Riforme; non passa il rinvio, si vota di Antonella Rampino

Riforme; non passa il rinvio, si vota Oggi la «conta» sul semipresidenzialismo. Botta e risposta tra leader pds e Berlusconi Riforme; non passa il rinvio, si vota D'Alema: il patto in casa Letta non si cambia. An d'accordo ROMA. Inseguiti dal proprio passato, dalle decisioni prima varate in Bicamerale e poi emendate fino a stravolgerle, i 19 saggi delle riforme costituzionali si sono parlati, ieri mattina, per quasi tre ore, al fine di trovare un accordo. In aula, oggi si vota il semipresidenzialismo: il primo emendamento all'articolo 64 l'ha presentato Forza Italia, e propone che il capo dello Stato sia anche il capo del governo. Un emendamento che contraddice quanto deciso nel giugno scorso e che, facile previsione, non passerà: ma anche un emendamento che esemplifica quanto siano distanti le posizioni non solo del Polo dall'Ulivo, ma anche del Polo da se stesso. Non a caso, partecipando a una trasmissione televisiva, ieri sera D'Alema ha rivolto un pubblico appello a Berlusconi: sii più fedele alle decisioni prese e ai voti espressi in Bicamerale, e separa le riforme costituzionali dai tuoi personali guai giudiziari, gli ha detto. Pronta la replica di Berlusconi, che ieri mattina non era a Roma: «Non c'è bisogno che l'onorevole D'Alema faccia appello al mio senso di responsabilità. Non c'è nessun collegamento tra le mie vicende personali e le riforme, ma le garanzie in uno Stato di diritto devono essere riconosciute non all'onorevole Berlusconi, ma a tutti i cittadini». In realtà, il Polo non è affatto compatto nel chiedere un semipresidenzialismo forte, sia pure all'italiana. Nella riunione dei 19 la posizione di Fini, apprezzata pubblicamente da D'Alema, è stata coerente con il voto espresso a giugno: An, dunque, sosterrà nei fatti, con il voto in aula, quella che è oggi la posizione dell'Ulivo. «Andiamo avanti con il dibattito e le votazioni in aula» ha detto Fini in quella riunione «poiché non ci sono le condizioni politiche perché il testo venga modificato». Forza Italia invece si è presentata assai divisa. Urbani si è dissociato dalle posizioni iperpresidenziahste di Calderisi e Rebuffa, rigidi sul punto dell'am¬ pliamento dei poteri in materia di politica estera e difesa del presidente della Repubblica eletto direttamente dai cittadini, che «dovrebbe per lo meno mantenere la facoltà di sciogliere le Camere», per dirla con Calderisi che ha minacciato di votare, lui che è un bicameralista, contro le riforme quando ci sarà il referendum popolare confermativo. «La preoccupazione sull'ampliamento dei poteri del capo dello Stato è corale» ha detto a un certo punto D'Alema tirando le somme della discussione. Perché Forza Italia vuole poteri pieni e forti, con l'unica eccezione della posizione più morbida di Urbani, i popolari con Elia e Mattarella vorrebbero che il capo dello Stato avesse la facoltà di sciogliere il Parlamento, e l'Ulivo è invece per un Presidente di rappresentanza. Qualche concessione, tuttavia, i progressisti sono disposti a farla: costituzionalizzare tra i poteri del capo dello Stato la presidenza del comitato supremo per la politica estera e la difesa. Il relatore Cesare Salvi ha già in tasca la proposta scritta, da inserire come emendamento al testo sulla Forma di Governo, ma la tiene lì perché l'accordo non c'è ancora. Se ne parlerà nei prossimi giorni, e decisive saranno le votazioni della prossima settimana. Buona parte della discussione è stata dedicata alla legge elettorale. Alla fine, tutti hanno concordato, anche il recalcitrante Urbani, sulla proposta avanzata da D'Alema. «Che Mattarella si assuma con spirito di servizio il compito di redigere in forma di legge l'ordine del giorno sulla legge elettorale è apprezzabile, così potremo discuterne e cercare una larga intesa» ha detto il presidente della Bicamerale, rilanciando e difendendo il famoso «patto della crostata» in casa Letta. D'Alema, per la prima volta, ha anche ammesso che la legge elettorale, che non fa tecnicamente parte della Costituzione, «deve far parte del disegno costituzionale». Tuttavia, poiché non è possibile varare una nuova legge elettorale per via ordinaria, «essa verrà discussa subito politicamente ma non in via parlamentare» ha detto D'Alema. Il perché è semplice: «Non si può approvare in Parlamento una nuova legge elettorale, e se poi si andasse alle elezioni con la Costituzione vigente?» ha detto Marco Boato. Come ha detto D'Alema dal salotto di Porta a Porta, il quadro politico subirebbe contraccolpi nel caso di fallimento delle riforme. Antonella Rampino Fini contro gli azzurri che vogliono più poteri per il capo dello Stato «Non esistono le condizioni politiche per nuove modifiche» A sinistra: D'Alema con Fini Sotto: Berlusconi con Urbani

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