Sul Golden Gote passa un Caligola

Sul Golden Gote passa un Caligola REPORTAGE PASSAGGIO IN CALIFORNIA Willie Brown sfila a Chinatown travestito da imperatore e dissipa miliardi di dollari in feste Sul Golden Gote passa un Caligola Così il sindaco dilapida il boom di San Francisco SAN FRANCISCO DAL NOSTRO INVIATO Sembrava tutto facile. Per San Francisco, la grande occasione. La squadra di football dei 49ers poteva battere i Dallas Cowboys. Ma per due volte il quarterback Elvis Grbac sbagliò il passaggio decisivo, regalando palla agli avversari. Dalla sua vacanza di lavoro a Parigi, al telefono del Ritz, il sindaco Willie Brown, primo nero con le chiavi del municipio, espresse un commento pacato: «Quel Grbac - disse - è un imbarazzo per la razza umana, un minorato. Gli auguro la peggiore delle sorti». Il giorno dopo l'addetto stampa lo informò, con cautela, che alla vigilia della partita a Grbac avevano operato il figlio, sofferente di un male alla spina dorsale che lo rendeva, come dire, «minorato». Willie Brown richiamò i giornali e disse: «Tante scuse, ma doveva evitare di giocare». L'episodio è una perfetta metafora di quel che sta accadendo a San Francisco: la città ha la grande occasione, tiene tra le mani la palla per il punto della vittoria, potrebbe lanciarla verso l'alto sospinta da leve economiche favorevoli come mai in precedenza, ma rischia di buttare via l'opportunità. E il sindaco Willie Brown, che quasi tutti chiamano semplicemente Willie, e qualcuno «Re Willie», dà di matto. Promette e pianifica, ma non risolve né costruisce e allora smentisce se stesso, poi si infila un costume da imperatore e va alla parata di Chinatown sulla sua limousine nera, scortato da dodici motociclisti, osservato dagli occhi perplessi dei quindicimila senzatetto che lastricano i marciapiedi da Market Street all'Embarcadero. Come e peggio di Elvis Grbac, avendo tra le mani la palla che scotta, ale, la butta. E, in risposta alle critiche, anziché esibire una giustificazione plausibile, contrattacca. L'oro della Baia Sul Golden Gate stavolta sta davvero passando la Grande Occasione. San Francisco e tut¬ ta la Bay Area sono sulla soglia di una nuova età dell'oro. Il deficit pubblico di 89 milioni di dollari si è trasformato, grazie al turismo e all'aumento dei valori immobiliari, in un surplus di 78 milioni di dollari nel giro di due anni. La disoccupazione, per merito dello sviluppo economico, si è dimezzata. San Francisco è la città più «hot» dell'Ovest, la zona calda su cui convergono gli interessi, il polo che, più di ogni altro, attrae nuovi residenti e investimenti. In cantiere ci sono due nuovi stadi, due musei, uno zoo, un centro amministrativo e un ampliamento dell'aeroporto che segnerà il record statunitense di fondi impiegati. L'esplosione della Silicon Valley e la sua espansione «orizzontale» hanno condotto fino alla Bay Area il fiume di dollari che esce dalle industrie informatiche, attraendo nuovi quartieri generali. Qualunque iniziativa editoriale che voglia transitare su Internet parte da San Fancisco. E, di questi tempi, al via c'è una bella folla. Tutti a San Francisco, allora, per vivere e navigare alla grande in questa fine millennio americana? Tanti a San Francisco, certo. Ma guarda un po' l'effetto. I valori immobiliari salgono, indicando la diffusione del benessere, ma anche inducendo un mercato selvaggio, in cui i proprietari di case hanno libertà di manovra e l'effetto è un aumento del 40% degli sfratti nell'ultimo anno, con 2726 nuovi abitanti della strada, già abbastanza congestionata. Quindicimila sono quelli che ci dormono di notte e ci chiedono l'elemosina di giorno, attratti anche loro dalla ge¬ nerosità di una città che, unica in America, non ha abbandonato il welfare-system e offre sussidi del 50% superiori a ogni altra. E allora, San Francisco rischia di diventare la New York dell'Ovest: straricchi nelle case sulla baia con vista dei ponti e poveracci nelle strade a raccattare monetine nel bicchiere di carta. In mezzo, il vuoto. E neppure la garanzia che la pace so- ciale non possa essere rotta, l'ordine pubblico violato, perché qui nella City Hall non c'è Rudy Giuliani, ma «King Willie», che con il primo ha in comune la propensione allo spettacolo, ma non la concretezza dei programmi, né la limpidezza delle compagnie. Il re nero Willie è arrivato in California come ci arrivano tutti: lascian- dosi alle spalle un passato misero. Nel suo caso, miserrimo. Padre scomparso da casa (una bicocca nel mezzo di niente, cioè in Texas) quando lui era in fasce. Prima occupazione: lustrascarpe. Conseguente tendenza alla brillantezza e desiderio di calpestare una terra