Bot addio, gli annuali sotto il 4% di Ugo Bertone
Bot addio, gli annuali sotto il 4% La metà dei risparmiatori non li rinnova. A breve comprano le banche Bot addio, gli annuali sotto il 4% Giù anche i Ctz MILANO. Il «Bot people» non esiste più. E' questo il commento che, esagerando un po' (ma non troppo), più si addice all'asta dei titoli a 3, 6 e 12 mesi di ieri, la prima dell'età dell'Euro. E i risultati non lasciano adito a dubbi. I rendimenti dei Bot a 12 mesi sono scesi, per la prima volta, sotto la soglia storica del 4 per cento: il 3,99. Ma, se si tiene conto di commissioni e imposte alla fonte, il risparmiatore si vede ormai garantito solo il 3,66 per cento, più dell'inflazione ma troppo poco per reggere alla concorrenza di altri impieghi del risparmio. Di qui la fuga dai 12 mesi: si calcola che il 60 per cento dei risparmiatori con Bot annuali in portafoglio non abbiano rinnovato i titoli. Anche i Ctz si sono assestati sotto il livello del 4 per cento netto: i Ctz a 18 mesi sono stati collocati al 3,90 netto, quelh a 24 mesi al 3,98. «Certo - commenta il presidente dei tesorieri Alberto Varisco - in prospettiva il Bot people come lo abbiamo conosciuto non esisterà più». Eppure, a prima vista, diverso è stato l'atteggiamento dei sottoscrittori a breve e brevissimo termine: i titoli a 6 mesi si sono assestati sul rendimento netto del 4,29, mentre per la scadenza a 3 mesi c'è stata comunque una forte domanda (oltre 21 mila miliardi di lire contro i 9500 offerti) e ciò ha contenuto la discesa dei rendimenti al 4,44 per cento. Anche qui, comunque, si è assistito alla ritirata delle famiglie (i mancati rinnovi ammontano al 45 per cento circa dei portafogli); gli acquisti, insomma, sono stati effettuati in buona parte da operatori istituzionali pronti a sfruttare le virtù del Bot a 3 mesi per la gestione del denaro a breve e non come forma di risparmio vera e propria. «I Bot - spiega ancora Varisco - stanno tornando al ruolo per cui erano nati: uno strumento di tesoreria per gli investimenti a breve». Solo l'allarme inflazione e l'esplosione del debito pubblico aveva spinto le autorità monetarie a far leva sul «Bot people» per governare l'emergenza. La progressiva migrazione del Bot people verso i fondi comuni (forti investitori in titoli pubblici), le obbligazioni e la Borsa, quindi, non ha colto di sorpresa il Tesoro. Anzi, i «Ciampi boys» sono stati i grandi registi della rivoluzione. Con quella di ieri sono ormai 73 le aste del Tesoro che hanno registrato un'offerta minore dello stock in scadenza. I Bot in circolazione sono così passati da quota 418 mila miliardi del maggio '95 (record assoluto, subito dopo la crisi valutaria legata al crack del Messico) ai 285.500 di ieri, il livello più basso dal gennaio '90. Allora il debito pubblico a breve era per l'80 per cento nelle mani delle famiglie, ora la quota si è dimezzata mentre la quota in mano agli investitori esteri, prima inferiore al 10 per cento, è salita al 25 per cento: 70 mila miliardi circa cui fa da contraltare un pacchetto di attività estere (azioni, obbligazioni, titoli di Stato), di pari entità comprati dai privati italiani in questi due anni. «Credo che tra un po' i Bot saranno roba da collezionisti...», commenta scherzando Guidalberto Guidi, consigliere per il centro studi della Confindustria, che aggiunge: «E' un bene, stiamo entrando in un circolo virtuoso per tutti, a partire dalle imprese». E già si profila un dibattito su come gestire la transizione all'Euro: c'è chi propone di forzare i tempi con emissioni «fungibili», come sta facendo la Francia, e di tagliare i Cct in circolazione, aggredendo l'ultimo tallone d'Achille del debito, la durata media (4 anni e tre mesi) assai più breve degli altri Paesi. E c'è chi, al contrario, predica prudenza: strategia vincente non si tocca. Ugo Bertone
Persone citate: Alberto Varisco, Ciampi, Guidalberto Guidi, Varisco
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