Urlano le sirene, tutti sull'attenti per la Nakba, come per la Shoah di Fiamma Nirenstein

Urlano le sirene, tutti sull'attenti per la Nakba, come per la Shoah Urlano le sirene, tutti sull'attenti per la Nakba, come per la Shoah TEL AVIV NOSTRO SERVIZIO Probabilmente secondo Arafat, la grande «marcia del milione» in nome della Nakba palestinese avrebbe dovuto essere soltanto un forte elemento di pressione politica sulle trattative di pace in corso a Washington; e anche, forse, una mano movimentista tesa verso Hamas per tenerlo tranquillo. Infatti le sue dichiarazioni di ieri, anche se forti e agguerrite, sono state di stampo piuttosto classico: «Reclamiamo i nostri diritti, il diritto al ritorno, quello a una pace giusta in Gerusalemme Est che deve divenire la capitale del futuro Stato Palestinese»; e il poeta Mahmud Darwish ha ripetuto alla tv palestinese la formula classica del diritto del suo popolo alla sovranità e all'indipendenza. Ma in realtà Arafat ha ignorato, mentre in questi giorni i giornali propagandavano e ripetevano all'infinito la formula della Nakba, che le parole sono pietre, e in questo caso mai formula fu più letterale. Dunque, Nakba vuol dire sciagura. Ma vuol dire anche qualcosa di più forte: vuol dire Olocausto. Anzi, è proprio la stessa parola. Il suggerimento è chiaro: come agli ebrei fu data l'ultima spinta per costruire il loro Stato nel 1948 dalla Shoah che stava alle loro spalle, anche lo Stato palestinese deve finalmente nascere in omaggio alla sofferenza del suo popolo. Intorno a questa parola, proprio nelle ore in cui Israele festeggia i suoi cinquantanni, l'Autonomia Palestinese, e non a caso nella sua parte più addentro le istituzioni culturali, ha creato un insieme di eventi senza precedenti: film, spettacoli, conferenze, narrazioni e testimonianze raccolte sui vari epi-. sodi del 1948, sull'evacuazione dei villaggi palestinesi, sulla fuga di fronte agli ebrei, o sull'abbandono del territorio israeliano dopo il messaggio bellicoso degli Stati arabi. Comunque siano andate le cose, per i palestinesi ci fu certamente una Nakba e di certo non è da poco il pasticcio concettuale che si è creato nel gestire i colloqui di pace. Per loro natura questi colloqui sono sempre cauti, parziali, rispettosi del carattere minimale dei giochi politici. Si è fatta una bandiera di un concetto totalizzante, che lascia pochi spazi alla fantasia: quando si dice Olocausto, disastro, sciagura, questo suggerisce a sua volta soluzioni totalizzanti, odii inveterati, del genere precedente agli accordi di Oslo. Tanto più impressionante è questa confusione perché a farla nascere, come tante ispirazioni nel- la nazione palestinese, è stata proprio Israele in prima persona, e mai tanto come adesso. Esiste ormai da alcuni anni una scuola storica israeliana detta «revisionista» il cui leader è il professor Benny Morris dell'Università di Beersheba: il professore ha studiato in tutti gli archivi britannici, insieme con molti suoi allievi, per dimostrare che l'espulsione araba da parte israeliana fu molto più massiccia di quanto gli ebrei non abbiano mai voluto ammettere, e che l'evacuazione di certi villaggi situati in punti strategici fu pianificata, e non si pose il problema di risparmiare la popolazione civile. Questa tesi è ormai passata nella vulgata ed è stata un'enorme materia di rinnovamento culturale. E' diventata popolare attraverso il serial televisivo Tkuma, Rinascita, del canale statale della tv. In questo serial il cinquantenario d'Israele è stato in sostanza ricordato legittimando in pieno la Nakba palestinese: anzi una delle puntate, la più discussa, era proprio intitolata così. Quello che è successo ieri è che il Disastro che i palestinesi hanno tutto il diritto di lamentare, è apparso come l'unica modalità del rapporto israeliano-palestinese: una visione molto riduttiva, dato che questo rapporto è anche in momenti di difficoltà come quello ingenerato da Netanyahu, più articolato, migliore assai di come lo vorrebbe Hamas. Era interessante e toccante la scena dell'apertura della giornata della Nakba: con la su-ena, sull'attenti, in silenzio, proprio in maniera identica al modo in cui gli ebrei ricordano i loro morti nel giorno della memoria della Shoah. Fiamma Nirenstein

Persone citate: Arafat, Benny Morris, Mahmud Darwish, Netanyahu

Luoghi citati: Gerusalemme Est, Israele, Oslo, Tel Aviv