Sull'India la rabbia di Clinton

Sull'India la rabbia di Clinton E il Pakistan replica alla mossa di New Delhi minacciando a sua volta nuovi esperimenti nucleari Sull'India la rabbia di Clinton Via alle sanzioni, richiamato l'ambasciatore NEW YORK NOSTRO SERVIZIO L'esperimento nucleare dell'India ha «profondamente turbato» Bill Clinton, che prima di partire per il suo lungo giro in Europa ha annuncato due decisioni e mezzo: l'applicazione senza misericordia delle sanzioni economiche previste dalla legge americana, il richiamo a Washington «per consultazioni» dell'ambasciatore americano, Richard Celeste, che era proprio in volo verso New Delhi, nonché (questa è la mezza decisione) la «riconsiderazione» sull'opportunità di mantenere l'India nell'itinerario del viaggio che il Presidente compirà in Asia dopo l'estate. L'azione del governo indiano, ha detto Clinton, costituisce «uno schiaffo in faccia al fermo consenso internazionale» sulla necessità di bloccare la proliferazione nucleare. Poi Clinton è andato decisamente sul drammatico e guardando dritto le telecamere che lo stavano riprendendo ha esclamato: «Chiedo all'India di annunciare che non compirà ulteriori esperimenti nucleari e che intende firmare senza condizioni il trattato sul bando completo ai test». E come rispondendo a ciò che tutti in quel momento già si aspettavano, e cioè la decisione del Pakistan poi regolarmente arrivata di seguire la stessa strada, il Presidente ha aggiunto: «Esorto anche i vicini dell'India a non seguirla su quella strada, a non scendere sul sentiero di una pericolosa corsa alle armi nucleari». Le sanzioni cui l'India va incontro sono quelle che la legge approvata nel 1994 prevede nei confronti dei Paesi che «forniscono, ricevono o esperimentano un ordigno nucleare» e consistono nella negazione di ogni assistenza, esclusa quella umanitaria; nel ri¬ fiuto della vendita di qualsiasi armamento; nell'annullamento di ogni aiuto finanziario; nell'opposizione americana a qualsiasi aumento del credito internazionale nei confronti del Paese in questione; nella proibizione alle banche americane di concedergli prestiti. Alla voce «deroghe», la legge è chiarissima: «nessuna». L'unico margine che lascia al Presidente è di rinviare di 30 giorni il momento della sua applicazione. Ma Clinton, ha detto il suo portavoce Mike McCurry, non intende avvalersene. L'inizio formale delle sanzioni era dunque atteso da un momento all'altro, ieri, mentre per l'annullamento di New Delhi dall'itinerario del viaggio asiatico del Presidente un pezzetto di luce filtrava ancora dalla porta. «E' chiaro - ha detto McCurry per ora - che dovremo considerare questo nuovo sviluppo», facendo capire che se di qui all'autunno qualcosa accadrà (per esempio una risposta indiana alla richiesta di Clinton di impegnarsi a smettere e di firmare il trattato) la visita a Nuova Delhi potrebbe essere confermata. In sostanza gli Stati Uniti hanno come preso la testa dell'ondata di proteste che l'iniziativa indiana ha scatenato nel mondo intero, costringendo anche altri a rafforzare la propria indignazione. Così il «disappunto» manifestato dall'Unione europea lunedì, ieri è diventato «sorpresa e disgusto», espressi dal sottosegretario agli Esteri inglese Derek Fatchett, vi- Un'imm sto che la Gran Bretagna è il presidente di turno. E possibile che l'Ue prenda decisioni più drastiche, ma intanto la Germania, di suo, ha annullato l'incontro previsto proprio ieri a Bonn con i rappresentanti indiani per discutere l'aiuto tedesco allo sviluppo dell'India. Cari Dieter Spranger, il ministro competente che doveva guidare la delegazione tedesca, ha detto di sentirsi «raggirato» dal comportamento dell'India. La Farnesina ha emesso una «nota ufficiosa» in cui il sentimento che si esprime è ancora il «disappunto», seppure «forte». Inoltre, in quella nota ci sono l'auspicio che «pur di fronte a tale atto deplorevole, tutti sappiano dare prova di responsabilità» e l'invito al nuovo governo indiano «a rivedere la propria posizione in materia e aderire al più presto al trattato per il bando completo degli esperimenti nucleari». Il Consiglio di sicurezza dell'Onu sta «studiando una risposta appropriata» e ieri i suoi 15 Paesi membri si stavano consultando. A che tipo di risposta stessero pensando non era chiaro, ma la soluzione più probabile appariva quella di affidare al presidente di turno, il kenyota Njuguna Mahugu, una «dichiarazione». Naturalmente c'era il pro¬ blema di quanto quella dichiarazione dovesse essere «forte» e i due estremi erano rappresentati dal rappresentante americano Bill Richardson, in linea con le parole de Clinton, e dal rappresentante cinese, il cui governo ha atteso 24 ore per «reagire» all'iniziativa indiana e poi lo ha fatto con una dichiarazione molto misurata. Il Pakistan è stato il Paese che ha risposto con maggiore durezza, come del resto era prevedibile. Il ministro degli Esteri, Gohar Ayub, ha alluso alla possibilità che anche il suo Paese proceda presto a un esperimento nucleare per «mettersi alla pari con l'India. Le capacità le abbiamo». Secondo lui, «ciò che in pratica gli indiani hanno detto all'Occidente è: andatevene tutti al diavolo». Franco Fattarelli Il Presidente degli Stati Uniti «Uno schiaffo al mondo intero» L'Unione Europea «disgustata» Il governo hindu non si piega e conta di armare i missili con testate atomiche IL POTERE ATOMICO NUMERO MISSILI MISSILI MISSILI PRESUNTO BALISTICI BALISTICI SUI DI ORDIGNI INTERCON- A MEDIO SOTTO- BOMBAR- NUCLEARI TINENTALI RAGGIO MARINI DIERI 13-20.600 MINACCIA DI RIPRENDERE IL PROGRAMMA Di MISSILI A LUNGO RAGGIO NEGA DI SVILUPPARE LA TECNOLOGIA DEL PROGRAMMA DI ARRICCHIMENTO DELL'URANIO CON LAIUTO DELLA RUSSIA. POTREBBE OTTENERE UN MISSILE DELLA PORTATA DI 1000 KM DALLA COREA DEL NORD HA CERCATO DI COMPRARE UN MISSILE A LUNGO RAGGIO. HA COSTRUITO LA PIÙ'GRANDE FABBRICA DI ARMI CHIMICHE NEL MONDO Un'immagine di Islamabad: i pachistani scoprono allarmati dai giornali la notizia dei test nucleari indiani