«Che ci guadagno se parlo?»

«Che ci guadagno se parlo?» «Che ci guadagno se parlo?» Così ha deciso di confessare DETDACfBIIA OTTO GIORNI IH BILICO GENOVA DAL NOSTRO INVIATO La prima notte pensò che forse non tutto era perduto. E alla sfortuna di essere preso come uno scemo per colpa di una radiografia da fare in ospedale, e a quel tizio che in meno di un attimo gli aveva tirato la giacca sulla testa, preso di peso in un buio totale, portato in una fortezza caserma e lasciato lì, a pensare. Ma per pensare non c'è tempo, perché ci sono le foto da fare, le solite impronte digitali, il tran tran dell'ingresso ai nuovi giunti. Ma il secondo giorno riprese in mano la copia dell'ordine di custodia cautelare in carcere che gli avevano dato prima di mandarlo a letto, in una cella a Marassi. Il suo nome, e quello di una Tessy Edhogaye, «omicidio volontario». Tutto qui? Però, nel pomeriggio, viaggio inatteso in un posto che, dopo ha saputo, era il carcere di Alessandria. E Alessandria vuol dire quella storia di Novi Ligure, ed ecco che a Bilancia consegnano un secondo ordine di custodia cautelare, e questa volta i nomi sono due, Massimino Gualillo e Candido Randò. E allora dietro a questo vetro da film c'è Lorena, che guarda se riconosce il mostro in mezzo a tre uomini quasi uguali, vestiti uguali, ma uno solo è il mostro. Dopo li fanno girare, fronte e profilo, e chissà come va, se è sicura, se ricorda bene quella notte. Ma alla fine, quando una voce dice agli agenti «ridategli i suoi vestiti», arriva l'avvocato che dice: «Guarda Donato che la ragazza ti ha riconosciuto. E ora, cosa vuoi fare?». Niente, non c'è proprio niente da fare, se non aspettare e pensare. Ma ormai è arrivata la terza giornata di isolamento, venerdì, e più che guardare la televisione, che si può fare? Parlare, cioè confessare? L'avvocato consiglia di ((riflettere bene sul da farsi». Cioè valutare che cosa dire, ma soprattutto decidere, perché qui i carabinieri stanno lavorando, e c'è questa storia del Dna, che vuol dire che da una minima traccia arrivano a te. Chiarissimo, avvocato. «Ma a me conviene, se davvero avessi voglia di parlare con questo dottor Zucca, e cosa ci guadagno? In fondo, questi cosa hanno in mano di concreto contro di me?» Ma tra un ragionamento e l'altro si arriva a sabato, 9 maggio, quarto giorno a Marassi. Con questa televisione accesa che continua ad allungare la lista dei delitti, e nel cervello la voce dell'avvocato Franchini che ripete: «Pensaci, pensaci a cosa vuoi fare con loro». Prendere tempo, farli aspettare. Oppure raccontare qualcosa. Non tutto, ma qualcosa, per farli star buoni. La televisione parla dei complici, una donna bionda vista sulla Mercedes a Ventimiglia, subito dopo il delitto di Gorni. Tirare in ballo qualcuno, e poi diventare un infame? Fare un patto, voi mi togliete qualcosa ma io vi faccio dei nomi? E arriva domenica, che a Marassi come in tutte le carceri è uguale, stesso vassoio a pranzo e cena. Domenica scorsa ero con Maria, l'ho portata a cena e l'ho anche presa in giro: questo mostro cerca le giovani, non le vecchie come te. «Prima domenica senza la paura sui treni», la tv fa vedere la gente che va al mare. Parlare anche delle due sui treni? Ammettere, confessare anche quelle donne? Ma in cambio che si ricava? Ma il lunedì, sesto giorno di isolamento, l'avvocato racconta che adesso la storia dei treni è certamente «attribuibile». Vale a dire che è fatta, ci sono le prove schiaccianti, la pistola, e 0 resto. «Cosa hai deciso di fare? Se decidi, fammi chiamare». Mica facile, però uno potrebbe puntare sui problemi psichiatrici. In fondo tutti sanno della pensione di invalidità, e gli si può anche spiegare come è arrivata. Fare il pazzo qualche volta conviene, soprattutto se qui hanno roba pesante, cioè da ergastolo, ed ogni ora che passa i delitti «attribuibili» aumentano. Fare il pazzo, fare una grande scenata. Schivare Porto Azzurro, però finire in manicomio criminale. Dieci, quindici anni, poi uscire. Ma conviene? E arrivò martedì, 12 maggio. La tv parla di cosche, di procura distrettuale antimafia, di cose sempre più gravi. Martedì ritorna il dottor Canciani, quello giovane, e insieme a lui la grande crisi. Parole sconnesse: «Cosa mi succede se parlo?», interviene Franchini che dice: «Stai calmo, tutto si può sistemare». Dieci minuti, ma anche se forse tutto è perduto, è meglio aspettare un po'. «Dottore, mi avvalgo della facoltà di non rispondere». Fine di un interrogatorio nemmeno iniziato. E mercoledì, ottavo giorno di isolamento. L'avvocato consiglia, ma la decisione finale è di Bilancia Donato. Perizia psichiatrica, «non so bene quello che ho fatto, mentre uccidevo non sapevo cosa stavo facendo, non sto bene, sono un malato». Capiranno? Crederanno? «Ho ucciso anche sui treni, ma il perché non lo so». E adesso basta, perché in questo giovedì 14 maggio non c'è altro da fare se non dire «voglio parlare con il dottor Zucca, ma solo con lui». Brunella Giovare

Persone citate: Bilancia, Canciani, Candido Randò, Franchini, Gorni, Massimino Gualillo, Zucca

Luoghi citati: Alessandria, Genova, Lorena, Novi Ligure, Porto Azzurro, Ventimiglia