Ai figli stessi diritti di R. Cri.
Ai figli stessi diritti Ai figli stessi diritti La Corte Costituzionale tutela quelli naturali ROMA. I figli nati fuori del matrimonio e riconosciuti hanno gli stessi diritti di quelli legittimi. E quando la convivenza tra padre e madre cessa devono essere mantenuti in proporzione alle rispettive sostanze dei genitori e alle capacità di lavoro di ciascuno. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale con una sentenza pubblicata ieri, nella quale si sottolinea come «nello spirito della riforma del 1975 il matrimonio non costituisce più elemento di discrimine nei rapporti tra genitori e figli - legittimi e naturali riconosciuti identico essendo il contenuto dei doveri, oltre che dei diritti, degli uni nei confronti degli altri». A sollevare questione di legittimità costituzionale erano stati il tribunale di Como e il pretore di Torino, che avevano sostenuto la inapphcabuità analogica dell'art. 155 del Codice Civile in relazione alla separazione dei coniugi per le relazioni more uxorio, lamentando l'assenza per i conviventi di una disciplina corrispondente. La consulta si è anche pronunciata sull'eventualità che il genitore naturale, affidatario di un minore e non economicamente autonomo, possa rivendicare il diritto di farsi assegnare la casa condivisa precedentemente con il convivente di fatto. Che si tratti di «sentenza storica», lo ribadisce l'onorevole Maretta Scoca, avvocato esperto in diritto di famiglia. «Il pronunciamento della Corte Costituzionale - ha detto - chiarisce finalmente e in maniera definitiva un principio di diritto morale prima ancora che giuridico che 0 nostro ordinamento ha fatto proprio. Il dovere per i genitori - ha spiegato - di mantenere i figli naturali nati da una convivenza "more uxorio" alla stessa stregua dei figli legittimi riafferma la rilevanza del vincolo di sangue tra ascendenti e discendenti come fonte di uno status personale che non può patire limitazioni o discriminazioni. Ma va fatta anche una precisazione per fugare facili e non fondate interpretazioni della sentenza. Parificando i figli naturali a quelli legittimi la Consulta non ha inteso porre sullo stesso piano la famiglia legalmente costituita e quella di fatto. Il rapporto di filiazione e lo status coniugale sono posizioni giuridiche distinte e non confondibili tra loro. Il principio sancito dalla Corte non contiene riconoscimenti giuridici delle unioni di fatto che rimangono prive di garanzie proprie della famiglia basata su un matrimonio civile o concordatario». Come sottolinea il presidente della commissione Giustizia della Camera Giuliano Pisapia, «questa sentenza deve costituire il primo passo verso il riconoscimento delle convivenze «more uxorio. Infatti non si comprende per quale motivo si continui a negare qualsiasi valenza giuridica alle unioni di fatto». Soddisfazione anche all'Arcigay per la sentenza che assicura «par condicio» ai figli nati fuori dal matrimonio e «rappresenta oggettivamente un ulteriore passo verso il riconoscimento legislativo delle famiglie di fatto, comprese quelle dello stesso sesso». Il passo successivo per il presidente Franco Grillini è che «finalmente il Parlamento esamini ed approvi la normativa sui diritti delle convivenze». [r. cri.]
Persone citate: Franco Grillini, Giuliano Pisapia, Maretta Scoca
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