Il cammino verso Est
Il cammino verso Est Il crollo dell'Unione Sovietica ha cambiato la natura di un'alleanza nata nel '49 per contrastare Mosca Il cammino verso Est LA Nato (o meglio l'Alleanza atlantica, della quale la Nato propriamente detta è l'organizzazione militare integrata) nacque a Washington il 4 aprile 1949, dunque sta per compiere cinquant'anni. E infatti il 4 aprile 1999, nella stessa Washington, si terrà un vertice celebrativo, con la partecipazione dei capi di Stato o di governo dei Paesi membri. Particolare straordinario, fra questi ci saranno i leader di tre Paesi che, cinquant'anni fa, militavano (forzosamente, bisogna dire) nel campo opposto, cioè nel blocco politico-militare egemonizzato dall'Unione Sovietica. I tre Paesi sono la Polonia, la Repubblica Ceca e l'Ungheria. E' il cosiddetto allargamento della Nato, che, modificando evidentemente il Trattato istitutivo, ha bisogno delle ratifiche dei Parlamenti nazionali (non senza problemi, come si vede in Italia). Un'operazione diplomatica e strategica a lungo vagliata e discussa, e infine decisa per la spinta del governo americano, ma anche per la convinzione diffusa di una sua, come dire, inevitabilità. Il problema infatti si pose subito dopo il crollo del blocco comunista e della stessa Unione Sovietica e a porlo furono proprio i Paesi ex comunisti, la Polonia in primo luogo, per il timore di ricadere in un'area d'influenza russa dopo essersi quasi miracolosamente liberati dallo schiacciante controllo dell'Urss. Risultava difficile, se non impossibile, respingere un simile appello, almeno in via di principio. Esso fu subito sostenuto dagli Stati Uniti e anche dalla Germania, sulla base, oltre che di considerazioni generali, di comprensibili interessi politici: gli Stati Uniti per conservare o accentuare il controllo dell'evoluzione geopolitica europea dopo il crollo del comunismo, la Germania (riunificata) per disporre di un'area di sicurezza strategica, oltre che d'influenza politico-economica, tra se stessa e la Russia. E la pressione congiunta americana e tedesca fu un elemento in più, per gli altri membri della Nato, per considerare l'allargamento, appunto, inevitabile. C'era tuttavia un'altra pressione, diversa e anzi opposta, quella della Russia postsovietica e eltsiniana, che per quanto fosse nata o rinata essa stessa dalla dissoluzione dell'Urss, non poteva vedere favorevolmente uno spostamento a Est, fin quasi alle sue frontiere, dell'alleanza strategica occidentale. E ne derivò un complesso negoziato, condotto dalla Nato in quanto tale, ma sostanzialmente dall'America, la sola che potesse fornire garanzie reali a Mosca, e soprattutto la superpotenza dalla cui collaborazione Furono i i primi aalle pdel bloccoI timori post-cofino all'int polacchi bussare orte atlantico ei russi munisti sa del '97 dipendeva il faticoso e anzi drammatico processo di riconversione economica russa dopo il collasso del sistema comunista. Il negoziato portò, il 27 maggio 1997 a Parigi, a un accordo generale (il «Founding Act»), che prevede una serie di garanzie per Mosca, tra cui l'istituzione di un organismo vincolante di consultazione e una sede permanente russa nella sede atlantica di Bruxelles. Il punto di equilibrio alla fine raggiunto fu quello di coinvolgere il più possibile Mosca nella gestione di eventuali crisi future, ma senza concederle un diritto di veto sulle decisioni della Nato. A quel punto, non restava che la decisione formale dell'allarganento, che fu presa nel vertice atlantico di Madrid dell'8 luglio. I Paesi autorizzati a entrare nella Nato furono Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria (il loro ingresso sarà formalizzato nel vertice del cinquantenario a Washington). Altre domande di adesione furono congelate, e intanto erano entrati in vigore accordi di cooperazione politico-milita¬ re (la cosiddetta «Partnership for Peace»), che in teoria possono essere l'anticamera di un'adesione. A Madrid, l'Italia, col sostegno della Francia, si batté perché almeno un segnale più forte che per altri fosse rivolto a due Paesi dell'area balcanica, la Romania e la Slovenia. Ed è probabile che questi due Paesi siano i prossimi candidati reali all'adesione. Un ulteriore allargamento tuttavia resta assai problematico, per i costi che comporta l'integrazione di nuovi membri nella struttura militare dell'Alleanza e per i rapporti con la Russia. La cui opposizione più forte riguarda comunque i tre Paesi baltici, come ogni altro Paese, tipo l'Ucraina, che abbia fatto parte dell'Urss. Resta aperta una domanda di fondo: valeva la pena di tante discussioni, di tanti rischi di favorire il nazionalismo russo, di tante spese e così via, per fare entrare nella Nato Paesi che oggi come oggi nessuno minaccia? Chi risponde di no spesso pensa e dice che la stessa Nato non ha oggi motivo di esistere, visto che la Guerra fredda è finita e non esiste più il «nemico». Chi risponde di sì pensa che un nemico c'è ed è l'instabilità pericolosa del mondo del dopo-Muro e che un organismo come la Nato, insieme alleanza democratica e macchina bellica senza precedenti, rappresenti ancora oggi un'insostituibile garanzia di pace (lo si è visto in Bosnia); e che per continuare ad esistere la Nato deve raccogliere le nuove opportunità e le nuove sfide. Come appunto l'allargamento. Aldo Rizzo Furono i polacchi i primi a bussare alle porte del blocco atlantico I timori dei russi post-comunisti fino all'intesa del '97
Persone citate: Aldo Rizzo, Peace
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