica, Nord-Est, Centro, Sud-Ovest, senza dimenticare la cultura degli Ainu (la minoranza indigena dell'isola di Hokkaido della cui tradizione orale offre tre esempi) e di alcune dà le varianti, nelle quali i protagonisti restano gli stessi, ma cambiano le situazioni. Sono presenti i temi universali della matrigna cattiva, del/la figliastro/a perseguitato/a, del vicino invidioso, ma il lieto fine con la formula «e vissero febei e contenti» non è canonico, perché molto spesso le fiabe giapponesi si chiudono con la «separazione». Il villaggio degli usignoli, La sposa di neve. La donna carpa, Il genero serpente, La moglie pesce narrano vicende in cui intervengono personaggi provenienti da mondi ultraterreni: divinità, dèmoni, spiriti. Quando la vera natura di questi esseri è scoperta o sono essi stessi a rivelarla, sono costretti a ritornare nei mondi d'origine, con finali che ricordano i paradossi zen o che sono pervasi dalla compassione e dalla malinconia, nell'accettazione fatalista della ineluttabilità delle vicende umane. Tipicamente estremorientale è il motivo dell'Abito di Piume: le creature celesti scese sulla terra per espiare ignote mancanze, di sobto giovani bellissime come Kaguyahime nel Taketorì monogatari (Storia di un tagliabambù) e come il personaggio femminile de La fanciulla scesa dal cielo, possono ritornare nelle loro aeree contrade solo indossando il magico vestito piumato. La funzione formativa, anche sul piano sociale, della fiaba è esplicita: la disonestà, il tradimento, l'inganno portano alla rovina e l'invidia e l'avidità sono sempre punite, mentre i valori positivi della gratitudine, della pietà filiale, della modestia, della diligenza, della laboriosità, del ri¬ CERA UNAMOA LQ APPONE
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