L'ultima verità di Alghisi di Paolo Colonnello

L'ultima verità di Alghisi Sette ore di interrogatorio per l'imprenditore bresciano. Il difensore del generale: «Recita una lezione» L'ultima verità di Alghisi «Da Delfino andai con mia moglie» BRESCIA DAL NOSTRO INVIATO Si contraddice, cambia leggermente versione, balbetta, piange, ride, aggiunge particolari inediti: «Fu mia moglie ad accompagnarmi nel viaggio a Meina, per la consegna dei soldi a Delfino». Ma sostanzialmente conferma: «Ho dato quei soldi al generale perché mi aveva fatto credere che servissero alla liberazione di Giuseppe Soffiantini». Giordano Alghisi, l'imprenditore di Manerbio accusato di aver consegnato un miliardo a Francesco Delfino, ieri è rimasto per oltre 7 ore sotto il fuoco delle domande dei pm e degli avvocati delle difese. Un tour de force che si protrarrà anche oggi, fin quando il gip Roberto Spanò dichiarerà concluso «l'incidente probatorio», l'udienza con la quale si consegnerà al processo una versione dei fatti non più modificabile. Un confronto non privo di colpi di scena che si è concluso con un piccolo show sdrammatizzante dello stesso Alghisi, in vena di battute. «Certo è un uomo di spessore, meno sprovveduto di quanto appaia», ha commentato ancora divertito l'avvocato Raffaele Della Valle che oggi riprenderà il controesame. In mattinata però il legale era stato più duro: «La procura di Brescia ha avuto un comportamento quanto meno scorretto», aveva attaccato, chiedendo che l'udienza venisse interrotta per poter leggere l'ultimo verbale di Alghisi, reso lunedì davanti al pm Fabio Salamone e depositato solo ieri. Sono state quelle 13 pagine, con alcune testimonianze citate dalla difesa di Alghisi, il centro dello scontro a porte chiuse tra gli avvocati e i pm. Uno scontro da cui è emersa ancora più enigmatica la figura dell'imprenditore ex socio e amico di Soffiantini, indagato ancora per concorso in concussione ma in procinto di vedere derubricata l'accusa in favoreggiamento. Chi è Alghisi? Un imprenditore della Bassa Bresciana entrato a far parte di una storia più grande di lui? Un pasticcione che ha giccato a fare lo 007 con lo «squalo», finendo per incastrarlo? 0 un furbissimo professionista dell'intrigo? Perché in quel verbale Alghisi, oltre a fare il riassunto delle precedenti puntate, ha aggiunto particolari non secondari. Come il fatto che l'incontro per la consegna del denaro al generale (un miliardo? 800 milioni? «Quando Alghisi mi consegnò i soldi nel garage di casa mia, non li contai») avvenne il 6 gennaio a Meina e non ad Arona, come aveva sostenuto in un primo tempo. O ancora, che nel gergo tra l'imprenditore e il generale, i milioni anziché chiamarsi «ravioli» forse erano «tortellini». E che all'appuntamento nel paesino lacustre, Alghisi arrivò accompagnato dalla moglie, lasciata poi in un bar per non assistere al passaggio delle due valigette colme di banconote. «E' stato durante il viaggio - racconta Alghisi - che mia moglie ha cominciato a insistere per sapere cosa stavamo andando a fare e a questo punto le ho detto che nel baule c'erano due borse piene di soldi che dovevano essere consegnate a Delfino con riferimento alla vicenda dei sequestro Soffiantini, per dare un contributo alla sua liberazione... Lei ha pianto durante tutto il viaggio fino a Meina». Commenta acido Della Valle: «Alghisi è un allievo ben preparato, l'altro giorno è venuto qui a ripetizione». Ma l'imprenditore inguaia anche il capitano dei carabinieri Arnaldo Acerbi e il colonnello Giuseppe Finto, due ufficiali dell'Arma di stanza a Brescia, coinvolgendoli come informatissimi consiglieri dei suoi rapporti con il generale, fino al punto di prospettare con loro la possibilità di essere scortato per la consegna delle due valigette: «Ma Acerbi mi disse: "Vai tranquillo, non ti succederà niente". Non ho fatto in tempo a tornare che mi avete messo le manette». Nessuno doveva saperne nulla di questa storia. E invece adesso si scopre che Alghisi ne aveva parlato con mezzo paese: il parroco, il notaio, il banchiere, il genero, la moglie, i carabinieri. La congiura degli innocenti: tutti raccontano di aver visto Alghisi agitarsi come un matto per questa sua storia con il generale. Ma nessuno conferma di aver mai sentito con le proprie orecchie il generale chiedere alcunché. Così Della Valle ha buon gioco per tentare di mettere in dubbio, alme- no in parte, la versione dell'imprenditore: «La lezione Alghisi l'ha imparata bene, ha dovuto fare cinque interrogatori. In tasca ha pure alcuni foglietti con gli appunti che di tanto in tanto controlla. In un'occasione, però, ha addirittura sbagliato foglietto e gli ho fatto notare che quegli appunti sarebbero serviti per la domanda successiva». Eppure Alghisi, quando ricorda il lungo abbraccio col vecchio amico rimasto prigioniero oltre sei mesi, si commuove. E quando gli stessi pm nei verbali gli contestano i frequenti «vuoti di memoria», l'imprenditore mostra le carte dei medici che testimoniano come questo suo ricordare «a rate» non sia un vezzo ma una patologia, dovuta a un incidente d'auto di tre anni fa che gli causò ima commozione cerebrale. Paolo Colonnello Giordano Alghisi, l'imprenditore di Manerbio accusato di aver consegnato un miliardo a Francesco Delfino, è rimasto per oltre 7 ore sotto il fuoco delle domande dei pm e degli avvocati delle difese

Luoghi citati: Arona, Brescia, Manerbio, Meina