Da Bologna a Torino Addio ai mega-atenei

Da Bologna a Torino Addio ai mega-atenei Da Bologna a Torino Addio ai mega-atenei ROMA. Sono sei i megatenei italiani che dovranno essere smembrati per primi, secondo le indicazioni del ministero dell'Università. Lo prevede il decreto, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 13 maggio, con cui il ministro Luigi Berlinguer dispone «la separazione organica» dei sei atenei, con l'obiettivo «di migliorare la qualità della vita e del processo formativo di quelle comunità universitarie». Gli atenei sono quelli di Roma-La Sapienza (160 mila iscritti), Bologna (95 mila), Milano (96 mila), Napoli-Federico II (75 mila), Torino (72 mila e Bari (66 mila). In particolare, la seconda università statale di Milano è in dirittura di arrivo. Il ministro Berlinguer ha firmato il decreto istitutivo formale dell'ateneo e prima dell'estate cominceranno tutte le procedure di costituzione. Il secondo obiettivo di Berlinguer è «il riequilibrio del siste- ma in rapporto alla domanda e all'offerta di istruzione universitaria», valutando i bacini territoriali. Saranno individuate come sovraffollate, e quindi sdoppiate per prime, le facoltà che hanno più di cinquecento docenti oppure più di diecimila studenti in corso. Ciascuno dei sei megatenei, in collaborazione con gli atenei vicini e col coinvolgimento delle facoltà interessate, dovrà predisporre un piano di decongestionamento che trasmetterà al ministro dell'Università, do- po il parere tecnico dell'«Osservatorio per la valutazione del sistema universitario». La divisione dei mega atenei fa parte della riforma dell'università ormai in cantiere. Il ministro Berlinguer spiega che entro due mesi ci sarà il varo formale attraverso atti del governo. In tema di università uno dei problemi che ciclicamente viene sollevato è quello del numero chiuso. «Non è un problema dell'università italiana - afferma il ministro - dove la grandissima maggioranza dei corsi non è a numero chiuso. I problemi sono altri. Quello del numero chiuso è totalmente secondario, riguarda solo alcuni corsi di laurea dove è necessario fare una selezione prima dell'ingresso perché in caso contrario diventerebbero fabbriche di disoccupati. La malattia più grave dell'università italiana sta nel fatto che la grande maggioranza degli studenti che si iscrive non finisce. E chi arriva alla fine sottolinea Berlinguer - lo fa con enorme ritardo. Ma di questo nessuno parla. Noi vogliamo evitare che ciò continui ad accadere: con questa riforma viene cambiata tutta l'impostazione didattica perché finora i corsi di laurea venivano stabiliti a Roma deresponsabilizzando gli organi accademici, ora invece dovranno seguire attentamente l'andamento dell'insegnamento, differenziandolo in base alle vocazioni degli studenti». Pochi giorni fa un rapporto dell'Ocse sulle politiche italiane dell'istruzione osservava che uno dei punti dolenti del sistema è quello del corpo insegnante: eccessivo, mal pagato, con diffuse demotivazioni, con elementi bravi ma preparati in maniera superata. Le riforme impostate da Berlinguer venivano giudicate «estremamente audaci e tali da poter contribuire notevolmente a ridurre il ritardo dell'Italia in campo educativo». Le riforme preparate da Berlinguer, docente a Siena oltre che ministro, superano dunque l'esame Ocse, sia pure accompagnate da molte osservazioni e dalle relative raccomandazioni. In ogni caso, per l'Ocse le riforme impostate nel nostro Paese sono tali «da fare, sin dall'inizio del secolo venturo, del sistema scolastico italiano un sistema innovativo, creativo e di successo», [p. poi.] Sei le università interessate al progetto Berlinguer: riequilibrio che migliora la qualità Accanto: il ministro della Pubblica istruzione, Luigi Berlinguer. In alto, a destra: l'università «La Sapienza» di Roma

Persone citate: Berlinguer, Federico Ii, Luigi Berlinguer