«Mia figlia soffocata con un'arancia»

«Mia figlia soffocata con un'arancia» Milano, l'ex re delle case farmaceutiche: era in ospedale con le mani immobilizzate «Mia figlia soffocata con un'arancia» La denuncia di De Angeli MILANO. Quando le hanno scostato le lenzuola - stanza numero 3, reparto di Neuropsichiatria, Pohclinico - Emanuela, 31 anni, figlia di Floriano De Angeli, ex re della farmaceutica, e di Giovanna Carissimi, grande famiglia bolognese, era morta da un bel po' di minuti. Erano le 17,25 del 30 aprile scorso: «Aveva la pelle blu - dirà uno degli infermieri - il segno del soffocamento». Non era certamente un suicidio: sottoposta a una speciale terapia del sonno, Emanuela, rimaneva gran parte del giorno sotto sedativi e tranne durante i pasti assistiti, aveva braccia e gambe legate per impedirle di farsi del male. Poteva essere (e a questo pensò la madre arrivando nel tardo pomeriggio di quel 30 aprile) una storia di malasanità, incuria, incidente doloso. Per questo la mattina dopo firmò un esposto ai carabinieri. La pretura ordinò l'inchiesta. L'inchiesta prevedeva l'autopsia. Solo che adesso - referto finalmente ultimato - l'autopsia cambierà per intero i contorni della storia. «Mia figlia - racconta con voce ferma e dura Floriano De Angeli è stata soffocata. Non so da chi, non so perchè, ma so come: le hanno trovato, all'altezza della laringe un mezzo arancio di otto centimetri di diametro. Un mezzo arancio, capisce? Spinto giù in fondo alla gola che mai e poi mai lei avrebbe potuto inghiottire da sola». Non sa da chi, non sa perchè. Il referto, firmato dai professori Goi e Lodi, è arrivato sulla scrivania di Margherita Taddei, sostituto procuratore della repubblica. Così come è arrivato l'esito dell'inchiesta interna fatta dal Pohclinico: «Neghiamo ogni responsabilità del personale». Floriano De Angeli, che ha mo- di di gentilezza misurata, fa da molti anni un lavoro speciale. Ha smesso di occuparsi di farmaci, si è ritirato in una grande cascina dalla parti di Pavia e ha creato uno dei più importanti archivi sulla criminalità economica e finanziaria. Si chiama «Mafia Connection - Biblioteca e Centro Documentazione». Viene consultato da giornalisti, associazioni, studiosi, a volte persino investigatori. Raccoglie alcune migliaia di dossier - ritagli di giornali, inchieste parlamentari, atti giudiziari, libri - gestiti da una mezza dozzina di computer che ogni giorno, da fonti elettroniche, ampliano e moltiplicano le informazioni. «Io non so se ci sia una relazione tra il mio lavoro e la morte di mia figlia - dice -. Non trovo nessuna spiegazione plausibile, non trovo un senso... So solo che mia figlia non è morta per un incidente perchè l'autopsia lo dimostra. E quando il PoUcliaico dice che non ha responsabilità, perchè davvero il reparto è un piccolo modello di efficienza, implicitamente conferma che Emanuela è stata assassinata». Racconta: «Mia figlia soffriva di disturbi psichici da quando era nata. Stava per lo più in una clinica vicino a Lecco, un paio di volte all'anno veniva sottoposta alla cura del sonno... Le terapie e la clinica le consentivano di vivere una vita decente». Tornando a quel 30 aprile. Intorno alle 17 si apre la porta del reparto per le visite dei familiari. Emanuela condivide la stanza con due altri pazienti anche loro sottoposte a sedativi e sonniferi. Sono i genitori di una delle due compagne a dare all'allarme. Diranno i testimoni che Emanuela De Angeli aveva il lenzuolo tirato su fin quasi ai capelli. Devono avere intravisto il viso cianotico e immobile. Hanno scostato il lenzuolo. Hanno chiamato aiuto. Riferisce l'inchiesta del Policlinico: «Sono accorsi gli infermieri e il medico di turno. Nessuno però ha più potuto fare nulla perchè la giovane non dava più segni di vita». L'allarme è stato dato alle 17,25. Riferisce il Pohclinico: «Poco tempo prima il personale aveva appurato che la paziente stava bene». Quanto tempo prima? Potrebbe esserci uno scarto sufficiente di tempo, tra l'ultimo controllo e l'allarme, per un ipotetico omicidio? La stanza era in ordine perfetto. Non c'era cibo di fianco al letto. La suora che ogni giorno rima¬ neva ad assistere Emanuela era andata via intorno alle 14,30. La cena sarebbe stata distribuita solo dopo le sei di sera. Ma c'erano pur sempre gli infermieri e i medici di turno: possibile che qualcuno sia potuto entrare, uccidere e sparire? E davvero il Centro Documentazione di Floriano De Angeli può essere il movente di una vendetta? Resta il fatto che Emanuela, con le braccia bloccate, non era in grado di mangiare da sola. E che secondo l'autopsia il mezzo arancio è stato «spinto in profondità», «fino alla laringe», sebbene non ci siano tracce di arancio nello stomaco. Così l'altra mattina - ascoltando l'intera storia - la procura di Milano ha aperto l'inchiesta. Ci sono gli indizi di un omicidio, non ancora un movente, e un ritardo di allindici giorni. [p. cor.] Possiede un grosso archivio sulla criminalità «Non so se ci sia una relazione con questo lavoro» Il Policlinico di Milano al centro del giallo De Angeli

Persone citate: De Angeli, Emanuela De Angeli, Floriano De Angeli, Giovanna Carissimi, Margherita Taddei

Luoghi citati: Lecco, Lodi, Milano, Pavia