Bruxelles boccia le 35 ore per legge

Bruxelles boccia le 35 ore per legge La Commissione: la riduzione obbligatoria dell'orario può avere conseguenze sfavorevoli Bruxelles boccia le 35 ore per legge De Silguy: «Sul deficit l'Italia deve fare di più» STRASBURGO DAL NOSTRO INVIATO «Una riduzione obbligatoria e generalizzata del tempo di lavoro, motivata in parte con la speranza di aumentare il livello di occupazione, può avere delle conseguenze sfavorevoli e dovrebbe quindi essere evitata». Mittente: la Commissione europea. Destinatari: formalmente tutti e quindici gli Stati membri; di fatto la Francia che ha già approvato e l'Italia che si appresta ad approvare una legge il cui obiettivo è appunto la riduzione generalizzata a 35 ore settimanali dell'orario di lavoro. Ha un bel negare che le parole di Bruxelles siano destinate a qualcuno in paiUcolare il coni missaric jinopeo Yves Thibault de Silguy («Noi non vogliamo entrare in nessun dibattito interno, questa non è una raccomandazione per gli Stati»), di fatto le parole messe nero su bianco nel documento che la Commissione ha presentato ieri, le «Raccomandazioni sulle linee guida di politica economica» dell'Unione europea - che erano già state formulate due mesi fa nelle previsioni economiche - possono indirizzarsi solo a Roma e a Parigi. Certo, non è che per Bruxelles la riduzione dell'orario sia tutta da buttare. Anzi nel documento si ipotizzano effetti positivi sull'occupazione grazie a «misure specifiche di riduzione del tempo di lavoro a livello microeconomico», a patto che queste siano «giustificate dalla situazione locale», vengano «negoziate tra le parti sociali e siano reversibili» o ancora si possano «considerare iscritte nella tendenza secolare alla riduzione del tempo di lavoro». Ma si tratta solo di uno dei tanti mezzi per cercare di aumentare l'occupazione, considerato pari ad altri, come quello di «incoraggiare il massimo ricorso sia al tempo parziale su base volontaria, sia a delle nuove forme d'impiego». Ma di critiche, nelle linee guida, ce ne sono un po' per tutti e non solo sul fronte dell'occupazione, dove «gli sforzi compiuti fino ad ora sono insufficienti» e dove l'esame dei piani presentati dai governi ha rivelato troppi punti vaghi, ma anche per il processo di risanamento delle finanze pubbliche che - recita il vangelo comunitario - è condizione indispensabile per rimettere in moto crescita e occupazione. Il documento che la Commissione ha presentato e che dovrà adesso essere approvato dai ministri finanziari dei Quindici il 5 giugno assume un rilievo assai maggiore che negli anni passati adesso che è stata creata la zona-Euro, i cui undici appartenenti hanno ed avranno sempre di più politiche di bilancio costrette nei binari fissati dalla Commissione e nel Patto di stabilità. Come spiega de Silguy servirà a due scopi: «A rinforzare la cultura della stabilità nell'Uem e a mettere in atto riforme strutturali» che dovranno toccare il mercato unico, la politica di concorrenza, i mercati finanziari. Per la prima volta, come sottolinea anche il commissario, le linee guida contengono anche indicazioni dettagliate, Stato per Stato, su quello che ciascuno deve fare sul fronte del risanamento delle finanze pubbliche per raggiungere l'obiettivo di bilanci in pareggio o in attivo. E tanto per dimostrare che anche dopo l'ingresso nell'Euro non tutti sono uguali, arriva un nuovo secco avvertimento all'Italia perché acceleri il ritmo di riduzione di deficit e debito pubblico. «L'Italia - sostiene il documento - deve intensificare i suoi sforzi di risanamento finanziario. Sono necessari degli sforzi per assicurare una rapida diminuzione della percentuale del deficit grazie a un livello adeguatamente alto di avanzi primari nel medio termine. Una tale evoluzione del deficit globale, rafforzata dagli introiti derivanti dalle privatizzazioni, dovrebbe assicurare una riduzione continua della percentuale di debito». «Rafforzare» il rientro del deficit è insomma la parola d'ordine per il nostro Paese, mentre per un partner con un rapporto debito/Pil ancor più alto di quello italiano, il Belgio, la Commissione si limita a dire che «dovrà proseguire i suoi sforzi», «mantenere un controllo rigoroso» dei trasferimenti pubblici. Ma una bacchettata arriva anche alla Francia che, secondo la Commissione, dovrà «precisare la sua strategia di bilancio a medio termine» cioè mostrare chiaramente che intende scendere sotto il tetto del 3 per cento nel rapporto deficit/Pil anche a costo di rinunciare a interventi di spesa pubblica per favorire l'occupazione. Francesco Manacorda Yves-Thibault De Silguy li Kg QUESTI I PIANI DEL GOVERNO LE CIFRE PRINCIPALI DEL DPEF, IN VALORI PERCENTUALI E IN MILIARDI 1998 . 1999 ' 2000 2001 PILREALE : 2,5% 2,7% 2,9% 2,9% INFLAZIONE .1,7% 1,5% 1,5% 1,5% TASSO BOT 12 MESI 4,5% 4,5% 4,5% 4,5% OCCUPAZIONE - 0,7% 0,9% 1,0% DEFICIT/PIL 2,$% 2,0% 1,5% 1,0% DEBITO/PIL . 118,2% 114,6% 110,9% .107,0% AVANZO PRIMARIO/PIL [ 5,5% 5,5% 5,5% 5,5% INTERESSI/PIL * 8,0% 7,5% 7,0% 6,5% ■i'-.'-f 'f: ';}■''/['■' S'v.-'H ; ; v-'' ■ f'-'/'' ^i."'":/'": ]'!' :'V/-"^p- '"."r?-/• AVANZO PRIMARIO TEND. - « 108.400 114.000 120.100' AVANZO PRIMARIO PROG. 116.400 122.000 128.000 MANOVRA CORRETTIVA - 13.500 4000 2000 INTERVENTI SVILUPPO 5500 9500 11.600 RIDUZ. PRESS. TRIB. - 2000 2000 2000 Wkmmmmmmmmmmmmmmm^

Persone citate: De Silguy, Francesco Manacorda Yves, Yves Thibault