«Insieme portammo via il corpo»

«Insieme portammo via il corpo» «Insieme portammo via il corpo» «Tutto falso, non so nulla del bambino» fragli accusati faccia a faccia NAPOLI DAL NOSTRO INVIATO Il primo a entrare in gabbia è Gregorio Sommese, camicia a quadretti e manette ai polsi, la faccia stralunata come nelle foto segnaletiche di sei mesi fa. Gli liberano le mani e lui resta in piedi, lo sguardo inchiodato a terra. Rosaria Delle Cave, la mamma di Silvestro, ha come un fremito: lancia una grido strozzato, «disgraziato!», e nasconde il suo pianto dietro la spalla del fratello. Il padre del bimbo, Giuseppe, resta ùnmobile. Passano pochi minuti e gli agenti portano in aula l'altro presunto pedofilo-assassino, Pio Trocchia, cognato di Sommese, baffi alla Peppone e barba di qualche giorno, stivaletti ai piedi. Quando gli tolgono gli schiavettoni si siede: a sentire lui non ha da vergognarsi né chiedere scusa a nessuno. Nemmeno a quella povera donna che lo fissa senza reazioni, anche se gli occhi tradiscono la tempesta che ha dentro. Sommese ha confessato e tira in ballo Trocchia, che nega tutto. «Io non c'ero, non so perché mi accusano», dice prima che gli agenti di custodia allontanino tutti dalla gabbia. Non si guardano né si parlano, i due cognati, anche ora che a dividerli c'è solo una fila di sbarre, dopo sei mesi trascorsi ciascuno nella sua cella d'isolamento. Non si parlano da quella mattina del 15 novembre in cui furono messi a confronto nella caserma dei carabinieri di Castello di Cisterna, davanti a magistrati, investigatori e avvocati. Un faccia a faccia drammatico e terribile, con scambi di accuse e particolari raccapriccian- ti; uno spaccato dello squallido triangolo nel quale - secondo le risultanze processuali - è stata inghiottita la piccola vittima. Il resoconto di quel confronto racchiude la chiave del processo e il mistero della fine di Silvestro. Eccolo, depurato dei dettagli più scabrosi. Sommese: «Ti sei scordato? Tu stavi sopra da mio suocero, io ho citofonato (...) e mio suocero mi ha detto di portare la macchina fuori il porticato. Perché avete ucciso il bambino?». Trocchia: «Ma quando, io sabato stavo a casa, possono domandare a chi vogliono loro. Ma che cazzo state accocchiandol». S.: «Che portasti a fare il bambino da mio suocero? Tu ci facevi l'amore». T.: «Ma che dici, perché io la moglie non ce l'ho?». S.: «Ma se tu hai fatto l'amore anche con me, una volta mi hai aggredito, la seconda io ero d'accordo. Tu hai fatto lo sporco con mio suocero e Silvestro. Io ti ho visto quattro o cinque volte...». T.: «Non mi aspettavo che saresti arrivato a questo livello». S.: «L'ho fatto perché tu volevi fare l'amore con mia moglie». T.: «Ma queste sono cose vecchie, io con tua moglie ci ho fatto l'amore prima che tu te la pigliassi». Sommese riferisce altri particolari su ciò che vide fare da Allocca e da Trocchia con Silvestro, ma il cognato scarica tutto sull'anziano suocero: «Quello mio suocero era un pervertito, si faceva pure a mia cognata Carmela e l'ha fatta allontanare da casa». Sommese: «Sabato, quando sono salito a casa di mio suocero il bambino teneva una ferita in testa e stava steso a terra, e perdeva sangue. Pei io sono venuto con la macchina, e (...) l'abbiamo caricato tutti insieme a Casamarciano (dove c'è il noccioleto di Allocca nel quale sarebbe sta- to bruciato il corpo di Silvestro, nefr)...». Trocchia: «Ma che stai dicendo. Poi se c'è una cosa che mi fa schifo sono queste persone che fanno l'amore tra uomini. (...) Non capisco perché mi accusi». S.: «Ti accuso perché tu sei un porco e hai fatto lo sporco anche con me due volte, la prima volta era nella tua macchina, non te lo ricordi?». T.: «Sono tutte cose false». S.: «Il bambino non si trova». T.: «E lo vai trovando da me». S.: «Eh!». T.: «Vi assicuro che io di questo bambino non so niente, l'ho detto anche prima al signor procuratore. Non lo so dove sta il cadavere. Non ho mai partecipato a queste cose». S.: «Sto da ieri sera qua sopra per colpa tua e delle tue fetenzie», e aggiunge altri dettagli. T.: «Ma che dici, io non so niente, e lo puoi domandare a tutti, che c'è tanta gente in quel palazzo». S.: «Ma se io ti ho visto quattro o cinque volte con quel bambino. Porco!». T.: «Sono cose inventate. Quello è mio suocero che se l'è messo sotto, a questo. Io non so niente. Se questo dice che l'ha portato in campagna, chiedetelo a lui. (...)». S.: «Si 'nu puorco. Bastardo. Non hai capito che anche mio suocero ti accusa?». T.: «Questo me lo ha spiegato anche il procuratore, ma io non so niente». S.: «Vedi tu e mio suocero dove avete messo il corpo del bambino. Io ho sbagliato che l'ho portato in macchina, ma non ho visto dove l'avete portato». T.. «Ma non è vero, ma quando mai! Io non so dove sta il bambino». Sommese scarica sul cognato altre accuse su ciò che faceva con Silvestro, Trocchia si difende riversando tutto su Allocca: «Io dopo la morte di mia suocera non portavo più i miei figli, due femmine e un maschio, perché sapevo che lui aveva molestato mia cognata, e avevo paura che facesse lo stesso con i miei figli». Sommese dice di aver paura dell'uomo che ha di fronte, e quello quasi lo minaccia: «Hai ragione che ci stanno i carabinieri, che non ti posso rispondere come vorrei, cioè vanendoti. Mi hai implicato in questa cosa, manaccia a tei Mica l'ho ammazzato io questo bambino!». Altre parole non servono. I magistrati interrompono il confronto, «preso atto che le due persone rimangono nelle loro rispettive posizioni». Giovanni Bianconi Sommese: «Tu hai fatto lo sporco con mio suocero e Silvestro Perché l'avete ucciso?» Trocchia: «Non so nulla di questa storia L'ho detto al giudice E poi sono sposato» In alto Il piccolo Silvestro Delle Cave ucciso dai pedofili A lato il padre e la madre assistono al processo

Luoghi citati: Casamarciano, Castello Di Cisterna, Napoli