Il Nord nella ragnatela di don Piddu di Francesco La Licata

Il Nord nella ragnatela di don Piddu Il Nord nella ragnatela di don Piddu La strategia di Madonia, uno dei re storici della mafia I LEGAMI TRA IL KILLER E LA MAFIA VISTA dall'esterno, questa storia del Bilancia che nasce serial-killer e finisce mafioso - con tanto di faide e racket di tutto rispetto - non risulta molto comprensibile. Secondo le «ultimissime da Genova» - dunque - il sadico assassino dei treni, l'uomo che uccideva le signore sole e ne godeva, sarebbe anche uno spietato sicario. Questa sorta di «lavoro straordinario» lo svolgeva addirittura per Cosa nostra, la mafia siciliana che a Genova e più in generale in Liguria può vantare un buon insediamento, addirittura alle dipendenze di Giuseppe Madonia di Vallelunga (Caltanissetta). Il nome del boss è di quelli che fanno notizia, essendo don Piddu indicato come uno dei grandi capi della mafia siciliana. Ma c'è un piccolo particolare non trascurabile, che andrebbe chia- rito. Bilancia - per quello che se ne sa - sarebbe arrivato alla ribalta in epoca relativamente recente, forse un paio d'anni fa. Don Piddu, invece, si trova in carcere dall'autunno del 1992, sempre sottoposto al regime del carcere duro (il famigerato 41 bis) e sommerso da un mucchio di guai giudiziari - la strage di Capaci, per esempio - che dif¬ ficilmente gli avrebbero lasciato la voglia di dedicarsi ad un personaggio decisamente mediocre come Bilancia. Altra cosa, evidentemente, è l'ipotesi circa i contatti tra Donato Bilancia e il bell'ambientino di malavitosi che popola una certa fetta di illegalità in Liguria. Giuseppe Madonia, è vero, ha frequentato il Nord Italia. Una sentenza della magistratura ligure, anzi, decreta con certezza che in quella regione Madonia ha fatto uccidere gente. Ma quando? Certamente non ieri. E' utile, in proposito, tracciare una breve storia del boss. Piddu è figlio di un capo storico di Cosa nostra: Francesco, detto Ciccio, che morì nella seconda metà degli An¬ ni 70, colpito dal piombo corleonese che iniziava la scalata alla piramide mafiosa. Fece clamore la morte di don Ciccio, sulla cui tomba fu posto l'epitaffio voluto dal figlio: «Francesco Madonia, un uomo». Erano tempi duri, quelli. L'altro grande boss di Riesi, Giuseppe Di Cristina, verrà ucciso poco dopo, «colpevole» di non essersi allineato con Totò Rima e di aver ceduto alle lusinghe di un maggiore dei carabinieri. Lui, Piddu, capisce al volo ed accetta le proposte dei «corleonesi». Una buona fetta della provincia nissena diventa territorio della mafia vincente, quella di Riina e Provenzano. Per qualche anno Madonia non viene sfiorato dalla repressione poliziesca, anche perché coperto dal cognome di altri Madonia, quelli palermitani di Resuttana, Francesco e i suoi figli, Pino, Aldo, Antonino e Salvatore. L'emigrazione verso il Nord è del 1983, anno in cui il giudice Giovanni Falcone comincia ad interessarsi a don Piddu. E ne aveva tutti i motivi. L'importanza del boss, infatti, era stata sempre sottovalutata. Madonia appartiene a quella categoria di «mafiosi doc» che, senza mai strafare, riesce a gestire molto potere. Ironico, spiritoso, anche colto a modo suo, don Piddu ha sempre intrattenuto buoni rapporti con la politica. Ed è questo il motivo per cui ha spesso ricevuto la corte di quegli ambienti, non giudiziari ma egualmente investigativi, sempre a caccia di notizie da non utilizzare necessariamente in un rapporto al pubblico ministero. Lui stesso ha detto di essere stato invitato a «collaborare» in cambio di soldi e promesse. Certo, ne avrebbe cose da dire. Riesi, la mafia nissena, San Cataldo, Mussomeli, sono nomi che evocano gran¬ di misteri. Come quello che vide il banchiere Michele Sindona, già latitante ed ufficialmente in mano a fantomatici terroristi, ospite di un club privato di San Cataldo. Sono questi strani intrecci che hanno spesso indotto Madonia ad ironizzare sul rapporto tra mafia e Stato. Una delle sue battute più riuscite? Rispondendo ai giornalisti che gli chiedevano se esiste la «piovra», disse: «Esiste una commissione antimafia, deduco che esisterà anche la mafia». Dal '92 sta in carcere respingendo le chimere pentitistiche. Che cosa può avere in comune, un personaggio simile, con Donato Bilancia? Tranne che questi non sia un assassino al soldo di tutti. Uno di quelli che può ritrovarsi in una trama più grande di lui, utilizzato proprio perchè uomo da bruciare. Francesco La Licata Una sentenza della magistratura ligure decreta con certezza che in Liguria ha ordinato stragi Dal '92 è in carcere, sommerso da un mucchio di guai giudiziari La partecipazione a Capaci Il boss Giuseppe «Piddu» Madonia