migliore. Trasferito in California, Willie si rode nel desiderio di avere successo, donne, potere e soldi. Per realizzarlo imbocca la strada maestra: la politica. Democratico e nero, piacente e «piacione», Willie avanza sorretto in egual misura dalla sfrontatezza e dalla fortuna. Quando lo mandano a rappresentare una delegazione californiana ai funerali di Martin Luther King arriva in ritardo, a celebrazione cominciata. Allora sale per la scala antincendio sul retro della chiesa, passa attraverso due stanze, sbuca e si trova davanti alla bara, a fianco di Nixon, Humphrey e quel che resta dei Kennedy. Willie Nessuno, venuto dal Texas attraverso la California, ha trovato la sua strada per il cielo. Pochi anni più tardi è lo speaker dell'assemblea californiana, di cui si autodefinisce «ayatollah». Regge la carica per un periodo record di 15 anni, in cui diviene un semaforo umano per finanziamenti e sussidi a opere pubbliche e private, approvazione di leggi favorevoli a questo o quell'interesse, preghiere di lobbisti di ogni tipo. «Detronizzato», corre per la poltrona di sindaco di San Francisco, dove solo l'I 1 per cento degli abitanti è di colore. Spezza il tabù e vince. Aveva promesso molto: una «campagna dei cento giorni» in cui avrebbe fatto arrivare in orario gli autobus, trovato un riparo per almeno metà dei senzatetto, preso posto sul | trenojlel Boom éconotìgaicfci e fatto viaggiare con sé tutta la città. La scorsa settimana ha festeggiato i mille giorni da sindaco. Bilancio: ha speso un milione di dollari per la festa di insediamento e trecen¬ to per l'ampliamento della City Hall (prevedendo, tra l'altro, una sala da ballo asburgica). Ha acquistato una limousine infinita per farsi trasportare, progettato di trasferire la sede municipale in una casa d'epoca sulla baia, per ispirarsi con la vista dell'oceano, sfilato per Chinatown in costume da imperatore in risposta a chi lo chiamava ironicamente «re Willie». Quanto ai senzatetto, dopo aver dato del razzista e classista al suo predecessore che voleva schedarli, ha proposto di requisire i carrelli della spesa dove tengono i loro averi, di farli arrestare per occupazione abusiva di suolo pubblico e monitorarli di notte con l'elicottero della polizia. Più spietato di Giuliani, ma con risultati vicini allo zero. Quanto agli autobus, si è limitato a salirci in incognito e ammettere che viaggiano in ritardo e male. Considerazione a tre quarti del mandato: «Con la situazione che ho ereditato, neanche Dio avrebbe messo le cose a posto in cento giorni». E al giornalista che gli chiedeva: «Quanti, allora, Willie?», ha risposto: «Se nei prossimi cento non ce la faccio, le lascio la mia poltrona e vengo a domandare sciocchezze al posto suo». Il momento chiave Willie prende tempo, ma il momento chiave è adesso. Un quarterback lo sa, quando è tempo di lanciare la palla, quando c'è lo spiraglio nel futuro attraverso cui passa l'estrema fortuna. E per San Francisco è adesso. Ora bisognerebbe provarci, senza guardare in faccia ai lobbisti e agli amici nei vertici di questa o quella industria, questa o quella unione sindacale. Guardando in faccia, invece, ai tecnocrati che marciano sulla Baia e ai poveracci che strisciano su Market Street. Lanciare là palla ora, nella direzione giusta, dove c'è un sacco di gente che aspetta '(fi'"préfóSéftà<<aF%>]&. Forse sarebbe meglio la tirasse Elvis Grbac, ma è emigrato nel Kansas, esiliato da un editto di «re Willie». Gabriele Romagnoli La città ha il record di turisti e investimenti ma i senzatetto sono 15 mila E anche la squadra di football ha perso una chance d'oro per battere i Dallas Cowboys lEmbarcadero. Come e peggio di Elvis Grbac, avendo tra le mani la palla che scotta, ale, la butta. E, in risposta alle critiche, anziché esibire una giustificazione plausibile, contrattacca. L'oro della Baia Sul Golden Gate stavolta sta davvero passando la Grande Occasione. San Francisco e tut¬ di San Francisco Sopra, i suoi famosi tram senzatetto, preso posto sul | trenojlel Boom éconotìgaicfci e fatto viaggiare con sé tutta la città. La scorsa settimana ha festeggiato i mille giorni da sindaco. Bilancio: ha speso un milione di dollari per la festa di insediamento e trecen¬ Baia e ai poveracci che strisciano su Market Street. Lanciare là palla ora, nella direzione giusta, dove c'è un sacco di gente che aspetta '(fi'"préfóSéftà<<aF%>]&. Forse sarebbe meglio la tirasse Elvis Grbac, ma è emigrato nel Kansas, esiliato da un editto di «re Willie». Gabriele Romagnoli Willie Brown sindaco di San Francisco personaggio controverso per frequentazioni e scelte politiche Sotto, una veduta di San Francisco Sopra, i suoi famosi tram