TRA DOLLARI E RUBLI CI RIMISE SOLO PARRI

TRA DOLLARI E RUBLI CI RIMISE SOLO PARRI TRA DOLLARI E RUBLI CI RIMISE SOLO PARRI Alle origini delle Tangentopoli dltalia LA Madre di tutte le Tangentopoli non va cercata in giorni vicini. Bisogna risalire alle ultime fasi dell'ultima guerra e all'immediato dopoguerra. L'Italia, allora, era stata conquistata da tutti e tutti tenevano ad occuparsene. In particolare gli americani e i russi. In una conferenza a Washington uno dei biografi americani di Mussolini, Brian Sullivan, ha di recente sostenuto tranquillamente che Alcide De Gasperi aveva stretto rapporti con la mafia nel 1944-45, rapporti successivamente gestiti dal più stretto collaboratore di De Gasperi, Giulio Andreotti. I documenti dell'OSS, del Pentagono e del Dipartimento di Stato additano, comunque, nella DC il partito che nel dopoguerra trasse, forse, il massimo vantaggio dalla connivenza con Inonorata società», assieme al ben più piccolo partito liberale. Ma i russi spesero, in quel periodo, molto di più per comprarsi gli italiani. Al finanziamento del PCI provvide, infatti, clandestinamente il Cremlino e i primi fondi neri dei partiti italiani furono quelli sovietici, mentre gli americani e i loro alleati collaboravano con una certa parsimonia, per non dire avarizia, alla sopravvivenza delle forze ad essi vicine presenti nei Comitati di Liberazione. Comunque ancora prima che la guerra finisse i conti correnti dei partiti italiani avevano incamerato somme non trascurabili. In un certo senso Stalin aveva cominciato a servirsi della Resistenza italiana per la sua strategia e così gli americani si trovarono obbligati ad essere più generosi. In quel libro utile a capire il passato che è «Made in Usa», le origini americane della Repubblica Italiana, Ennio Caretto, già corrispondente da Washington de «La Stampa», poi di «Repubblica», ora del «Corriere della Sera» e Bruno Marolo, già capo delle reti di corrispondenti dell'Ansa dal Nord America, poi corrispondente dell'Ansa dal Medio Oriente, ci forniscono un giudizio sulle cose nostre espresso dall'unico direttore della CIA, William Colby, legato visceralmente all'Italia. Colby, morto misteriosamente pochi anni fa durante una gita mattutina in canoa, sul Potomac, è stato un condottiero della guerra fredda, un falco del Vietnam. Ma la «missione italiana» è, a suo parere, la più riuscita e, anni dopo gli eventi, è pronto a polemizzare con chi contesta modi e scopi dell'impegno dei servizi americani nella nostra politica di allora. Nel periodo più glaciale della «Guerra Fredda», ha detto Colby, l'URSS versava 50 milioni annuali al PCI e la CIA solo la metà di questo importo, desti- nato alla DC e agli altri partiti moderati. Quando Caretto e Marolo gli hanno chiesto se questi versamenti non abbiano contribuito a corrompere la politica italiana Colby ha sorriso e ha risposto: «No, non avevamo scelta. Sull'Italia si reggeva l'equilibrio dei blocchi. Gli elettori italiani, di certo, non volevano un regime comunista. Da noi la democrazia combatteva contro la dittatura ad armi impari. Anziché colpevolizzare l'America e la Cia, la storia italiana dovrebbe ringraziarle. Io sento di aver contribuito personalmente alla salvezza dell'Italia, non alla sua corruzione. Il malco- stume politico non è un problema solo vostro, è universale, è anche americano. Ma i vostri scandali dell'ultimo decennio non sono solo figli dell'America. Il processo involutivo dell'Italia è colpa dei partiti...». Il falco Colby diventato colomba è morto ma le sue parole contano. La «psicosi rossa» emerge tra la fine del 1944 e l'inizio del 1945, dopo le purghe nell'OSS - il servizio segreto americano diretto da Donovan - dei non pochi simpatizzanti di sinistra. Nel gennaio del 1945 gli interrogativi USA sulla buona fede del PCI si erano dissolti sotto una raffica di rapporti inquietanti. Non si può vivere di sola inquietudine. Ferruccio Parri, il popolare «Maurizio», capo della Resistenza e leader del Partito d'A- zione che viene portato al governo dal «vento del Nord» della Liberazione, sostituendo Bonomi, regge solo cinque mesi. Non sapeva reggere al potere e viene travolto dalle violenze dei partigiani sbandati, dal disordine amministrativo, dalle prepotenze del CLN ma - soprattutto - dalla sua stessa debolezza e dalla sua incorreggibile mancanza di capacità di adattamento politico. L'onestà, a volte, c il peccato capitale peggiore. La crisi che travolge Parri era destinata a restare come una ferita non rimarginabile, una specie di rimorso non dimenticabile della sinistra italiana. Ad aprirla il 23 novembre del 1945 furono i liberali, «o meglio il loro capo, Leone Cattani afferma Gianni Corbi in L'avventurosa storia della Repubblica un avvocato di origine sabina di 39 anni, bell'uomo, gran naso, carattere difficilissimo, come Parri coraggioso oppositore del fascismo. E' lui a scardinare dall'interno il governo Parri. E' lui a presentare un decalogo di condizioni inaccettabili (liquidazione dei CLN, ritorno dei prefetti di carriera, fine dell'epurazione...) e infine è ancora lui a portare avanti con decisione la candidatura di Alcide De Gasperi...». Alcide De Gasperi era il pupillo del Vaticano, decisosi ad affrontare la lotta politica. Ferruccio Parri fu abbandonato da tutti. Come risulta da una serie di confessioni raccolte da Manlio Cancogni per l'Espresso. Valga per tutte l'ipocrita versione del comunista Giorgio Amendola: «Se Parri ci avesse chiesto di batterci non ci saremmo rifiutati. Ma, dopo una breve esitazione, lui stesso abbandonò. Sapevamo che la Direzione si era riunita e che la maggioranza gli era stata sfavorevole. Mentre noi c'impegnavamo, Parri fu abbandonato dai suoi...». La crisi si concluse drammaticamente la sera del 24 novembre 1945 con una turbolenta conferenza stampa. Ce ne resta una testimonianza letteraria di singolare valore nella descrizione di quell'evento dalle gravi conseguenze fatte da Carlo Levi nel suo romanzo «L'orologio»: «Lo guardavo - scrive Carlo Levi - diritto in mezzo ai suoi due compagni di destra e di sinitra dai visi fin troppo umani e accordi, avidi di cose presenti, e mi pareva che egli fosse impastato della materia impalpabile del ricordo, costruito col pallido colore dei morti, con la spettrale sostanza, con la dolente immagine dei giovani morti, dei fucilati, degli impiccati, dei torturati, degli angosciati, dei malati, degli orfani nelle città e nelle montagne. «Il suo corpo stesso pareva fatto di quei dolori, essi scorrevano nel suo sangue; la sua pelle aveva il colore delle ossa biancheggianti nei campi. Dicevano che non fosse un uomo politico...». Oreste del Buono Giorgio Boatti Americani con la de, sovietici con Togliatti per difendere l equilibrio dei blocchi: e il leader del partito dazione abbandonato da tutti L Testi diati: Caretto-Marolo Made in Usa Rizzoli Gianni Corbi L'avventurosa nascita della Repubblica Rizzoli Enzo Pisciteli! Da Parri a De Gasperi Feltrinelli Leo Valiani L'avvento di De Gasperi De Silva Giorgio Amendola Gli anni della Repubblica Editori Riuniti Carlo Levi L'orologio Einaudi Ferruccio Parri