Prigioni private l'altra faccia del boom

Prigioni private l'altra faccia del boom discussione. In America un grande business: ma porta davvero vantaggi alla collettività? Prigioni private l'altra faccia del boom Yfì LOS ANGELES NA delle grandi idee delI l'era Reagan fu la privaI tizzazione delle prigioni. -V.l Le tesi usate per promuoverla erano le solite: il governo è inefficiente, i privati possono costruire e amministrare un carcere a prezzi competitivi, dunque conviene al contribuente appaltare loro i prigionieri per un tanto al giorno. Così i privati ci guadagnano, i cittadini risparmiano e tutti sono più contenti. A una quindicina d'anni di distanza da questa bella scoperta, il futuro sembra arriderle: con una popolazione carceraria di un milione e ottocentomila persone (più del doppio di dieci anni fa, e nonostante il crimine sia stato in ribasso nell'ultimo quarto di secolo: è la severità di leggi e giudici che fa la differenza), le previsioni sono che nei prossimi cinque anni le prigioni private americane raddoppino la loro utenza, che ammonta oggi a 77.500 «clienti». Chissà quanto sta risparmiando chi paga le tasse, penserete: ma i dati che cominciano ad affluire comunicano un messaggio ben diverso. Che i privati siano in grado di tagliare i costi non c'è dubbio. Nell'istituto di pena in costruzione a Lawrenceville in Virginia, per esempio, sono state eliminate le torri di guardia, con un risparmio di due milioni e mezzo di dollari; il direttore di una prigione statale non avrebbe potuto permettersi un simile rischio, in questo caso invece il direttore viene premiato perché negli affari il rischio paga. Ma i profitti più grossi si ottengono riducendo il personale (che rappresenta il 70% dei costi di una prigione), assumendo personale meno qualificato o con più «problemi» (per esempio, guardie radiate dal settore pubblico perché responsabili di pestaggi) e sostituendo pensioni e altri benefici con partecipazioni azionarie. Quest'ulti- ma strategia, in particolare, consente di prendere due piccioni con una fava: d'ora in avanti le guardie staranno ben attente a non «sprecare» cibo o detersivi, perché i soldi che si spendono sono anche loro. E non c'è dubbio che i privati ci guadagnino bene. La compagnia principale nel ramo è la Cca (Corrections Corporation of America): quando le sue azioni sono arrivate sul mercato nel 1986 il loro valore complessivo era di 50 milioni di dollari, oggi è tre miliardi e mezzo. Le cose vanno tanto brillantemente che la Cca ha cominciato a esportare i propri servizi, con prigioni in Inghilterra, Australia e Portorico. Gli investitori esultano; una rivista specializzata paragona la Cca a un albergo le cui stanze sono sempre tutte occupate, e sono prenotate fino al prossimo millennio. Quel che non è chiaro è se e quanto tutto questo convenga ai cittadini. Uno studio condotto in Tennessee indica che il rispar¬ mio «girato» allo Stato da una prigione privata è di 38 centesimi al giorno a detenuto, su un costo complessivo di 35 dollari. E c'è da sperare che non succedano inconvenienti: se un detenuto scappa, infatti, è compito dello Stato andarlo a riprendere (e assumersi le relative spese). Il motivo di una competitività così miserabile, d'altra parte, non è accidentale ma strutturale. Alle compagnie basta dimostrare che allo Stato risparmiano qualcosa. Una volta ottenuto questo risultato, è nel loro interesse (esattamente come per le mutue e gli ospedali privati) mantenere il «qualcosa» al livello più basso possibile. Se anche quel che di fatto risparmiano loro dovesse raddoppiare, non ci si aspetta certo che aumenterebbe il profitto del contribuente. C'è ancora una parte in causa, in questa operazione: i carcerati. Come se la passano loro, nelle prigioni «a fini di lucro»? Per quanto brutta sia la situazione nelle strutture tradizionali, sembra che la concorrenza privata sia anche peggio. Mancano i programmi di riabilitazione (perché costano); si mangiano purè instant e pizze precotte (perché costano meno); almeno una donna è morta di parto dopo che per dodici ore nessuno l'ha portata in ospedale (gli ospedali costano). Perché dunque il business continua a crescere con tanto entusiasmo? In parte è la retorica di questi anni di governi «ridotti al mimmo»; in parte la simpatica sinergia tra compagnie carcerarie e politici locali. In Tennessee, il principale lobbyst della Cca è la moglie del presidente della Camera, e Thomas Beasley, cofondatore della Cca, è buon amico dell'ex governatore (e recente candidato presidenziale) Lamar Alexander, che nel 1985 appoggiò la proposta di cedere l'intero sistema carcerario statale alla ditta di Beasley (di cui peraltro sua moglie era azionista). E' una triste storia, con qualche insegnamento. «Utile» ed «efficiente» sono parole ambigue: per capirne il significato occorre precisare a chi e per che cosa un oggetto o un'azione sono utili o efficienti. Ma spesso di tali precisazioni ci si dimentica, con esiti assai utili per alcuni e disastrosi per altri. Ammettiamo pure che le prigioni statali siano inefficienti e quelle private no; non ne segue affatto che sia ragionevole sostituire le seconde alle prime. Perché è del tutto possibile (come insegna l'esperienza americana) che le prigioni statali siano inefficienti nell'amministrare un compito di giustizia e quelle private siano invece molto efficienti nel riempire di denaro le tasche dei loro padroni. Se davvero vogliamo aderire fino in fondo al modello del mercato e comportarci sempre e comunque da consumatori, la prima regola da seguire è controllare bene che la merce che ci viene offerta sia quella che volevamo. Altrimenti, potremmo scoprire di aver venduto l'anima al diavolo per una valigia di carta straccia. Ermanno Bencivenga Quindici anni fa per tagliare le spese dello Stato Reagan appaltò la gestione dei detenuti Per garantire i profitti non si fanno programmi di riabilitazione e si assume personale non qualificato Un carcere americano: con la privatizzazione i risparmi per lo Stato sono irrisori ma la condizione dei reclusi è peggiorata

Persone citate: Beasley, Ermanno Bencivenga, Lamar Alexander, Reagan, Thomas Beasley

Luoghi citati: America, Australia, Inghilterra, Los Angeles, Portorico, Tennessee, Virginia