La strategia dell'avvocato

La strategia dell'avvocato La strategia dell'avvocato In bilico tra la richiesta di perizia e la rinuncia GENOVA DAL NOSTRO INVIATO A quanti avvocati può capitare di specializzarsi nella difesa di serial killer? A Genova questo spiacevole ma interessante incarico capita solo a Enrico Franchini: attuale difensore di Donato Bilancia come pure di quel Maurizio Minghella che nel 1978 uccise almeno quattro ragazze (ma gli omicidi di cui era sospettato erano otto). Nove mesi di terrore, allora, in una città che aveva già da pensare ai morti del terrorismo, e che si trovò alle prese con un pazzo assassino che in un caso firmò persino il cadavere: «Brigate Rosse», voleva scrivere, ma gli venne «Brigate Rose», e tutti capirono che, almeno lì, Ciucio e gli altri non c'entravano. Oggi Minghella sconta il suo ergastolo a Porto Azzurro, e ogni tanto ottiene anche il permesso di tornare a Genova dai suoi. Ma ci fu un momento in cui sperò di poter ottenere la revisione del processo, e di questa faccenda - era il 1993 - incaricò Enrico Franchini, che dichiarò: «Minghella è diventato il capro espiatorio da offrire alla pubblica opinione per giustificare l'inconcludenza delle indagini». La cosa finì presto, con un veto posto dall'allora procuratore generale Francesco Lalla, che bocciò l'istanza motivando: per riaprire un caso bisogna portare nuovi elementi, e gli elementi portati sono «ininfluenti». Minghella detto «Travoltino» per via della sua passione per il ballo - restò a Porto Azzurro. Franchini tornò all'ordinaria aniministrazione del suo studio, a due passi dalla Questura. Passa qualche anno, e rieccoti un serial killer da difendere. Con una differenza: nel 1978 le analisi comparative sul Dna erano fantascienza, mentre oggi i carabinieri del Cis stanno recuperando la mappa genetica del serial killer della Liguria analizzando con priorità assoluta capelli e peli, tracce di saliva e di liquido seminale, e qualunque altro reperto organico finito nei loro laboratori nell'ambito di questa inchiesta. Le indagini, insomma, si giocano anche al microscopio, oramai. E visto che Bilancia continua ad avvalersi della facoltà di non rispondere ai magistrati che gli fanno visita a Marassi, niente vieta di pensare che questa sia una precisa tattica del suo difensore, deciso a prendere tempo e a studiare questo caso ben più complicato di quello di «Travoltino». Anche perché per l'avvocato Franchini Donato Bilancia è un cliente nuovo: ereditato da una collega - Raffaella Multedo - che non ha accettato l'incarico sollevando correttamente una questione di opportunità, davanti al suo vecchio cliente. Attualmente sotto processo con l'accusa di aver fornito droga a clienti detenuti (ma tutti, nei corridoi di Palazzo di Giustizia, si augurano e ritengono che ne uscirà al meglio) la Multedo ha preferito cedere il caso. Un caso di quelli che i principi del foro probabilmente accetterebbero anche gratis, non fosse che per la sfida professionale che implica. E forse dispiace un po' persino all'avvocato Emanuele Lamberti, difensore storico di Bilancia negli Anni Ottanta, non essere stato chiamato il giorno dell'arresto: «Ma tutto avrei pensato, tranne che si fosse messo a uccidere. Ricordo di averlo difeso per una ricettazione, e per una rapina. Allora non dava segni di squilibrio, e si difendeva ordinatamente. Ma le cose, e le persone, cambiano molto con gli anni. Ultimamente incontravo spesso Bilancia in tribunale, ed era così a modo che pensavo avesse ormai messo la testa a posto». Invece no. Bilancia rischia l'ergastolo, ed è lontano anni luce il giorno in cui lo sorpresero assieme ai suoi complici mentre si preparava ad una rapina. Passò una pattuglia, e notò quattro uomini armati che in tutta calma si infilavano il passamontagna, davanti ad una banca, in pieno centro, a mezzogiorno. Ma quel Bilancia è morto e sepolto, e deve essersene accorto anche Franchini, che qualche minuto prima del riconoscimento da parte del viado Lorena preannunciava ai colleglli presenti una conferenza stampa: voleva denunciare l'errore giudiziario, e mezz'ora più tardi usciva dal carcere «abbastanza sconvolto». «Il mio cliente si è avvalso della facoltà di non rispondere», ha dichiarato ieri mattina davanti a Marassi prima di scomparire a bordo della sua Jaguar grigia. «Io con i giornalisti non parlo», diceva un quarto d'ora più tardi accompagnando alla porta chiunque lo interpellasse. E allora? Quale strategia starà studiando? Chiedere una perizia psichiatrica, che però sarebbe come alzare bandiera bianca? Prendere tempo? O rinunciare alla nomina, come fece «per nobili motivi, di assoluta incompatibilità con il cliente», il davvero principe del foro Marcellini, davanti ad mi Lorenzo Bozano sicuramente colpevole di aver ucciso Milena Sutter? Così si ragiona negli studi dei «vecchi» avvocati genovesi. Una buona metà accetterebbe la sfida, l'altra metà probabilmente no. Perché è dura la vita degli avvocati del diavolo, che si chiami Bozano o Minghella. O Bilancia. Brunella Giovara

Luoghi citati: Cis, Genova, Liguria, Lorena, Porto Azzurro