L'addìo di Clinton all'alleato Suharto

L'addìo di Clinton all'alleato Suharto a Birmingham il g8 diviso sull'atomica indiana. Prodi: le sanzioni non colpiscano i poveri cristi L'addìo di Clinton all'alleato Suharto «Ceda al popolo». E manda i marines BIRMINGHAM DAL NOSTRO INVIATO Gli Otto Grandi voltano le spalle a Suharto. Alla fine della cena di lavoro i leader del G8 hanno stilato una dichiarazione dal sapore ultimativo nella quale esortano l'anziano Presidente ad avviare «al più presto le riforme politiche ed economiche necessarie» per salvare il Paese dal caos. La crisi indonesiana ha finito per dominare, con la crisi nucleare scatenata dall'India, la prima giornata degli incontri a Birmingham. Ma la situazione in Indonesia precipita con tale rapidità che solo l'uscita di scena volontaria di Suharto sembra in grado di evitare il peggio. E ieri per la prima volta Clinton ha preso pubblicamente le distanze dal leader indonesiano. Poco prima della cena il Presidente lo ha esortato «ad avviare al più presto un dialogo con i cittadini. Solo se darà loro una voce nella vita politica del Paese possiamo sperare di ristabilire ordine e stabilità, basati sui diritti umani e sul diritto». Ancora più ultimativo il giudizio di Romano Prodi: «Molto probabilmente ci sarà una svolta politica in un tempo molto breve». Clinton ha dato la netta sensazione di aver esaurito gli strumenti di pressione (soprattutto finanziari) da usare nei confronti di Suharto. E di prepararsi ormai al peggio: un'esercitazione militare americana con le forze thailandesi comincerà nei prossimi giorni e tre di quelle unità navali Usa - duemila uomini si muoverà verso la costa indonesiana per assistere in caso di un'eventuale evacuazione. La frustrazione del Presidente Clinton non è certo diminuita quando gli Otto sono passati a discutere dell'India. Alla fine sono riusciti a stilare una dichiarazione congiunta di forte condanna contro New Delhi. Ma le divergenze su questo fronte, già chiare dall'inizio, non sono state affatto smussate dalla cornice gradevole della serata. Dei Grandi, solo il Giappone segue gli Stati Uniti nell'invocare sanzioni economiche e finanziarie. La Francia ha trovato un nuovo terreno su cui smarcarsi da Washington e cerca di farlo con la massima risonanza. La Russia, coinvolta nelle dinamiche di geopolitica regionale, vede un'opportunità per rafforzare il suo legame con l'India. Gli altri europei e i canadesi, pur lavorando per l'armonia, rimangono contrari all'idea di sanzioni pesanti. Spiega Prodi: «Le sanzioni non devono colpire i poveri cristi sennò finiscono per avere l'effetto opposto. Ci sarà un richiamo molto forte all'India. Ci vogliono misure. Ma non misure al massacro, che vanno a colpire centinaia di milioni di persone». La ricerca di un compromesso, aldilà delle velleità francesi e degli obbiettivi geopolitici della Russia, è comunque complicata dall'automaticità delle sanzioni americane (previste per legge). Un GB diviso sulla risposta da dare ai test nucleari indiani è precisamente il risultato su cui puntava New Delhi: perché anche un ricniamo molto forte dei Grandi non controbilancerà l'impatto politico dei test sia in India che nella regione. Ed anche il Pakistan potrebbe trarre la sua lezione dal responso dei Grandi all'India. L'Amministrazione americana continua a sperare che il governo di Islamabad rinunci a seguire la strada imboccata da New Delhi e blocchi sul nascere un'escalation nucleare destabilizzante per tutta la regione, che finirebbe per coinvolgere anche la Russia, più vicina all'India, e la Cina, più vicina al Pakistan. Domani l'inviato di Clinton a Islamabad Strobe Talbott e il generale Anthony Zinni, comandante delle forse Usa nella regione, arri¬ veranno a Binningham per informare il Presidente sui loro colloqui con il governo pakistano. Per il momento la risposta di Islamabad con un test nucleare sotterraneo sembra rinviata, ma gli Stati Uniti dispongono di pochi strumenti concreti per persuadere il governo di Anwaz Sharif, che si trova sotto estrema pressione interna, a rinunciare per sempre agli esperimenti. Fonti deU'Amministrazione riconoscono di avere poche «carote» con cui incoraggiare Islamabad. L'unica speranza, dicono, è di convincerli «che alla lunga è nel loro interesse» non seguire l'India. Andrea di Robilant Li L'improvvisato bagno di folla del primo ministro Tony Blair ieri a Birmingham. Nella foto a destra, il presidente americano Bill Clinton scende dalla scaletta dell'Air Force One al suo arrivo in Gran Bretagna. Nella foto in basso, Romano Prodi [FOTO AP-REUTERSj